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Provvedimento del 21 dicembre 2023 [9984512]

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[doc. web n. 9984512]

Provvedimento del 21 dicembre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 618 del 21 dicembre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, l’avv. Guido Scorza, componente ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, al Garante e  regolarizzato il 17 ottobre 2023 da XX, rappresentato dall’avvocato XX, nei confronti di Gedi News Network S.p.A., in qualità di editore di “La Repubblica”, con il quale l’interessato ha chiesto di ordinare la cancellazione di un articolo pubblicato il XX dal titolo “XX”  - reperibile al link https://... - ritenendone il contenuto gravemente diffamante ed offensivo;

CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, rilevato che:

il contenuto dell’articolo è idoneo a suscitare nel lettore una nozione distorta della realtà, “influenza[ndolo] verso una presunzione di colpevolezza”, mentre quanto riportato all’interno di esso è assolutamente falso;

ha provveduto ad inviare un interpello preventivo all’editore per chiederne la rimozione, al quale ha fatto seguito una manifestazione di disponibilità da parte del titolare ad effettuare una eventuale rettifica che però non è mai intervenuta;

l’autrice dell’articolo, più volte incontrata presso la propria abitazione, avrebbe avanzato diverse richieste di denaro finalizzate a descriverlo all’interno di esso in termini positivi e che il proprio rifiuto sarebbe alla base di quanto pubblicato con un intento vendicativo ed estorsivo;

le informazioni pubblicate, quali il presunto “profilo social” a sé riconducibile, “è un clamoroso falso in quanto il sottoscritto, come liberamente consultabile in autonomia tramite comuni motori di ricerca, detiene un profilo cd “verificato” differente da quello esibito falsamente dalla “repubblica.it” e non ha certamente bisogno di accreditarsi falsamente come “XX””;

sono state pubblicate diverse informazioni personali che rivestono “una chiara violazione della sfera personale (…) attraverso la pubblicazione del mio indirizzo di casa (XX), la vettura utilizzata (XX), i luoghi frequentati (XX) ed addirittura gli XX (XX)”, determinando a proprio carico l’insorgere di un pregiudizio a danno della propria immagine personale e professionale;

VISTA la nota del 19 ottobre 2023 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;   

VISTA la nota del 8 novembre 2023 con la quale Gedi News Network S.p.A., rappresentata dagli avvocati XX e XX, ha rappresentato:

in via preliminare, l’inammissibilità del reclamo in quanto diretto a contestare la diffamatorietà dell’articolo con il quale gli sarebbero state attribuite condotte non corrispondenti al vero piuttosto che la violazione di norme a tutela dei dati personali;

che qualificare un soggetto come “XX, non costituisce lesione di un dato personale, ma diversamente esercizio del diritto di informazione, il cui apprezzamento esula dalle competenze” dell’Autorità;

il reclamante, pur dichiarando di agire a tutela dei propri dati personali, ha posto in essere una indebita confusione tra dato personale, notizia non vera, reputazione ed immagine “sostanziando le proprie doglianze in una globale contestazione del contenuto della notizia riportata dal quotidiano “La Repubblica””;

l’avere attribuito “al sig. XX il coinvolgimento in fatti giudiziari, ovvero l’avere attribuito ai diversi protagonisti dell’inchiesta giornalistica (…) XX”, non costituisce affatto violazione” della normativa in materia di protezione dei dati personali;

tali circostanze – la cui veridicità è contestata nella personale ricostruzione del reclamante – possono tutt’al più rilevare come lesione dell’onore e della reputazione ove dimostrata, ma il relativo accertamento compete all’autorità giudiziaria ordinaria;

che la circostanza che l’autrice dell’articolo – che sta svolgendo regolare praticantato – non sia ancora iscritta all’albo professionale non le impedisce di pubblicare articoli laddove ciò avvenga, come nel caso in esame, su testate giornalistiche registrate e dopo avere superato la supervisione del direttore responsabile;

che la medesima ha pubblicato altri articoli e servizi informativi per la stessa testata anche come XX;

che la XX è una figura pubblica nota negli XX ed ha accesso a diversi canali informativi che, unitamente ad approfondimenti svolti in autonomia, hanno permesso di poter verificare le notizie riportate nell’inchiesta pubblicata da “La Repubblica”;

che molte delle informazioni in questione sono frutto di racconti resi all’autrice dal reclamante nel corso di un incontro svoltosi presso un XX alla presenza di un testimone nel corso del quale lo stesso imprenditore ha raccontato fatti del suo passato indicando anche le ragioni che lo hanno spinto a trasferirsi negli XX;

che nel corso dell’incontro la medesima non ha mai chiesto all’interessato alcun XX, essendo avvenuto esattamente il contrario in quanto il reclamante, XX, ha offerto alla stessa un importo da XX che è stata prontamente rifiutata;

occorre ricordare che il giornalismo di inchiesta, il quale svolge un ruolo essenziale in qualsiasi ordinamento democratico, differisce dal giornalismo informativo in quanto implica un ruolo attivo del giornalista, che non si limita a recepire le notizie apprese, ma ricerca fatti idonei, per il loro rilievo pubblicistico, a divenire notizie;

che i fatti narrati sono di indubbio interesse pubblico e rispetto ad essi l’autrice si è esposta a notevoli rischi per la propria incolumità, sfociati persino in forti intimidazioni – che sono state oggetto di un esposto denuncia fatto pervenire, tramite XX, XX – che l’hanno indotta ad allontanarsi per un periodo dagli XX;

con riferimento infine alla diffida trasmessa dall’interessato anteriormente al reclamo, che, successivamente alla ricezione di essa, è stato preso contatto con il legale dell’interessato al fine di individuare una soluzione conciliativa, rifiutata da controparte, rendendosi disponibile a pubblicare, previa verifica della sussistenza delle condizioni necessarie, un’eventuale rettifica ed escludendosi invece la possibilità di disporre la cancellazione dell’articolo ritenendo tale richiesta inammissibile;

VISTA la comunicazione del 8 novembre 2023 con la quale il reclamante ha replicato al riscontro fornito dal titolare del trattamento, rilevando che:

l’editore “non ha dato nessuna prova a fondamento della veridicità della pubblicazione di notizie chiaramente diffamatorie” e, in ogni caso, ha violato la normativa in materia di protezione dei dati personali pubblicando informazioni quali “l'indirizzo di residenza del sottoscritto, il XX, gli XX, i XX”;

riportare su una nota testata nazionale di una presunta attività giudiziaria, mendace, è condotta avente una rilevanza penale che è stata denunciata in altra sede, inviandone copia al Garante;

l’articolo giornalistico prodotto dall’editore a sostegno della notizia riguardante la pendenza XX di procedimenti penali al quale si è sottratto trasferendosi negli XX “è artefatto e privo di fondatezza”, aggiungendo che all’interno del sito indicato dal medesimo (XX) “nulla è stato rinvenuto in merito alla presunta indagine penale del sottoscritto XX, presumendo ancora una volta un’alterazione documentale grave. Ma che in effetti non mi ha destato sorpresa alcuna”;

l’autrice dell’articolo, signora XX, “a dispetto di quanto prolissamente scritto dai suoi "difensori", si sottolinea essere NON UNA NOTA XX, ma NOTO soggetto PREGIUDICATO, proprio negli XX, dal quale fugge per questioni che non posso riferire in questa sede per non compromettere l'attività investigativa in corso”, rappresentando che la medesima è “stata condannata in tre ordini di grado e merito, per aver accusato e fatto ARRESTARE, falsamente, una (XX), alla quale (la XX) aveva attribuito una pubblicazione diffamatoria contro il XX”;

per trasparenza, ritiene opportuno allegare “anche un vocale whatsapp, ottenuto lecitamente da atti giudiziari, il quale fa riferimento alla presunta (ed ovviamente falsa) minaccia ricevuta dalla XX. Si tratta di un vocale inviato dal signor XX a mezzo whatsapp, al numero della signora XX, sua amica, la quale lei ha strumentalizzato a proprio vantaggio per giustificare la sua assenza momentanea nel XX. Il resto è noto”;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

RILEVATO che – come più volte sostenuto dall’Autorità – al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per finalità giornalistiche, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 e ss. e art. 102, comma 2, lett. a), del Codice) e sempreché si svolgano nel rispetto del principio dell’essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico (art. 6 delle “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”, pubblicate in G. U. 4 gennaio 2019, n. 3, doc. web n.  9067692);

RILEVATO che:

le richieste avanzate dall’interessato, per come appaiono articolati l’atto introduttivo e le successive osservazioni inviate all’Autorità, risultano essenzialmente fondate sulla asserita falsità del contenuto dell’articolo contestato che il medesimo ha tentato di argomentare profilando presunte attività illecite e falsificatorie che sarebbero state poste in essere dall’autrice dell’articolo e dall’editore al fine di sostenere le informazioni riportate all’interno di esso;

tra tali attività, secondo la ricostruzione dell’interessato, vi sarebbero state richieste di denaro rivoltegli da XX, autrice dell’articolo, che, in quanto rimaste insoddisfatte, avrebbero poi determinato la pubblicazione di un articolo lesivo della propria reputazione, nonché la falsificazione da parte dell’editore di un articolo giornalistico prodotto nel corso del procedimento nel quale sono riportate informazioni sulle vicende giudiziarie del sig. XX che confermerebbero il contenuto di quello pubblicato da “La Repubblica”;

si tratta di affermazioni gravi, sia nella sostanza che nella forma utilizzata negli atti depositati, che si collocano tuttavia in una ricostruzione complessiva della vicenda che, in assenza di elementi di valutazione oggettivi, spetterà all’autorità giudiziaria accertare tenuto anche conto del fatto che l’interessato ha affermato di aver avviato delle azioni legali a tutela della propria reputazione, pur senza avere allegato documenti in merito, contrariamente a quanto dedotto nell’ultima comunicazione inviata;

né possono rilevare, ai fini della valutazione in merito alla affermata falsità delle circostanze riportate nell’articolo, le precedenti vicende giudiziarie che, negli XX, avrebbero investito l’autrice dell’articolo, posto che si tratta di fatti diversi da quelli oggetto di reclamo e che quest’ultimo deve intendersi formulato nei confronti dell’editore, in qualità di titolare del trattamento;

con riguardo invece agli asseriti profili riguardanti la violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali – quali, citando l’interessato, la pubblicazione del “mio indirizzo di casa (XX), la vettura utilizzata (XX), i luoghi frequentati (XX) ed addirittura gli XX (XX) – occorre rilevare che, in realtà, nell’articolo non è stato riportato l’indirizzo di residenza del medesimo, da intendersi quale luogo di abitazione specificamente individuato come tale, ma, nel ricostruire le sue abitudini di vita, sono state riportate alcune informazioni sugli investimenti da lui effettuati, tra i quali vi sarebbe l’acquisto di “XX”;

in considerazione delle finalità dell’articolo, che riguarda anche persone diverse dall’interessato, la pubblicazione di tali informazioni risulta funzionale a descrivere l’elevato tenore di vita tenuto dai soggetti menzionati nella nuova realtà in cui vivono dopo essersi allontanati XX e non appare pertanto in violazione del principio di essenzialità dell’informazione;

sulla base degli elementi di valutazione disponibili, l’articolo, di recentissima pubblicazione, appare rispondente ad una finalità informativa che trova alcuni elementi di supporto anche nella documentazione depositata dall’editore, quale l’articolo diffuso da XX che, sino a dimostrazione della fondatezza delle accuse di falso mosse dal reclamante, costituisce uno degli elementi oggetto di valutazione da parte dell’Autorità;

RITENUTO, per quanto sopra esposto, di dover considerare infondato il reclamo;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 21 dicembre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei