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Provvedimento del 21 dicembre 2023 [9981324]

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[doc. web n. 9981324]

Provvedimento del 21 dicembre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 613 del 21 dicembre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, l’avv. Guido Scorza, componente, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, al Garante il 12 aprile 2023 da XX, rappresentato dall’avvocato XX, nei confronti di Google LLC, in qualità di gestore del motore di ricerca Google, con il quale l’interessato ha chiesto la rimozione di:

un URL collegato ad un’immagine che lo ritrae insieme alla XX ed associata al titolo XX” che risulta reperibile tramite diversi criteri di ricerca, quali “XX”, “XX ”, “XX”, “XX”, “XX”, “XX;

ulteriori URL reperibili in associazione al proprio nome e cognome anche affiancato, alternativamente, con i criteri “XX”, “XX”, “XX”, “XX, “XX”, “XXo”;

eccependo la sua assoluta estraneità alle vicende riguardanti la società XX della quale egli non detiene alcuna quota o partecipazione, trattandosi di attività facente capo in via esclusiva al sig. XX, dichiarata peraltro XX nel 2020;

CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, rappresentato:

di essere stato socio di minoranza di altra società, la XX, senza mai assumere il ruolo di legale rappresentante o di membro del consiglio di amministrazione, evidenziando che tale società è comunque estranea alla compagine XX di cui non ha mai detenuto alcuna partecipazione e risultando pertanto illegittimo qualsiasi collegamento tra detta società ed il proprio nominativo;

che nei risultati di ricerca di Google risulta associato a fatti di cronaca rispetto ai quali è estraneo, circostanza idonea a gettare discredito sulla propria reputazione professionale essendo anch’egli operante in ambito XX;

che gli articoli e le pagine web contestate associano infatti il proprio nominativo alle gravi illazioni che hanno colpito XX fra le quali rientrano presunti “XX” – XX o la stipula di finanziamenti quando era già evidente l’impossibilità di fornire le prestazioni richieste –   nonostante sia estraneo a questi fatti e non sia mai stato destinatario di procedimenti giudiziari in merito;

che appare dunque arbitrario il collegamento con alcune frasi presenti nelle pagine collegate agli URL oggetto di contestazione quali, ad esempio, “XX”, “XX”, “XX”;

che il riscontro fornito da Google il 13 dicembre 2020 - con il quale il gestore ha comunicato di aver adottato misure manuali per impedire che l’articolo corrispondente all’URL https://... comparisse nel ranking in risposta alle query relative al suo nome nelle versioni europee dei risultati di ricerca di Google sulla base della constatazione dell’assenza del suo nominativo all’interno della relativa pagina, negando invece la rimozione con riguardo agli altri URL in quanto non riguardanti una persona fisica - non risulta congruente tenuto conto del fatto che anche le pagine collegate a questi ultimi non contengono il proprio nominativo e che presentano comunque analogie di struttura e di contenuto con quello che il titolare ha ritenuto di bloccare;

che, in tal modo, il motore di ricerca suggerisce, in associazione al proprio nominativo, pagine inerenti ad XX, erroneamente ritenuta di proprietà della XX, e dunque a “XX”, “XX” e “XX”;

che con riferimento al riscontro fornito al successivo interpello del 7 agosto 2022, Google affermava che due degli URL oggetto di richiesta (in particolare quelli contraddisti nel riscontro con i nn. 8 e 9) non fossero reperibili in associazione al proprio nome e cognome, mentre in realtà, digitando la chiave di ricerca “XX”, gli stessi risultano visibili;

che in merito agli ulteriori URL indicati nell’atto di reclamo appare inaccettabile il riscontro negativo fornito dal titolare del trattamento – e basato sulla constatazione che le notizie riportate nelle relative pagine appaiono collegate al compimento di reati rispetto ai quali il gestore non disporrebbe di documentazione sufficiente a confermare la conclusione favorevole delle vicende giudiziarie – in quanto diversi dagli URL oggetto di richiesta non riguardano alcuna fattispecie delittuosa e sono in ogni caso riferiti a realtà societarie alle quali egli è del tutto estraneo;

che la sua immagine è stata pubblicata in rete senza aver prestato alcun consenso e senza che ciò avesse una reale attinenza con i fatti oggetto del servizio giornalistico effettuato da XX ed in cui egli descrive le difficoltà gestionali in cui versava XX e che ha comportato la chiusura di diverse sedi presenti nel territorio nazionale, vicende che attengono solo a quest’ultima e che non giustificano l’esposizione mediatica di un soggetto ad essa estraneo, violandone il diritto all’immagine costituzionalmente garantito;

VISTA la nota del 24 luglio 2023 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 13 settembre 2023 con la quale Google ha comunicato:

che, contrariamente a quanto asserito dal reclamante, le pagine collegate agli URL indicati con i numeri da 1 a 6 nell’elenco riportato nel riscontro fornito non risultano visualizzate tra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante e che pertanto la società non può adottare alcun provvedimento in merito;

che, con riguardo agli URL indicati con i numeri da 7 a 13 del predetto elenco, il nome del reclamante non figura nelle relative pagine e che i riferimenti ivi contenuti riguardano solamente la “XX,” di cui il dottor  gennaio  afferma di essere stato socio di minoranza, e di avere pertanto deciso di non prendere provvedimenti al riguardo;

che l’esercizio del diritto all’oblio riguarda esclusivamente i contenuti che riportano a pagine web indicizzate per il nome e cognome di una persona fisica e non può pertanto estendersi alla denominazione sociale di un’azienda che non costituisce elemento specificativo della persona;

di aver deciso di non prendere provvedimenti neppure con riguardo all’ulteriore URL, indicato nell’elenco con il n. 14, ritenendo tuttora sussistente l’interesse del pubblico a conoscere informazioni attinenti l’attività professionale del reclamante non potendo valere, in senso contrario, i rilievi mossi dal medesimo in ordine al suo mancato coinvolgimento nell’attività di XX la proprietà della quale, nella maggior parte degli articoli oggetto di reclamo, è ricondotta alla “XX” della quale è stato socio;

VISTA la nota del 13 ottobre 2023 con la quale il reclamante, nel ribadire le proprie richieste, ha replicato che:

gli URL che Google dichiara non essere reperibili in associazione al proprio nome e cognome risultano invece inclusi nei risultati di ricerca tramite vari criteri di ricerca dei quali viene dato conto nella memoria, producendo in allegato i relativi screenshot e precisando, con riguardo all’URL https://..., che quest’ultimo era già stato in precedenza bloccato in considerazione dell’assenza del proprio nome all’interno della relativa pagina e che, inspiegabilmente, Google ha opposto un rifiuto alla rimozione di ulteriori URL che presentano analogia di contenuti;

Google ha arbitrariamente stabilito un collegamento tra la propria immagine, presente nel servizio di XX, e la società XX alla cui compagine egli è estraneo, rilevando che, pur se tale immagine non compare in associazione al proprio nome e cognome, i propri dati sono stati tuttavia indebitamente esposti tra i risultati di ricerca di una società terza;

con riferimento agli URL rispetto ai quali Google ha ritenuto di non intervenire in quanto relativi alla società “XX”, sulla base dell’assunto secondo cui egli avrebbe dichiarato di essere stato socio di minoranza, ha precisato di essere stato in realtà socio di altra società, la “XX”, nella quale non avrebbe comunque ricoperto il ruolo di legale rappresentante o di membro del consiglio di amministrazione e che non avrebbe comunque nessun collegamento con XX;

la resistente nella propria difesa richiama una pronuncia dell’Autorità nella quale risulta che Google ha rimosso la maggior parte degli URL oggetto di reclamo in considerazione dell’assenza del nome dell’interessato all’interno delle relative pagine, evidenziando un comportamento contraddittorio che emerge nel rifiuto di rimuovere, nel caso di specie, degli URL che rimandano ad articoli “in cui semmai è presente il nome (con errata dicitura) della società di cui lo stesso era socio di minoranza, peraltro dichiarata XX il giorno XX” e che era del tutto estranea alla compagine XX;

con riguardo infine all’URL https://..., che Google ritiene di non dover deindicizzare in quanto di interesse per la collettività essendo connessa alla propria attività professionale, il contenuto del commento ivi presente è diffamatorio essendo incentrato sulle impressioni di un utente, peraltro anonimo, che afferma che egli sarebbe stato il titolare di tutti i centri senza tuttavia fornire argomentazioni a sostegno di tale asserzione;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi  trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

RILEVATO preliminarmente che il reclamo proposto può essere esaminato solo con riguardo alla richiesta di rimozione di Url restituiti quali risultati di ricerca in associazione al nominativo dell'interessato e non con riguardo a quelli che sono invece rinvenibili utilizzando chiavi di ricerca che uniscano detto nominativo ad altri criteri che non costituiscono, nel caso di specie, elementi specificativi della persona (cfr. ex multis, provvedimento del Garante del 15 giugno 2017, doc. web n. 6692614; provvedimento del 12 novembre 2202, doc. web n. 9522184);

CONSIDERATO che:

Google ha dichiarato che, contrariamente a quanto asserito dal reclamante, le pagine collegate agli URL indicati con i numeri da 1 a 6 nell’elenco riportato nel riscontro fornito dalla medesima non risultano visualizzate tra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante, affermando di non poter adottare provvedimenti in merito;

l’interessato ha eccepito che tali URL sarebbero in realtà visualizzati per ricerche condotte con diversi dei criteri indicati nell’atto introduttivo, producendo degli screenshot ed insistendo per l’accoglimento delle proprie richieste;

RITENUTO, in considerazione delle contrapposte posizioni espresse dalle parti, di dover estendere la valutazione dell’Autorità a tutti gli URL oggetto di reclamo;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione dei predetti URL che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

gli articoli collegati agli URL oggetto di reclamo riguardano vicende connesse alle mancate XX da parte di una società, XX, nella quale – come risulta da una brochure intestata alla medesima e reperibile in rete – il reclamante ha ricoperto il ruolo di XX

la società, in ordine al cui operato sono emerse alcune criticità denunciate da diversi clienti, risulta avere ad oggi cessato la propria attività a seguito dell’avvio di una procedura XX;

dalla lettura degli articoli oggetto di reclamo, confermata anche da notizie di stampa recenti,  risulta che la predetta società faccia capo ad un’altra società corrispondente alla XX, di cui l’interessato, per sua stessa dichiarazione, è stato socio di minoranza e la cui attività risulta riconducibile alle stesse persone che hanno gestito XX, (XX, secondo quanto comunicato dal medesimo, nel XX);

si tratta pertanto di contenuti connessi all’attività professionale tuttora svolta dall’interessato che risulta essere XX di altro centro analogo (XX) che, secondo quanto emerso da un servizio trasmesso nel XX da “XX”, sarebbe succeduto all’attività delle altre società sopra citate, come parrebbe confermato anche da una cessione di ramo d’azienda intervenuta tra XX e XX risultante da visura camerale;

nel predetto servizio di “XX” – rispetto al quale l’interessato ha lamentato la presenza in rete di un’immagine estratta dallo stesso e reperibile in associazione a criteri diversi dal proprio nome e cognome – il medesimo, a fronte della richiesta dell’inviata circa la disponibilità del nuovo Centro di fornire ai XX le XX che avrebbero dovuto essere prestate da XX, ha affermato, unitamente alla XX, che tali prestazioni erano già in corso di svolgimento per gli utenti che ne avessero voluto beneficiare, facendosi con ciò direttamente carico delle difficoltà create a questi ultimi dalla precedente società dalla cui attività non ha pertanto ritenuto di dissociarsi;

con riferimento alle eccezioni sollevate dall’interessato, secondo cui gli URL oggetto di reclamo sarebbero dovuti essere rimossi da Google in quanto non contenenti il proprio nome e cognome e riferiti invece a vicende di persone giuridiche, occorre tenere conto che tali considerazioni possono avere un peso laddove il contenuto degli articoli reperibili in associazione al nome e cognome di un interessato riguardino informazioni non collegate in alcun modo al medesimo, circostanza che non ricorre nel caso in esame;

che infatti, anche con riguardo all’URL https://... rimosso da Google richiamando la motivazione sopra descritta, occorre considerare che lo stesso rinvia ad una pagina priva di contenuto, ragione per la quale il gestore del motore di ricerca ha probabilmente accolto la richiesta di rimozione adducendo l’assenza del nome dell’interessato – ma, in realtà, di qualunque altra informazione a lui riferibile – all’interno della pagina ad esso collegata;

RITENUTO, per quanto sopra esposto, di dover considerare infondato il reclamo con riferimento agli URL sopra indicati;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 21 dicembre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei