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"La verità sul Metaverso? Una trovata commerciale" - Intervista a Agostino Ghiglia

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"La verità sul Metaverso? Una trovata commerciale"
Per Ghiglia, componente del Garante, per mettere l'universo parallelo al servizio dell'uomo occorre "un'interazione tra etica, diritto e scienza"
Intervista a Agostino Ghiglia, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Luigi Merano, Libero, 15 febbraio 2023)

Siamo agli albori di una nuova dimensione di Internet: il Metaverso. Uno spazio tridimensionale, fatto di realtà virtuale e realtà aumentata. Un luogo immersivo, condiviso, ed interoperabile in cui entrare non più con un click ma con il nostro corpo. Come? Nei panni di un avatar, indossando un casco, un visore ottico e dei guanti. Già oggi è possibile crearne anche di uguali identici a noi... Insomma il paradigma dell'uomo sta cambiando velocemente: da interazione con la macchina ad immersione nella macchina; dai pixel ai voxel. Il Metaverso come mondo in cui lavorare, mangiare, acquistare, conoscere gente, fare business, espletare pratiche burocratiche, realizzare una scultura o comprare un quadro, curare o curarsi, in cui producer e consumer si fondono in "presumer". Un luogo in cui valicare le barriere tra reale e virtuale. Un'industria, quella del Metaverso, dal potenziale illimitato, a cui guardano in particolare i Big di Internet (con le azioni in ribasso e alle prese con ingenti piani di ristrutturazione).

Giganti che hanno la necessità di trovare nuovi mercati e anche nuovi modi per intercettare dati, adesso anche corporei. In attesa di capire se diventerà solo un supermercato digitale o una fucina di scoperte rivoluzionarie, anche il Metaverso ha bisogno di regole, di un'etica, e del rispetto della privacy. Delle sfide avvincenti poste da questo nuovo habitat digitale e dell'impatto che avrà su libertà e diritti abbiamo parlato con Agostino Ghiglia, esperto del settore e componente del Garante per la protezione dei dati personali.

Definisca il Metaverso.

«Parlare oggi di Metaverso è come discutere di Internet negli anni Settanta. Il Metaverso, anzi i Metaversi, ancora non esìstono e non so se esisteranno. Se vuole una definizione le dico che rappresentano una suggestione, un'applicazione della realtà aumentata immersiva, una suadente idea commerciale».

I Metaversi non esistono, eppure ne parlano tutti.

«Certo, perché esistono 141 mondi virtuali. Ma è questo il significato del Metaverso? Una nuova tipologia di videogiochi arricchita di un visore e di due joystick avanzati? Oppure la possibilità di scambiare NFT o acquistare beni mobili o immobili virtuali? Ad oggi sono solo una visione di come potrebbe essere il futuro nel quale la nostra vita personale e commerciale verrebbe condotta digitalmente, in parallelo o sostitutivamente con le nostre vite nel mondo fisico».

In molti paventano il rischio che l'online, come un buco nero, inglobi la realtà offline, la vita.

«Abbiamo il dovere di mantenere il digitale radicato nella dimensione terrestre, ideale, etica, culturale del tangibile. L'accelerazione digitale, nel virtuale, rischia di condurci verso una progressiva dimensione di disabiìitazione corporea, di analfabetismo funzionale portato all'estremo. Per quanto la tecnologia sia e sia stata benefica, nelle sue innumerevoli applicazioni, per il progresso umano e il miglioramento delle nostre vite, non dobbiamo mai dimenticare che al centro c'è e dovrà sempre esserci l'essere umano, non l'utente-consumatore-utilizzatore».

Il Metaverso ha bisogno di leggi?

«Non si può consentire ai grandi player del mercato tecnologico di autostabilire, tra inerzie, indifferenze e ritardi dei legislatori, i termini per i propri interessi commerciali, creando un nuovo diritto e un nuovo sistema di vita a loro uso e consumo».

Qual è la ricetta che propone?

«L'evoluzione del nuovo universo parallelo deve trovare un argine nell'interazione interdisciplinare tra diritto, etica, filosofia e scienza».

Dobbiamo sospettare delle intenzioni dei giganti della rete?

«L'idea che sia possibile un Metaverso aperto, progettato per il rispetto dei principi di sicurezza, trasparenza, minimizzazione e legittimità dei trattamenti dei dati, a presidio della tutela dei diritti digitali e dei valori fondamentali di dignità, autonomia e libertà, non sembra facilmente conciliabile, al momento, con i piani dell'industria tecnologica, impegnata in investimenti massicci e business plan sofisticati per accaparrarsi la governance del mondo virtuale; piani ed investimenti potenzialmente forieri di asimmetrie di potere, vulnerabilità tecnologiche, costi di esclusione e discriminazioni abusive».

Suggerisca un algoritmo che ci metterà al sicuro.

«Affinchè il Metaverso, se ci sarà, non sia controllato e condotto solo dagli interessi di enormi imprese commerciali, dobbiamo progettarlo per gli esseri umani, non per gli utenti».

Cosa stiamo rischiando?

«Se la televisione e i social media sono tecnologie persuasive, per la loro capacità di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone, il Metaverso è invece una tecnologia trasformativa, capace di modificare ciò che le persone pensano che sia la realtà. Per raggiungere tale obiettivo le tecnologie del Metaverso hackerano diversi meccanismi cognitivi chiave: l'esperienza di essere in un luogo e in un corpo, i processi di sintonizzazione e sincronia cervello-cervello e la capacità di sperimentare e indurre emozioni».

Quale dunque la via maestra?

«Dobbiamo lavorare sin da ora, per assicurarci che la fantascienza rimanga tale e utilizzare la tecnologia per migliorare la realtà e non solo e necessariamente per aumentarla modificandola, continuando a favorire una connessione reale con le persone e il mondo che ci circonda. La tecnologia deve essere utilizzata per ottimizzare le esperienze umane, per farci vivere meglio la vita fisica, non per sostituirla».