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Provvedimento del 2 marzo 2023 [9872567]

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[doc. web n. 9872567]

Provvedimento del 2 marzo 2023

Registro dei provvedimenti
n. 59 del 2 marzo 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il dott. Claudio Filippi, vice segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (di seguito “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, di seguito “Codice”) come novellato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679”;

VISTO il reclamo del 27 novembre 2021 con il quale i sig.ri XX e XX hanno lamentato una presunta violazione del Regolamento da parte della XX di XX;

ESAMINATA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE l’avv. Guido Scorza;

PREMESSO

1. Premessa.

Con il reclamo del 27 novembre 2021, i sig.ri XX e XX, rappresentati dall’avv. XX, hanno lamentato l’installazione, da parte della XX di XX (di seguito “la azienda agricola”), di un impianto di videosorveglianza le cui telecamere risultavano potenzialmente idonee a riprendere anche le aree di proprietà e di pertinenza dei reclamanti.

Con la richiesta di informazioni dell’8 aprile 2022, formulata ai sensi dell’art. 157 del d.lgs. n. 196 del 2003, Codice in materia di protezione dei dati personali e notificata attraverso il Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza, questo Dipartimento, avviava il procedimento invitando la azienda agricola a riferire in ordine all’oggetto della doglianza e contestualmente delegava il Nucleo ad effettuare le opportune verifiche.

Nel corso dell’accertamento ispettivo, veniva rilevato che il sistema di videosorveglianza era composto da due impianti attivi e funzionanti e separati tra loro, composti, rispettivamente da 6 telecamere, quello ubicato presso l’immobile principale dove c’è l’abitazione dei titolari e una corte esterna e 4 telecamere, quello collocato presso un fabbricato agricolo.

La finalità del trattamento è da individuarsi nella sicurezza e nella tutela del patrimonio.

Dagli accertamenti è emerso che effettivamente le telecamere riprendevano, oltre alle aree di pertinenza dell’Azienda agricola, anche alcuni tratti della strada poderale oltre ad alcune porzioni delle proprietà private confinanti.

Il tempo di conservazione delle immagini è risultato essere pari a dodici giorni.

2. L’avvio del procedimento sanzionatorio

Con la comunicazione del 7 settembre 2022, l’Ufficio notificava all’Azienda agricola l’atto di avvio del procedimento sanzionatorio, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice in relazione alla violazione dell’art. 5, par. 1, lett. a) e c) del Regolamento (con particolare riferimento all’angolo di visuale eccedente i luoghi di propria spettanza e ai tempi di conservazione delle immagini) e dell’art. 6 del Regolamento.

In data 4 novembre 2022, l’avv. XX, nell’interesse della sig.ra XX, inviava le memorie difensive, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689/1981, e, nel fornire informazioni e precisazioni sui fatti oggetto della vicenda, rappresentava preliminarmente che:

“La sig.ra XX è la titolare dell’XX di XX, sita in XX (FI), XX...”

“I rapporti con i vicini XX e XX si sono dimostrati, sin da subito, particolamìrmente complessi; sin dall’acquisto del compendio in loco, come detto effettuato dalla sig.ra XX nell’anno 2007, la stessa è stata continuamente oggetto di azioni vessatorie, molestie, pretese, imposizioni e ingerenze nella propria vita privata e nell’attività agricola, non avendo mai in parte tali fratelli evidentemente digerito la vendita di un compendio effettuato dal fratello XX ad un “estraneo” dal circolo della parentela, proprio perché tale vendita ha messo fine all’arbitrario utilizzo delle pertinenze dallo stesso cedute.”

L’installazione dell’impianto di videosorveglianza da parte della sig.ra XX è stata “mera conseguenza delle ripetute violazioni del proprio domicilio e per necessità di tutelare la propria persona e proprietà da atti di intrusione, danneggiamento e violazione come narrato nelle numerose segnalazioni ed esposti depositati avanti la competente Autorità giudiziaria, alla quale sono stati chiesti nel tempo provvedimenti interdittivi cautelari e di allontanamento (cfr. ad esempio doc. ti 5, 6 e 7)”.

L’impianto di videosorveglianza è stato installato “proprio su consiglio delle locali Forze dell’ordine in quanto resosi necessario per prevenire le continue violazioni di proprietà e atti di danneggiamento segnalati via via nel tempo alla competente Autorità giudiziaria”. Considerato che la signora XX, titolare dell’Azienda agricola, risiede nell’immobile, l’impianto è essenzialmente anche a protezione della sua privata dimora.

In tali segnalazioni si chiedeva peraltro l’adozione “di misure di allontanamento nei confronti di XX temendo la sig.ra XX per la propria incolumità”.

In relazione all’angolo visuale di ripresa delle videocamere (che sono ad ottica fissa) e ai tempi di conservazione delle immagini, la parte ha dichiarato che la regolazione delle telecamere è avvenuta “al fine di avere una buona valutazione visiva sulle proprietà e nel rispetto delle proprietà confinanti...”

La parte ha inoltre precisato che la telecamera “interno corte di esclusiva proprietà XX ha un angolo sulla porta lignea completamente decomposta posizionata sulla parete della stanza confinante facente parte di ex stalla ad oggi completamente in disuso (e puntellata in quanto pericolante) atteso che da tale porta in più occasioni si sono illecitamente introdotti il XX e il padre XX, sempre in orari notturni e in giornate in cui la XX era assente dalla residenza. Si rappresenti peraltro che tale “punto luce” e finestra non hanno alcuna protezione che possa prevenire accessi da parte da parte di estranei nella proprietà di XX, tale varco presenta un facile accesso per malfattori sulla proprietà XX, proprio perché la ex stalla (non essendo un compendio ad uso abitativo) di proprietà XX è fatiscente e di facile effrazione”.

È stato, inoltre, dichiarato che la strada poderale a fondo chiuso, ripresa dalle telecamere, è di proprietà della sig.ra XX.

Nelle memorie difensive si è dato infine atto che, successivamente all’avvio del procedimento da parte del Dipartimento, “A far tempo dallo scorso mese di ottobre si è dato dunque luogo alla effettuazione degli interventi correttivi sulle telecamere segnalate da codesto Ufficio…”.

Al riguardo è stata prodotta anche la relazione del tecnico installatore dalla quale si rileva “di aver provveduto alla modifica dell’angolo di visuale delle telecamere alle aree di stretta pertinenza nonché alla verificata correttezza della durata dei tempi di conservazione delle immagini sino al massimo di una settimana”.

3. L’esito dell’istruttoria.

All’esito dell’esame della documentazione prodotta e delle dichiarazioni rese dalla parte nel corso del procedimento, premesso che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice, risulta accertata l’effettuazione di un trattamento di dati personali non conforme alla disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali contenuta nel RGPD.

L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza può determinare, in relazione al posizionamento delle telecamere e alla qualità delle immagini riprese, un trattamento di dati personali.

Tale trattamento deve essere effettuato nel rispetto dei principi di liceità, correttezza, trasparenza (art. 5, par. 1, lett. a) e minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. c) del Regolamento) e deve essere effettuato sulla base di un adeguato presupposto di liceità (art. 6 del Regolamento), con conseguente applicazione, se del caso, dei provvedimenti correttivi da parte dell’Autorità.

Nell rispetto dei richiamati principi, il titolare è tenuto a informare gli interessati della presenza delle videocamere mediante l’apposizione di idonei cartelli informativi.

Il trattamento deve essere poi effettuato con modalità tali da limitare l’angolo visuale all’area effettivamente da proteggere, evitando, per quanto possibile, la ripresa di luoghi circostanti e di particolari che non risultino rilevanti (vie, altri edifici, terreni di terzi, ecc.) e deve essere sorretto da una idonea base giuridica.

La necessità di utilizzare la videosorveglianza a protezione degli interessi legittimi di un titolare si arresta, infatti, ai confini delle aree di propria pertinenza.

Anche nei casi in cui si renda necessario, in relazione alle circostanze di luogo, estendere la videosorveglianza alle immediate vicinanze dell’area da proteggere, il titolare del trattamento deve comunque mettere in atto misure idonee a evitare che il sistema di videosorveglianza raccolga dati anche oltre le aree di pertinenza, eventualmente oscurando tali aree (vedi in proposito Linee Guida n. 3/2019 del Comitato europeo per la protezione dei dati sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video, punto 27).

Ciò vale anche con riferimento alla possibilità (che appare ricorrere nel caso di specie) in cui il trattamento possa includere finalità di protezione del domicilio privato della persona fisica, titolare dell’Azienda agricola.

In base all’art. 2, par. 2, del Regolamento, il trattamento effettuato da una “persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico” è fuori dall’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di protezione dati.

Al riguardo il Considerando n. 18 del Regolamento specifica che si considera attività a carattere esclusivamente personale o domestico quella effettuata senza che si realizzi una connessione con un’attività commerciale o professionale.

L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza da parte di persone fisiche nelle aree di diretto interesse (quali quelle inerenti al proprio domicilio e le sue pertinenze) sono quindi da ritenersi, in linea di massima, escluse dall’ambito di applicazione materiale del Regolamento, perché rientranti tra i trattamenti effettuati per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale e domestico.

Ciò però a condizione che:

l’ambito di comunicazione dei dati non ecceda la sfera familiare del titolare e le immagini non siano oggetto di comunicazioni a terzi o diffusione;

il trattamento non si estenda oltre gli ambiti di stretta pertinenza riprendendo immagini in aree comuni (anche di tipo condominiale quali scale, androni, parcheggi), luoghi aperti al pubblico (vie o piazze), o aree di pertinenza di terzi (giardini, terrazzi, porte o finestre di pertinenza di terzi).

Al riguardo si evidenzia che la Corte di giustizia dell’Unione europea, si è espressa nel senso che l’utilizzo di un sistema di videocamera installata da una persona fisica nella propria abitazione familiare per proteggere i beni, la salute e la vita degli abitanti ma che riprende parimenti lo spazio pubblico, non rientra in un’attività esclusivamente personale o domestica, essendo il trattamento dei dati che ne deriva diretto verso l’esterno della sfera privata della persona che procede allo stesso.

Ne discende quindi che è possibile installare sistemi di ripresa video, senza dover adempiere agli obblighi previsti dalle norme in materia di protezione dei dati personali, purché l’angolo di visuale delle telecamere sia limitato alle sole zone di propria pertinenza, anche eventualmente attraverso l’attivazione di una funzione di oscuramento delle parti eccedenti.

In casi eccezionali e in presenza di particolari situazioni di rischio effettivo, il titolare del trattamento può, sulla base di un legittimo interesse, estendere la ripresa delle videocamere anche ad aree pubbliche o aperte al pubblico, immediatamente prossime a quelle di pertinenza, a condizione però che lo spazio pubblico ripreso sia solo quello immediatamente prospicente agli accessi alla propria abitazione e che tale estensione risulti necessaria e proporzionata, in relazione al contesto, per assicurare una protezione efficace.

In questi casi è tuttavia necessario che l’entità e l’attualità della minaccia siano adeguatamente documentate (ad esempio da denunce di minacce, furti o atti di vandalismo); circostanza che ricorre nel caso di specie.

Non è comunque mai ammissibile la ripresa di spazi pubblici o comuni che non hanno un immediato collegamento con le aree di pertinenza o la ripresa di aree di pertinenza di terzi.

Alla luce delle considerazioni sopra riportate, si rileva quindi che, almeno fino agli interventi correttivi di cui si è dato atto negli scritti difensivi, il trattamento di dati personali posto in essere dalla sig. ra XX, titolare dell’XX”, risulta illecito poiché effettuato in maniera non conforme ai principi di “liceità” e di “minimizzazione” dei dati, in violazione dell’art. 5, par. 1, lett. a) e c) e dell’art. 6 del Regolamento, in considerazione del fatto che le telecamere riprendevano “alcune porzioni delle proprietà altrui, direttamente confinanti” (cfr. Verbale accertamenti ispettivi, all. 3).

Considerato, tuttavia, che le documentate circostanze rappresentate negli scritti difensivi sono da ritenersi meritevoli di considerazione ai fini della valutazione della condotta e che la stessa ha esaurito i suoi effetti, avendo il titolare del trattamento dichiarato “di aver provveduto alla modifica dell’angolo di visuale delle telecamere alle aree di stretta pertinenza nonché alla verificata correttezza della durata dei tempi di conservazione delle immagini sino al massimo di una settimana”, il caso può essere qualificato come “violazione minore”, ai sensi dell’art. 83, par. 2 e del Considerando 148 del Regolamento.

Si ritiene, pertanto, sufficiente ammonire il titolare del trattamento ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b), del Regolamento.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento del Garante n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE

a) dichiara, ai sensi degli artt. 57, par. 1, lett. a) e 83 del Regolamento, l’illiceità del trattamento effettuato dalla XX di XX ditta individuale (P. Iva XX), con sede in XX (FI), XX, nei termini di cui in motivazione, per la violazione dell’art.5, par. 1, lett. a) e c) e dell’art. 6 del Regolamento;

b) ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b) del Regolamento ammonisce il medesimo titolare del trattamento per la violazione dell’art.5, par. 1, lett. a) e c) e dell’art. 6 del Regolamento;

DISPONE

l’annotazione nel registro interno dell’Autorità delle violazioni e delle misure adottate ai sensi dell’art. 58, par. 2, del RGPD con il presente provvedimento, come previsto dall’art. 17 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento (UE) 2016/679, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo individuato nel medesimo art. 10, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 2 marzo 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Scorza

IL VICE SEGRETARIO GENERALE
Filippi