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Provvedimento del 21 dicembre 2023 [9985641]

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[doc. web n. 9985641]

Provvedimento del 21 dicembre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 620 del 21 dicembre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, l’avv. Guido Scorza, componente, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, il 1° agosto 2022 con il quale il sig. XX, rappresentato dall’avvocato XX, ha chiesto al Garante di assumere nei confronti della Società Athesis S.p.A. (di seguito “Athesis”) in veste di capogruppo del Gruppo Athesis al quale appartiene la testata “Il XX” ogni opportuno provvedimento, avuto riguardo alla pubblicazione da parte di quest’ultima, “sia in formato cartaceo sia online,” di un articolo dal titolo “XX” che rievocava, con dati ritenuti eccedenti, una vicenda di cui era stato protagonista diversi anni prima;

CONSIDERATO che nel reclamo è stato in particolare chiesto di rivolgere al titolare del trattamento avvertimenti o ammonimenti sul fatto che detti trattamenti avessero violato le disposizioni vigenti in materia, nonché di irrogare nei confronti di quest’ultimo, per le lamentate violazioni, una sanzione amministrativa;

CONSIDERATO che l’interessato ha lamentato in particolare che:

l’articolo, pubblicato in data 22 aprile 2022, richiamava, a distanza di ben cinque anni dal fatto, un episodio avvenuto a XX l’8 aprile 2017 che riguardava la pubblicazione da parte sua, in veste di alunno, di un videomessaggio sul proprio profilo Instagram nel quale insultava due sue insegnanti di scuola superiore;

a seguito della querela presentata nei suoi confronti da parte delle insegnanti era stato destinatario di un decreto penale di condanna al quale si era ritualmente opposto, anche in considerazione della successiva remissione della querela da parte di entrambe le persone offese (rispettivamente in data 19.08.2017 e 20.09.2018);

di tali ultime circostanze veniva anche dato atto nell’articolo in questione;

la vicenda giudiziaria si era inoltre conclusa con una sentenza di non doversi procedere nei suoi confronti per estinzione del reato a seguito di remissione di querela;

il suddetto articolo “non soltanto riportava nei minimi dettagli la vicenda storica (…) e le vicissitudini giudiziarie“ che lo avevano interessato, peraltro mai emerse o discusse in pubblica udienza, ma venivano indicati in modo puntuale il suo nome e cognome, l’età e il luogo di residenza.

non sussisteva, pertanto, alcun interesse pubblico ed attuale rispetto alla notizia riportata con riguardo ad “episodio accaduto ben cinque anni prima e al quale, al tempo della commissione, non era stato riservato alcun interesse giornalistico”;

“l’unico collegamento della vicenda con l’attualità è dato dalla pronuncia del Tribunale di XX del 24 marzo 2022, (…) di non doversi procedere” nei suoi confronti;

data la pubblicazione di tutti i suoi dati identificati risultava leso anche il principio di essenzialità dell’informazione e di minimizzazione dei dati;

rispetto alla rievocazione di fatti passati che non presentino un collegamento con l’attualità, come nel caso di specie, si richiamava poi, la giurisprudenza di legittimità ed i provvedimenti del Garante (Cass. civ. SS.UU. n. 19681/2019 e provv. Garante 16.12.2021) e la non necessarietà della rinnovata divulgazione dei dati identificativi dei protagonisti, nelle ipotesi in cui nessuno di essi abbia rivestito o rivesta un ruolo pubblico o i fatti narrati per il loro concreto svolgersi implichino il richiamo al nome dei protagonisti;

peraltro, a fronte di una richiesta di chiarimenti indirizzata al XX in data 7 luglio 2022 “per capire sulla base di quali motivazioni e argomentazioni giuridiche il quotidiano avesse ritenuto opportuno rendere pubblici i dati dei soggetti coinvolti” nella vicenda narrata, quest’ultimo si era limitato ad affermare di aver esercitato il diritto di cronaca;

VISTA la nota del 17 ottobre 2022 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento;

VISTA la nota del 28 ottobre 2022 con la quale la Athesis nel fornire il proprio riscontro ha evidenziato che:

il 24 marzo 2022 il Tribunale di XX pronunciava sentenza di non doversi procedere nei confronti del reclamante, per estinzione del reato;

il successivo 22 aprile il XX pubblicava il menzionato articolo dando notizia del fatto che aveva coinvolto il Sig. XX e di tutti i passaggi della vicenda giudiziaria;

l’epoca della sentenza “è sufficiente a realizzare e dimostrare l’attualità dell’interesse alla notizia” e sgomberare il campo “dall’equivoco” in cui sembra essere incorso il reclamante, citando la giurisprudenza relativa alla diversa fattispecie della “rievocazione”;

ferma l’attualità della notizia, “risulta dagli stessi fatti narrati, corrispondenti a verità, l’interesse pubblico alla loro conoscenza” rispetto a temi attuali come il disconoscimento dell’autorità e la scarsa consapevolezza nell’uso dei social da parte dei c.d. “leoni del web”;

la notizia di un video postato su Instagram nel quale il reclamante “tra bestemmie, frasi dialettali e minacce di morte, ha insultato due insegnanti, una delle quali dirigente scolastico, non poteva essere sottaciuta”;

data la gravità del fatto e la conoscenza degli esiti della vicenda definitasi con la menzionata sentenza “solo grazie alla remissione delle querele”, l’articolo “contribuisce (…) alla formazione della coscienza sociale e della consapevolezza” circa un uso maturo e responsabile dei social;

in tale situazione i dati del reclamante erano essenziali “per far capire ai lettori che i decreti di condanna e le querele non sono provvedimenti astratti” e non colpiscono ‘solo ”gli altri”;‘

“l’articolo non è stato pubblicato sul sito de XX e certamente non è rinvenibile nel web ora, né con l’utilizzo del motore di ricerca interno al sito, né con l’utilizzo di motori di ricerca generalisti”;

l’articolo risulta presente “solo in archivio dell’edizione cartacea e dell’edizione digitale del giornale, replica dell’edizione cartacea”;

VISTA la nota del 15 novembre 2022 con la quale il reclamante ha ribadito le proprie doglianze, ed in particolare che “non vi era alcuna necessità di rendere pubblici tutti i dati personali “, posto che l’asserito interesse pubblico alla conoscenza della notizia e le finalità di cronaca potevano essere perseguite anche senza la diffusione di tali dati, tenuto peraltro conto che più che un esercizio del diritto di cronaca fine a sé stesso, le argomentazioni della Athesis confermavano la presenza di considerazioni di natura prettamente morale;

VISTE le ulteriori deduzioni del 24 novembre 2002 con le quali la Società ha ribadito la propria richiesta di archiviazione degli atti sottolineando, in replica alle osservazioni del reclamante, che la notizia riguardava un procedimento penale appena conclusosi ed una sentenza appena pronunciata, letta pubblicamente in un’aula di un Tribunale, in relazione alla quale né il giudice ha disposto, né l’interessato ha richiesto l’omissione dei dati personali ai sensi dell’art. 52 del Codice in materia di protezione dei dati personali;

VISTA la nota di questa Autorità del 6 aprile 2023 con la quale, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, è stato comunicato alla Athesis l’avvio del procedimento per l’eventuale adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento e le presunte violazioni di legge, individuate, nel caso di specie, nella violazione dell’art. 5, par. 1, lett. a) e c), del Regolamento e degli artt. 137, comma 3, del Codice e 6delle Regole deontologiche;

VISTA la memoria del 5 maggio 2023 (corredata dall’allegazione della documentazione relativa alla XX “ ed al XX”), con la quale la Società, nel ribadire la propria richiesta di archiviazione del procedimento, ha rappresentato che:

l’articolo contestato è presente solo negli archivi, cartaceo ed informatico, della testata giornalistica “XX”;

l’articolo “non è mai stato pubblicato sul sito web e non è reperibile in rete né con l’utilizzo del motore di ricerca interno al sito, né con l’utilizzo dei motori di ricerca generalisti”;

al momento della pubblicazione, si “ritiene acquisita la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla conoscenza dei fatti”, anche in ragione della formulazione della comunicazione di avvio del procedimento, posto che la notizia ha riguardato un procedimento penale da poco concluso, con la lettura, in pubblica udienza della sentenza;

“il trattamento è avvenuto a fini di cronaca giornalistica ed è riferito ad una condotta penalmente rilevante (diffamazione e minacce) posta in essere da uno studente ai danni delle sue professoresse, tramite pubblicazione di un video sui social”;

l’acquisizione dei dati personali del reclamante è stata conseguente alla lettura della sentenza in pubblica udienza, nonché alla natura pubblica del provvedimento giudiziale;

la diffusione del luogo di residenza non ha riguardato l’indirizzo di casa del reclamante, ma la sola denominazione del Comune di XX di circa 25.000 abitanti;

sulla base dell’art. 52 del Codice privacy “fuori dai casi indicati nel presente articolo, è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali” e, naturalmente, all’interno del “contenuto” sono presenti i dati personali dell’imputato, compreso il luogo, la data di nascita e l’indirizzo;

è mancata, nel caso in esame, l’apposizione sull’originale della sentenza dell’annotazione volta a precludere l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi dell’interessato presenti nel provvedimento;

la libera diffusione dei dati contenuti nei provvedimenti giudiziari costituisce la regola fondata sull’interesse pubblico alla conoscenza e al controllo dell’attività giudiziaria, né nel caso di specie sono state dedotte “ragioni personali forti, prevalenti e dimostrate”;

“la fattispecie penale, di diffamazione e minacce a mezzo social, è estranea alle ipotesi tipizzate come degne di particolare cautela e (…) il sig. XX non è vittima di reato;

l’Autorità Garante ha più volte affermato la liceità della diffusione dei dati relativi a persone interessate da procedimenti penali in qualità di indagati, imputati o condannati e va inquadrata nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività giudiziaria e tale orientamento è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione;

nel caso specifico a tali ragioni si aggiungono anche quelle ulteriori legate alla circostanza che il video, volontariamente girato e postato dal reclamante dal suo profilo Instagram, conteneva minacce e notizie atte a ledere la reputazione delle insegnanti che erano state più volte nominate e la cui identità era nota a tutti; era visionabile da tutti i contatti del reclamante; le insegnanti erano persone note una delle quali ora è dirigente scolastico;

tali elementi definiscono l’essenzialità della pubblicazione dei dati identificativi in ragione della originalità dei fatti narrati (minacce e diffamazione via social); delle relative modalità, essendosi svolti non solo “pubblicamente” attraverso la diffusione del video, ma “ostentatamente”, stante la diffusione voluta e ripetuta dei nomi delle insegnanti e dello stesso studente, nonché della particolarità dei soggetti coinvolti;

la Società ha da tempo, come documentato, dedicato strumenti e risorse per garantire i diritti degli interessati;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

RILEVATO che – come più volte sostenuto dall’Autorità – al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per finalità giornalistiche, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 ss. del Codice) e sempre che vengano effettuati nel rispetto del principio dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico (art. 6 delle “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”, pubblicate in G.U. 4 gennaio 2019, n. 3, doc. web n. 9067692);

RILEVATO che:

l’articolo oggetto di reclamo riguarda una vicenda emblematica, che investe il mondo della scuola ed il rapporto tra insegnanti e studenti;

l’articolo, benché riferito ad un episodio accaduto diversi anni prima, è comparso nell’edizione cartacea del 22 aprile 2022 del quotidiano “XX”, a diffusione per lo più locale, solo successivamente alla sentenza di non doversi procedere nei confronti del reclamante per intervenuta remissione delle querele sporte dalle insegnanti coinvolte, emessa dal Tribunale di XX in data 24 marzo 2022;

nell’articolo contestato, oltre alla descrizione delle modalità di svolgimento della vicenda si è dato atto dei relativi esiti giudiziari di poco antecedenti, fornendo in tal modo elementi di contestualizzazione degli avvenimenti;

l’articolo si riferisce ad una vicenda di interesse generale, nel pur circoscritto ambito territoriale che è stato teatro degli avvenimenti, in considerazione del profilo di denuncia di comportamenti relativi al contesto scolastico ed ai rapporti tra insegnanti e studenti che, anche grazie ad un uso non corretto dei social, possono assumere una portata diffusiva non priva di conseguenze, e, quindi, dello scopo del giornalista di fornire un’informazione che desse conto e al contempo dissuadesse da azioni - quando ci si ritenga vittime di giudizi negativi ingiusti - minacciose e dirette a ledere la reputazione degli insegnanti e a delegittimarne il ruolo;

nell’articolo, peraltro, si è ricostruita la vicenda senza indulgere in alcun commento o particolare lesivo della dignità del reclamante;

il riferimento al nome e cognome del reclamante è stato richiamato unitamente a quello degli altri protagonisti del caso ed in relazione al relativo svolgimento, al fine di fornire proprio un quadro puntuale e chiaro dell’accaduto, anche rispetto al richiamato procedimento penale ed ai relativi esiti definiti poco prima, così da consentire al lettore di comprendere la portata della notizia ed al giornalista di esprimere il proprio legittimo diritto di cronaca e di critica;

anche il riferimento all’età e la generica indicazione del Comune di residenza del reclamante (anche in considerazione del fatto che l’articolo era inserito nella pagina 23 della cronaca dei Comuni di XX e di XX), non appaiono idonei a giustificare il lamentato travalicamento del principio di essenzialità dell’informazione, tenuto conto del ruolo rivestito dallo stesso nel contesto dei fatti narrati;

inoltre, Autorità ha più volte precisato che la pubblicazione dei dati identificativi delle persone interessate da un procedimento penale, in qualità di indagati, imputati o condannati, non è preclusa dall’ordinamento vigente, dovendosi inquadrare nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività di giustizia e l’acquisizione lecita dei dati, nel corso di pubbliche udienze, non può ritenersi contraria al principio di essenzialità dell’informazione (in particolare provv. n.489 del 24 novembre 2016, doc. web. 5905569, ma anche provv. n. 409 del 12 ottobre 2017, doc. web. n. 7273804 e provv. n. 38 del 7 febbraio 2019, doc. web n. 9101651);

CONSIDERATO, in particolare, che l’articolo, allegato al reclamo nella versione cartacea, non è mai stato pubblicato nel sito web della testata giornalistica, come dichiarato in atti e risulta presente solo nei relativi archivi;

RITENUTO, per le ragioni sopra esposte, che il trattamento posto in essere dall’editore nei confronti del quale il reclamo è stato proposto non può ritenersi illecito e non è quindi idoneo a sostenere la richiesta dei provvedimenti correttivi e sanzionatori richiamati dal reclamante;

RITENUTO, pertanto, di dover dichiarare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 21 dicembre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei