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Parere su istanza di accesso civico - 29 gennaio 2023 [9867345]

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[doc. web n. 9867345]

Parere su istanza di accesso civico - 29 gennaio 2023

Registro dei provvedimenti
n. 36 del 29 gennaio 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/4/2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Comune di Cles, presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell’organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web, n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Comune di Cles ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, in ordine al provvedimento di diniego parziale di un’istanza accesso civico.

Dall’istruttoria è emerso che è stata presentata al predetto Comune una richiesta di accesso civico generalizzato (ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013) avente a oggetto la «copia degli elaborati scritti (prima e seconda prova) dei candidati promossi all’orale [primi tre classificati]» nonché «le domande formulate in sede di prova orale» riferiti al concorso per Comandante di Polizia locale.

Dagli atti risulta che l’amministrazione ha trasmesso al soggetto istante il link dove rinvenire online la copia delle domande della prova orale, rifiutando invece l’ostensione degli elaborati scritti, alla luce delle indicazioni fornite nelle Linee guida dell’Anac e dei provvedimenti del Garante. In sintesi, sono stati richiamati motivi legati alla protezione dei dati personali dei candidati e alla protezione delle relative opere di carattere intellettuale. Nel provvedimento di diniego è stato, inoltre, evidenziato: che i compiti scritti non possono essere del tutto anonimizzati (in quanto non si può escludere a posteriori l’identificabilità dal candidato tramite la conoscenza e la comparabilità della relativa grafia); che il soggetto istante non possedeva alcun interesse qualificato che potesse giustificare l’ostensione (non essendo un candidato al concorso) e che «la prova scritta del concorso in parola, avendo carattere teorico-pratico, si può configurare come una prova psico-attitudinale e quindi i relativi elaborati sono da considerare non ostensibili» con la normativa dell’accesso civico generalizzato.

In tale quadro, il soggetto istante ha presentato una richiesta di riesame al RPCT del Comune, insistendo nella propria richiesta di accesso civico, chiedendo di ricevere la copia dei compiti scritti priva però dei nominativi dei candidati e della relativa valutazione, in modo che non fossero identificabili.

OSSERVA

1. Introduzione e precedenti del Garante

Nello specifico caso sottoposto all’attenzione del Garante, risulta che oggetto dell’accesso civico siano gli elaborati manoscritti (della prima e seconda prova scritta), redatti dai primi tre classificati, che hanno superato la prova orale per il concorso indetto dal Comune per un posto di Comandante di Polizia locale.

La questione dell’accesso civico generalizzato alla copia degli elaborati scritti dei concorsi pubblici è stata esaminata più di una volta, sotto diversi profili, da questa Autorità in precedenti pareri le cui motivazioni, per esigenze di chiarezza espositiva, vengono riportate nel loro complesso in questa sede coordinandole – dato il tenore dell’istanza di accesso civico – anche con la giurisprudenza europea in materia e le indicazioni fornite dal Gruppo art. 29 in tema di anonimizzazione dei documenti (cfr. provv. n. 200 del 7/11/2019, in www.gpdp.it, doc. web n. 9196072; provv. n. 433 del 26/10/2017, ivi, doc. web n. 7156158; provv. n. 246 del 24/5/2017, ivi, doc. web n. 6495600; provv. n. 366 del 7/9/2017, ivi, doc. web n. 7155171).

2. Sulla posizione espressa dalla Corte di Giustizia UE

In primo luogo – come evidenziato anche dalla Corte di Giustizia dell’UE sulla nozione di «dati personali» con particolare riferimento a una prova d’esame professionale e alle «risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale» (CGUE 20/12/2017, C-434/16) – è «pacifico che un candidato a un esame professionale è una persona fisica che può essere identificata, vuoi direttamente mediante il suo nome, vuoi indirettamente, mediante un numero d’identificazione […]» (punto n. 29).

Ciò premesso, secondo i giudici europei le risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale costituiscono «dati personali», ai sensi della definizione contenuta nella disciplina in materia (oggi confluita nell’art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD). A supporto di tale argomentazione, i giudici evidenziano che «affinché un dato possa essere qualificato come “dato personale” […], non si richiede che tutte le informazioni che consentono di identificare la persona interessata siano in possesso di una sola persona (sentenza del 19 ottobre 2016, Breyer, C‑582/14, EU:C:2016:779, punto 43). È pacifico, peraltro, che, nell’ipotesi in cui l’esaminatore non conosca l’identità del candidato al momento della valutazione delle risposte da esso fornite nell’ambito di un esame, l’ente che ha organizzato l’esame […] dispone, per contro, delle informazioni necessarie che gli consentono di identificare senza difficoltà o dubbi tale candidato mediante il suo numero di identificazione, apposto sulla prova d’esame o sulla pagina di copertina di tale prova, e quindi di attribuirgli le sue risposte» (punto n. 31).

In tale contesto, sempre secondo la Corte UE «è priva di rilevanza in tale contesto la questione se l’esaminatore possa o no identificare il candidato al momento della correzione e della valutazione della prova di esame» in quanto come già affermato in altre occasioni l’ambito di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali «è molto ampio e i dati personali a cui si riferisce sono vari (sentenza del 7 maggio 2009, Rijkeboer, C‑553/07, EU:C:2009:293, punto 59 e giurisprudenza ivi citata)» (punti nn. 30 e 33). Al riguardo, infatti, «l’uso dell’espressione “qualsiasi informazione” nell’ambito della definizione della nozione di “dati personali” […] riflette l’obiettivo del legislatore dell’Unione di attribuire un’accezione estesa a tale nozione, che non è limitata alle informazioni sensibili o di ordine privato, ma comprende potenzialmente ogni tipo di informazioni, tanto oggettive quanto soggettive, sotto forma di pareri o di valutazioni, a condizione che esse siano “concernenti” la persona interessata» (punto n. 34).

Per tale motivo, «le risposte scritte fornite da un candidato a un esame professionale costituiscono simili informazioni, connesse alla sua persona [in quanto] innanzitutto, il contenuto di tali risposte riflette il livello di conoscenza e di competenza del candidato in un dato settore nonché, se del caso, i suoi processi di riflessione, il suo giudizio e il suo spirito critico. In caso di esame redatto a mano le risposte contengono, inoltre, informazioni grafologiche» e «La raccolta di tali risposte ha, poi, la funzione di valutare le capacità professionali del candidato e la sua idoneità a esercitare il mestiere di cui trattasi» (punti nn. 36-38).

Il ragionamento dei giudici europei continua fino ad affermare che «l’uso di tali informazioni, che si traduce, segnatamente, nel successo o nel fallimento del candidato all’esame di cui trattasi, può avere un effetto sui diritti e interessi dello stesso, in quanto può determinare o influenzare, per esempio, le sue possibilità di accedere alla professione o all’impiego desiderati» e che «come ha rilevato l’avvocato generale […], qualsiasi esame è diretto a verificare e a stabilire le prestazioni individuali di una specifica persona, segnatamente del candidato, e non, diversamente, ad esempio, da un sondaggio rappresentativo, ad ottenere informazioni non associabili a tale persona» (punti nn. 39 e 41).

3. Sul caso sottoposto all’attenzione del Garante

Tali considerazioni sono rilevanti anche per il caso dell’accesso civico sottoposto all’attenzione di questa Autorità. La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, infatti, il diritto di chiunque «di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto», ma sempre «nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2). Il tale contesto, la medesima normativa prevede che l’accesso civico deve rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a).

Come noto, inoltre, occorre aver presente che nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono), tramite l’istituto dell’accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi sanciti nel RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c). Sotto tale profilo, occorre tenere altresì conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati personali richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

Con particolare riferimento al caso in esame, si rappresenta che – come evidenziato dal Garante nei precedenti pareri e confermato anche dalla Corte di giustizia UE – il contenuto delle risposte fornite da un candidato in una prova concorsuale (fra cui anche un compito scritto) riflette il relativo livello di conoscenza e di competenza in un dato settore, nonché i suoi processi di riflessione, il suo giudizio e il suo spirito critico, indicando anche molteplici aspetti di carattere personale circa le caratteristiche individuali relative, ad esempio, alla preparazione professionale, alla cultura, alle capacità di espressione o al carattere della persona (che costituiscono aspetti valutabili nella selezione dei partecipanti). Ciò anche considerando che «l’individuazione autonoma di una soluzione non si esaurisce nella riproduzione delle nozioni apprese, ma rispecchia anche il modo in cui il candidato pensa e lavora» (cfr. punto n. 23 delle conclusioni dell’Avvocato generale, causa C-434/16, cit.). Ecco perché, come ricordato nei precedenti pareri di questa Autorità, è possibile affermare che, in alcuni casi, e a seconda della traccia sottoposta, il contenuto degli elaborati scritti può rivelare anche informazioni e convinzioni che potrebbero rientrare nella categoria dei dati particolari di cui all’art. 9 de RGPD (nel caso in cui lo svolgimento delle tracce possa implicare la rivelazione di opinioni politiche, convinzioni filosofiche o di altro genere).

D’altronde, il contenuto del compito scritto ha esattamente la funzione di consentire la valutazione delle capacità professionali del candidato e della sua idoneità a esercitare il mestiere di cui trattasi. In ogni caso, «un esame – diversamente, ad esempio, da un sondaggio rappresentativo – non mira […] ad ottenere informazioni non associabili ad una persona, [ma proprio] a verificare e documentare la prestazione di una specifica persona, segnatamente del candidato. Ogni esame ha lo scopo di testare una prestazione strettamente personale e individuale del candidato. Non a caso il ricorso ingiustificato ad altrui prestazioni nel corso di esami viene severamente sanzionato come tentata truffa» (cfr. punto n. 24 delle conclusioni dell’Avvocato generale, Causa C-434/16, cit.).

Alla luce di quanto osservato, è chiaro che, in effetti, «l’uso di tali informazioni […] può avere un effetto sui diritti e interessi dello stesso, in quanto può determinare o influenzare, per esempio, le sue possibilità di accedere alla professione o all’impiego desiderati», anche considerando come detto che qualsiasi esame è diretto a verificare e a stabilire le prestazioni individuali di una specifica persona (punto n. 39).

Pertanto, alla luce del complesso delle osservazioni riportate, ai sensi della normativa vigente e delle richiamate indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC, conformemente ai precedenti orientamenti del Garante prima citati, si ritiene che il Comune abbia correttamente rifiutato l’accesso civico generalizzato alla copia degli elaborati scritti del concorso pubblico. Ciò in quanto l’ostensione dei predetti documenti – considerando la  descritta tipologia e natura dei dati e delle informazioni personali contenuti negli elaborati scritti a un concorso pubblico peraltro per la carica di Comandante di Polizia oggetto dell’istanza di accesso civico nel caso in esame, nonché il particolare regime di pubblicità dei dati e documenti oggetti di accesso civico – è suscettibile di determinare, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013, causando inoltre un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà del soggetto controinteressato, con possibili ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale personali (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013). Ciò anche considerando le ragionevoli aspettative di confidenzialità dei controinteressati che hanno superato le prove in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dal Comune, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti a quest’ultimi dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei documenti richiesti tramite l’accesso civico e dall’eventuale trattamento da parte di terzi non autorizzati per finalità non conosciute o conoscibili dai soggetti interessati (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

In conformità ai precedenti orientamenti espressi dal Garante, si richiama, infine, l’attenzione sulla necessità, in ogni caso, di valutare – considerando il richiamato regime di pubblicità dei documenti forniti in sede di accesso civico e la circostanza che l’elaborato è il risultato di un’opera creativa intellettuale del candidato – l’esistenza di ulteriori interessi privati per potrebbero in ogni caso portare a negare l’accesso civico, previsti dall’art. 5-bis, comma 2, lett. c), legati, ad esempio, all’esistenza di interessi legati alla «proprietà intellettuale» o al «diritto d’autore».

4. Sull’accesso alla copia degli elaborati scritti priva del nominativo del candidato

In relazione al caso in esame, come già evidenziato da questa Autorità nei precedenti pareri, non si ritiene possibile accordare neanche un accesso civico parziale (art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013), fornendo la copia degli elaborati scritti priva del nominativo del candidato e della relativa valutazione.

Tale accorgimento, infatti, fermo restando che l’accesso civico in esame ha ad oggetto la copia degli elaborati scritti, dei candidati promossi all’orale, che risultano essere riferiti a tre soggetti identificati, non costituisce un’idonea tecnica di anonimizzazione degli elaborati, visto che le informazioni in essi contenuti non smetterebbero, in tal modo, di essere considerati dati personali ai sensi dell’art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD. Come, infatti, evidenziato al riguardo anche dalla Corte di Giustizia UE, le informazioni contenute nelle risposte scritte ad un esame professionale, sono di tipo personale indipendentemente dal fatto che, ad esempio, la correzione dei compiti delle procedure concorsuali avviene in modo anonimo (nel senso che l’esaminatore non conosce l’identità del candidato). Ciò in quanto l’ente che ha organizzato il concorso, dispone, per contro, delle informazioni necessarie che gli consentono di identificare i candidati senza difficoltà o dubbi.

Inoltre, anche in assenza delle informazioni aggiuntive detenute dell’amministrazione che ha indetto il concorso, va ricordato che un elaborato scritto redatto a mano da un candidato contiene in ogni caso informazioni aggiuntive sulla persona e, segnatamente, sulla sua grafia («informazioni grafologiche» secondo il punto n. 37, sent. CGUE, cit), che, oltre a poter essere considerata una caratteristica comportamentale dell’interessato (cfr. par. 4.4.6., Gruppo art. 29, Opinion 3/2012 on developments in biometric technologies), può rendere identificabile l’autore dell’elaborato anche nel caso in cui lo stesso sia stato privato del nominativo del relativo autore. Sotto tale profilo, la particolare circostanza che l’elaborato scritto è redatto di proprio pugno dal candidato, non elimina infatti la possibilità, tutt’altro che remota, che il soggetto interessato possa essere re-indentificato a posteriori da terzi (anche esterni alla pubblica amministrazione che ha indetto il concorso) tramite la conoscenza o la comparazione della relativa grafia (cfr. anche art. 4, par. 1, n. 1, del Regolamento n. 2016/679/UE, cit.).

Si ricorda, al riguardo, che – come evidenziato anche a livello europeo – «per identificazione non si intende solo la possibilità di recuperare il nome e/o l’indirizzo di una persona, ma anche la potenziale identificabilità mediante individuazione, correlabilità e deduzione» (Gruppo di Lavoro Art. 29, Parere 05/2014 sulle tecniche di anonimizzazione, adottato il 10/4/2014WP216).

Per completezza, e guardando ormai anche alle moderne tecniche disponibili, risulta infine sicuramente di interesse quanto evidenziato dal Gruppo art. 29 sulle tecniche di anonimizzazione, laddove è rappresentato che «Un altro modo per identificare un dato presumibilmente anonimo si basa sull’analisi dello stile di scrittura (stilometria)» (punto n. A.2 dell’Allegato recante «Introduzione alle tecniche di anonimizzazione», parere n. 5/2014 sulle tecniche di anonimizzazione, cit.). Nel citato parere è stato infatti ricordato come «Sono stati già sviluppati vari algoritmi volti a estrarre la metrica da un testo oggetto di analisi, compresa la frequenza dell’utilizzo di una particolare terminologia, la comparsa di schemi grammaticali specifici e il tipo di punteggiatura. Tutte queste proprietà possono essere utilizzate per collegare un testo apparentemente anonimo allo stile di scrittura di un autore identificato […]».

5. Sulla possibilità per coloro che dimostrino un interesse qualificato di accedere alla documentazione richiesta ai sensi della legge n. 241 del 7/8/1990

Atteso il carattere rilevante della questione, si ribadisce che l’orientamento del Garante espresso, anche nei precedenti pareri richiamati nel presente provvedimento, sulla sussistenza, nel caso di accesso civico agli elaborati scritti delle prove concorsuali, del pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 è pienamente compatibile con la giurisprudenza amministrativa che accorda il diritto di accesso ai documenti amministrativi sugli atti delle procedure concorsuali pubbliche (compreso i compiti scritti), esercitato ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241/1990, da parte di partecipanti al concorso che hanno dimostrato di possedere un interesse qualificato – motivato nell’istanza di accesso agli atti amministrativi (a differenza dell’accesso civico che non deve essere motivato) – ossia di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

Come evidenziato anche dell’ANAC, infatti, non bisogna confondere i due tipi di accesso disciplinati dal d. lgs. n. 33/2013 e dalla l. n. 241/1990, in quanto «L’accesso generalizzato deve essere […] tenuto distinto dalla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 [che] continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi. Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni». (par. 2.3. delle Linee guida in materia di accesso civico, cit.).

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Cles, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

In Roma, 29 gennaio 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione