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Provvedimento del 7 marzo 2024 [10007439]

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[doc. web n. 10007439]

Provvedimento del 7 marzo 2024

Registro dei provvedimenti
n. 143 del 7 marzo 2024

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, e regolarizzato in data 30 novembre 2023 con il quale XX rappresentato dall’avvocato XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo di alcuni URL riferiti ad una vicenda giudiziaria che si è conclusa nei propri confronti con una sentenza emessa nel XX;

CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, lamentando il pregiudizio subìto alla propria reputazione dalla perdurante reperibilità in rete dei contenuti contestati, rappresentando che:

il contenuto reperibile tramite gli URL indicati rimanda a fatti avvenuti nel XX e dunque precedenti all’avvio del procedimento che lo ha coinvolto;

ha modificato vita e frequentazioni ed ha, tuttavia, difficoltà nello svolgimento della propria attività professionale a causa del riemergere in rete di questi fatti del passato;

le informazioni reperibili, peraltro generiche, non risultano aggiornate alla luce dell’avvenuta definizione della vicenda giudiziaria che lo ha riguardato e che non può pertanto reputarsi sussistente un interesse attuale del pubblico ad averne conoscenza;

all’interno di tali articoli è altresì presente una propria foto segnaletica, in spregio ai principi affermati anche dai giudici nazionali ed europei;

la reperibilità degli URL corrispondenti, in quanto rinvenibili in associazione al proprio nominativo, determina un impatto sproporzionato sui propri diritti che non risulta bilanciato da un interesse della collettività ad averne immediata evidenza;

VISTA la nota del 18 dicembre 2023 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 8 gennaio 2024 con la quale Google LLC ha rilevato che:

oggetto di esame saranno gli URL indicati con i nn. da 1 a 24 del riscontro, tenuto conto che quelli indicati con i nn. da 25 a 33 sono dei meri duplicati di altri riportati nel reclamo;

le pagine collegate agli URL indicati con i nn. 2, da 5 a 8, da 10 a 14, 17, 20 e 22 non risultano visualizzate tra i risultati di ricerca di Google associati al nome del reclamante e pertanto non è necessaria alcuna azione da parte della società;

con riferimento ai restanti URL (1, 3, 4, 9, 15, 16, 18, 19, 21, 23 e 24) non ritiene sussistenti i presupposti per aderire alle richieste del reclamante reputando ancora sussistente un interesse del pubblico ad avere conoscenza della vicenda, peraltro estremamente recente, che lo ha coinvolto data la “gravità delle condotte criminose poste in essere dall’interessato resosi responsabile del grave reato di XX, per il quale è stato condannato nel XX a ben XX”;

al riguardo, le linee Guida WP29 hanno chiarito che “le APD tendono a vedere con favore la deindicizzazione di risultati concernenti reati relativamente minori commessi in periodi molto risalenti; viceversa, sarà meno probabile che valutino con favore la deindicizzazione di risultati relativi a reati più gravi e commessi in epoca più recente”;

i contenuti oggetto di richiesta hanno natura giornalistica;

l’interessato ha affermato nel reclamo che avrebbe già terminato di scontare la pena a seguito della deportazione anticipata in Italia che, ai sensi del c.d. XX, sarebbe avvenuta nel XX, ma, secondo quanto indicato nell'ultimo paragrafo del provvedimento allegato all’atto introduttivo, “tale meccanismo comporta semplicemente la sospensione della condanna del cittadino straniero nel momento in cui viene rilasciato dal carcere XX. [OMISSIS];

VISTA la nota del 18 gennaio 2024 con la quale l’interessato ha rappresentato che:

concorda con Google in ordine all’avvenuta duplicazione degli URL indicati con i nn. da 25 a 33, a causa di un refuso;

differentemente da quanto affermato dalla medesima, che i contenuti collegati agli URL indicati con i nn. 5, 11, 12, 13 e 14, peraltro associati alla propria foto, risultano tuttora reperibili per ricerche condotte con il proprio nome e cognome;

in riferimento agli ulteriori URL, la valutazione ai fini della deindicizzazione non può essere effettuata in ragione del solo elemento temporale, ma deve considerare anche gli ulteriori criteri espressamente indicati per l’applicazione del diritto all’oblio dalle Linee guida n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board il 7 luglio 2020, quali, a titolo esemplificativo, la notorietà del reclamante tale da giustificare un interesse del pubblico a conoscerne le vicende;

in generale, le informazioni attinenti la vita privata di una persona che non ricopre ruoli pubblici devono ritenersi non pertinenti, come dovrebbe essere nel caso in esame;

anche la natura giornalistica dei contenuti è solo uno dei fattori da valutare, sulla base di quanto disposto nelle predette Linee guida, e non uno degli elementi sulla base dei quali radicare con certezza la sussistenza di un interesse attuale del pubblico ad averne conoscenza;

i contenuti reperibili tramite gli URL indicati nel reclamo sono relativi a fatti avvenuti nel XX e dunque anteriori al procedimento che lo ha coinvolto, pertanto gli stessi non risultano aggiornati;

in base al c.d. XX, è stato rimesso in libertà senza che debba scontare alcuna pena nel paese di origine, con l’obbligo di non recarsi nel XX poiché allontanato nel XX;

Google infine non ha offerto alcuna argomentazione relativamente alla presenza di proprie foto segnaletiche. richiamando, per definirle, quanto previsto dall’Autorità in alcuni provvedimenti del 2019 e del 2021 che si riferiscono ad immagini che, per le caratteristiche dell’inquadratura e per la presenza del logo istituzionale della Polizia di Stato appaiono riconducibili ad immagini di questo tipo;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO che:

le parti hanno convenuto sulla circostanza che gli URL indicati con i nn. da 25 a 33 siano delle duplicazioni e che pertanto sono stati espunti dalla valutazione delle richieste formulate dall’interessato;

Google ha dichiarato che le pagine collegate agli URL indicati con i nn. 2, da 5 a 8, da 10 a 14, 17, 20 e 22 non risultano visualizzate tra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante e che pertanto non è necessaria alcuna azione da parte della società;

tale circostanza è stata contestata parzialmente dall’interessato che ha eccepito la perdurante reperibilità degli URL indicati con i nn. 5, 11, 12, 13 e 14;

per tale ragione, in assenza di accordo tra le parti e per escludere la possibilità di variazioni nei risultati di ricerca che potrebbero intervenire nelle more della decisione, la valutazione dell’Autorità si intenderà effettuata anche con riguardo a questi ultimi;

RITENUTO che, con riferimento agli URL sopra indicati – ad eccezione di quelli contraddistinti nel riscontro di Google, con i nn. 5, 11, 12, 13 e 14 – non sussistono i presupposti per l’adozione di misure da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC – ivi inclusi quelli contraddistinti nel riscontro di quest’ultima, con i nn. 5, 11, 12, 13 e 14 – che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

i contenuti collegati agli URL dei quali è stata chiesta la rimozione sono relativi ad una vicenda che si è conclusa nel XX con la condanna dell’interessato, avvenuta nel XX, a XX e per la quale il medesimo, sulla base di quanto dichiarato nel corso del procedimento, è stato rimesso in libertà nel mese di XX senza dover scontare alcuna pena nel paese di origine, ovvero l’Italia, ma con l’obbligo di non recarsi nel XX poiché allontanato nell’ambito del XX;

gli articoli sono di epoca molto recente e la quasi totalità di essi contiene notizie aggiornate sulla vicenda giudiziaria che ha interessato il reclamante, riportando l’avvenuta condanna del medesimo, circostanza quest’ultima che consente di attualizzare anche i fatti riportati nei pochi articoli che non contengono tale informazione, ma che sono comunque stati pubblicati nel XX e dunque a ridosso della conclusione del processo;

i fatti per i quali l’interessato è stato condannato sono di particolare gravità anche in considerazione delle modalità con le quali sono avvenuti, né può rilevare, nel caso in esame, l’argomentazione dedotta dall’interessato in ordine all’asserita indebita pubblicazione, a corredo degli articoli, di immagini che lo ritraggono;

queste ultime, presenti solo in alcuni degli articoli indicati – diversi dei quali peraltro rientrerebbero tra quelli di cui Google ha affermato la non reperibilità in associazione al nome e cognome dell’interessato – non appaiono assimilabili a quelle che, in altri provvedimenti adottati dall’Autorità e citati dal medesimo, sono state ricondotte alla categoria delle foto segnaletiche;

in considerazione della gravità dei fatti (cfr. punto 13 parte II delle Linee guida) e del breve lasso di tempo decorso dai fatti e dalla conclusione della vicenda giudiziaria, non si rinvengono, allo stato attuale, i presupposti per la deindicizzazione degli URL oggetto di reclamo;

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

a) prende atto:

di quanto dichiarato dalle parti in ordine al fatto che gli URL indicati con i nn. da 25 a 33 siano delle duplicazioni di URL già indicati e che pertanto debbano essere espunti dalla valutazione delle richieste formulate dall’interessato;

di quanto dichiarato da Google in ordine al fatto che le pagine collegate agli URL indicati con i nn. 2, da 4 a 8, 10, 17, 20 e 22 non risultano visualizzate tra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante e che pertanto non è necessaria alcuna azione da parte della società;

b) dichiara il reclamo infondato in ordine ai restanti URL, ivi inclusi quelli indicati con i nn. 5, 11, 12, 13 e 14, che, essendo oggetto di dichiarazioni contrastanti tra le parti in ordine alla perdurante reperibilità in associazione al nome e cognome dell’interessato, hanno formato oggetto di valutazione.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 7 marzo 2024

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei