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La difesa dei dati personali decisiva per la sfida digitale - Intervento di Ginevra Cerrina Feroni - Il Messaggero

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La difesa dei dati personali decisiva per la sfida digitale
Intervento di Ginevra Cerrina Feroni, vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Il Messaggero, 27 giugno 2021)

Il dibattito che in queste settimane si è sviluppato attorno al ruolo e all'operato dell'Autorità merita senza dubbio qualche riflessione di fondo. Necessario ripartire dal concetto di indipendenza.

Per punti.

1) Indipendenza da chi? Dalla politica, dal mercato, dalle pressioni dei gruppi d'interesse. Negli specifici campi di pertinenza (per quanto riguarda il Garante privacy, la protezione dei dati personali), le Autorità devono poter operare in piena autonomia nel far osservare le norme che uno Stato si è dato. Ma indipendenza significa anche ricerca di quel bilanciamento che è "necessario fondamento di ogni struttura sociale", nel quale si iscrive, ricordando Alberto Predicri, l'azione delle Autorità indipendenti. Non è compito facile. Anzi il più delle volte è decisamente scomodo. Ma se le Autorità non dovessero perseguire questa continua ricerca di equilibrio verrebbe meno la loro stessa funzione. Per questo è importante la collaborazione tra istituzioni, tanto più doverosa nel momento di emergenza di un Paese. L'Autorità della privacy ha sempre assicurato la collaborazione con i decisori pubblici, un preciso impegno sottolineato in ogni sede e messo costantemente in pratica.

2) Indipendenza perché? Perché vi sono diritti fondamentali che si trovano al centro di una quotidiana battaglia fra interessi contrapposti e per la cui salvaguardia occorre astrarsi dal piano del dibattito contingente e guardare con vera terzietà all'interezza del quadro. La visione di ampio respiro ha come interesse esclusivo i cittadini titolari di quel diritto. Per questo esistono Autorità indipendenti in tutte le società organizzate ad un certo livello di civiltà giuridica: Autorità di regolazione, che calmierano ed ordinano mercati complessi; Autorità di vigilanza, che controllano il rispetto di normative, poste a tutela di soggetti più deboli; Autorità di garanzia che difendono diritti individuati dal legislatore come meritevoli di particolare protezione. Per assicurare questa indipendenza, gli organi di vertice di alcune Autorità sono scelti dal Parlamento con ampie maggioranze e devono, altresì, essere equipaggiate di risorse organizzative, di personale e finanziarie tali da potere esercitare effettivamente i compiti che sono loro affidati, senza potenziali condizionamenti o pressioni da soggetti pubblici o privati. In questo senso va la recente Raccomandazione del Parlamento europeo del 25 marzo a proposito delle Autorità di protezione dati europee.

3) Ce lo chiede l'Europa? Si, la protezione dei dati personali è l'Europa a chiedercela. È l'Europa, con il suo Regolamento entrato nella sua piena applicazione tre anni orsono, che prescrive agli Stati membri (e prima ancora del Regolamento, la Direttiva del 1995) l'istituzione di un'Autorità di controllo indipendente a garanzia della protezione dei dati persoanli, materia che è emanazione dell'Europa essa stessa. Il Garante italiano dunque non interviene arbitrariamente, ma esegue ed applica sul territorio italiano una normativa che è da tempo parte del nostro ordinamento nazionale e che ha contribuito a sviluppare con la sua decennale azione di tutela. L'Autorità questo fa, e non potrebbe non fare, pena il non adempimento dei suoi compiti e dei suoi doveri. È ancora l'Unione Europea che ha stabilito che gli atti normativi o amministrativi nazionali in contrasto col diritto europeo siano, addirittura, da considerarsi invalidi e, dunque, disapplicabili. Del resto, chi mai si sognerebbe di mettere in discussione la normativa europea a protezione delle pari opportunità, dell'ambiente, dei consumatori? L'Europa non può essere chiamata in gioco a corrente alternata. Si deve essere europeisti, invece, proprio quando in gioco ci sono i diritti fondamentali, patrimonio costituzionale europeo e, più in generale, di tutto il costituzionalismo.

4) Perché sembra allora così difficile accettare che il diritto alla protezione dei dati non è un "cavillo" giuridico, un insopportabile formalismo, o, peggio, una fìsima? A letture spesso stereotipate, ma, soprattutto, superate, è d'obbligo replicare che il diritto alla protezione dei dati è oggi la protezione della nostra stessa vita, tanto più nella dimensione digitale nella quale siano immersi. Ripresa e resilienza nella digitalizzazione cominciano dalla protezione dell'identità e dell'integrità della persona a partire dai suoi dati. Comprendere questo significa essere in grado di affrontare, preparati, le sfide al tempo di intelligenze artificiali, big data, economia comportamentale, che si nutrono di dati personali.

Ecco perché c'è bisogno nel nostro Paese di un grande salto culturale nell'approccio al tema. Che dobbiamo fare tutti insieme.

Scheda

Doc-Web
9674784
Data
27/06/21

Tipologie

Interviste e interventi