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Il consenso parziale del dipendente - 28 ottobre 1999

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Il consenso parziale del dipendente

I dipendenti possono dare un consenso parziale al trattamento dei propri dati personali, ma questa possibilità non deve portare ad un appesantimento degli adempimenti previsti dalla legge sulla privacy, né ad un suo uso strumentale.

Il Garante ha sancito il principio in risposta ad un´associazione di categoria, la quale aveva sottoposto il caso in cui il datore che abbia informato il dipendente sui trattamenti dei dati personali che intende realizzare e abbia chiesto il relativo consenso, riceva dal lavoratore un assenso non generale, ma solo per alcune utilizzazioni. L´associazione aveva chiesto se fosse ammissibile una manifestazione del consenso frazionata, sottolineando, in particolare, i problemi che sorgerebbero nel caso in cui il lavoratore prestasse il consenso esclusivamente per i trattamenti svolti a suo favore, negandolo eventualmente per altri pure inerenti al rapporto di lavoro.

Nel suo parere, il Garante ha innanzitutto ricordato che la legge n.675 del 1996 mira a garantire all´interessato il controllo sui flussi delle informazioni che lo riguardano. Uno degli strumenti perché ciò possa avvenire è appunto quello del consenso informato, posto come condizione perché i trattamenti possano essere effettuati, fatti salvi alcuni casi specifici per il trattamento di categorie particolari di dati.

La legge prevede esplicitamente che il consenso possa riguardare l´intero trattamento oppure una o più operazioni (raccolta, elaborazione, conservazione, comunicazione, diffusione ecc.). E´ possibile, infatti, che, all´interno di un medesimo trattamento, siano considerate anche operazioni non strettamente necessarie al perseguimento della finalità principale per il quale esso viene svolto, oppure operazioni che comportano l´utilizzo di dati particolarmente delicati, per i quali, a tutela dell´interessato, sia necessaria la manifestazione di un consenso differenziato.

Tuttavia, la necessità di semplificare quanto più possibile gli adempimenti e di garantire la correttezza nei rapporti negoziali, rendono auspicabile una considerazione unitaria delle operazioni relative ad un trattamento. Il Garante, in particolare, ha affermato che, quando i trattamenti che il datore di lavoro intende fare siano svolti nel rispetto dei principi della legge, "la manifestazione di un consenso generale da parte del lavoratore costituisce una manifestazione di quella generale lealtà e correttezza che deve improntare i comportamenti fra le parti. Ciò ovviamente non pregiudica in alcun modo al lavoratore il suo diritto di chiedere la verifica o di opporsi a specifiche forme di utilizzazione di dati ritenute non corrette o non giustificate dal rapporto in essere".

Si dovrà, quindi, evitare, sia da parte del datore di lavoro sia del dipendente, di utilizzare in maniera strumentale le norme sulla privacy allo scopo di danneggiare o rendere più onerosa e difficile l´attività della controparte.

In conclusione, si ricorrerà ad una manifestazione di consenso differenziata solo nel caso in cui il datore di lavoro intenda effettuare trattamenti non rientranti nell´ordinaria gestione del rapporto stesso o caratterizzati da una marcata specificità (ad esempio, per trattamenti del tutto particolari di dati sensibili).

Il consenso non pregiudica, comunque, in alcun modo il diritto del lavoratore di verificare che uso viene fatto dei suoi dati o di opporsi a specifiche forme di loro utilizzazione ritenute non corrette o non giustificate.

Nel caso, invece, che i dati richiesti o i trattamenti previsti eccedessero quelli ordinariamente necessari alla gestione del rapporto di lavoro, non solo sarebbe giustificabile il rifiuto di prestare il consenso, ma anche l´eventuale subordinazione della stipula del contratto di lavoro alla prestazione del consenso costituirebbe una violazione della legge sulla riservatezza dei dati, la quale stabilisce che il consenso è valido solo se espresso liberamente.

Roma, 28 ottobre 1999