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Le bigtech sono nemiche delle democrazie o caschi blu digitali? - Intervento di Guido Scorza - MilanoFinanza

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Le bigtech sono nemiche delle democrazie o caschi blu digitali?
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(MF, 8 marzo 2022)

Quando, qualche giorno fa, la Russia ha invaso l'Ucraina dando il via alla più vicina e drammatiche delle guerre per chi è nato dopo il secondo conflitto mondiale, le Big Tech stavano vivendo, probabilmente, uno dei momenti più difficili della loro storia. L'incantesimo dell'Internet per tutti, aperta, partecipata, nuova agorà globale era, ormai, finito da tempo e i regolatori di mezzo mondo, inclusi quelli degli Usa, che pure ha dato i natali a tutte le cosiddette Gagam (Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft) erano impegnati a richiamarle all'ordine, a cercare, in modi diversi, di ridimensionarle o, almeno, ridimensionarne gli effetti, non solo, non tutti, non sempre positivi prodotti sulla società, sui mercati e sulle democrazie nell'ultimo ventennio o poco più. In Europa sono in discussione il Digital Service Act e il Digital Market Act che hanno per scopo quello di ridurre il loro strapotere. Lo stesso Joe Biden, il 1 "marzo, nel suo primo discorso alla nazione, ha usato parole durissime, forse le più dure mai usate da un presidente Usa in carica, proprio all'indirizzo delle Big Tech: «E' il momento di rafforzare le tutele alla privacy, vietare la pubblicità mirata ai bambini e chiedere alle società tecnologiche di smetterla di raccogliere i dati personali dei nostri figli».

Poi è scoppiata ìa guerra o, almeno, la guerra è entrata nella sua fase più calda, cruda, cruenta e drammatica. E, a quel punto, è cambiato tutto o, forse, meglio, tutto ci è apparso sotto una luce diversa. Elon Musk, signore delle tecnologie presenti e future e, tra l'altro, patron di Tesla, Neuralink e SpaceX, ha risposto a un appello lanciato dal governo ucraino via social e ha letteralmente riportato, accendendo i satelliti della sua StarLink, in Ucraina quell'Internet che i russi avevano sostanzialmente spento. Facebook e Google hanno dichiarato la più massiccia, determinata e, almeno sin qui, efficace campagna contro la disinformazione riuscendo se non a bloccare, almeno ad arginare e ridimensionare significativamente la propaganda digitale filorussa che correva sui social. I social tutti, con poche distinzioni, sono tornati, nell'immaginario collettivo, attraverso la narrativa mediática globale, a rappresentare quella sconfinata piazza pubblica globale nella quale gli ucraini hanno potuto raccontare al mondo il loro dramma, lanciare le loro urla di dolore, manifestare il loro orgoglio e chiedere aiuto al la comunità internazionale e i russi, o, almeno, quella parte pure consistente, contraria all'iniziativa bellicadi Putin.

I socialnetwork, in questo contesto, sembrano tornati a essere gli eroi della libertà idolatrati dal la comunità intemazionale come ai tempi della primavera araba. E, senza tanti giri di parole ne false ipocrisie istituzionali bisogna dire chiaro e forte che quegli stessi governi che sino a qualche giorno prima li additavano come un problema da risolvere in fretta, hanno visto in loro un'opportunità per contribuire a fermare la tragedia della guerra e hanno, a più riprese e sotto profili diversi, chiesto il loro aiuto, quando in pubblico e quando in privato, nella più parte dei casi e, anzi, forse sempre, ottenendolo.

Nello spazio di qualche giorno la narrativa è cambiata sensibilmente e, a tratti, è parsa far passare le Big Tech da nemiche delle democrazie e del libero mercato a forze di pace, caschi blu digitali delle nazioni unite. Ma chi sono davvero? Ne nemici, ne forze di pace, in effetti. E, anzi, forse, sotto taluni profili, la circostanza che non si possa far a meno di chiedere toro aiuto in tempo di guerra - così come, per la verità, in occasione di ogni genere di dramma umanitario dalla pandemia alle calamità naturali-e che il loro aiuto risulti spesso determinante, efficace, talvolta risolutivo è la miglior conferma delle ragioni che devono indurci non a temerle ma regolarle, governarle, vigilarle, taivolta, anche spuntar loro le ali perché si tratta di straordinarie concentrazioni di poteri privati superiori, ormai, per forza e dimensione, alla più parte dei poteri pubblici, che possono essere indistintamente utilizzate per i più nobili e per i meno nobili degli scopi.

Anche se e proprio della natura umana avere l'esigenza di dividere il mondo in buoni e cattivi, dovremmo approfittare di questa drammatica guerra - che, peraltro, segue a ruota la non meno drammatica pandemia nella quale egualmente le Big Tech hanno giocato un ruolo determinante nel rendere sostenibile il nostro quotidiano - per convincerci, una volta per tutte, che le Gafam e i foro concorrenti - non sono ne angeli, ne demoni, sono solo alcuni tra i più mirabili risultati del progresso tecnoiogico che le regole dei mercati e quelle dei governi possono rendere i migliori alleati del genere umano o i loro peggiori nemici.