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Provvedimento del 27 gennaio 2022 [9745301]

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[doc. web n. 9745301]

Provvedimento del 27 gennaio 2022

Registro dei provvedimenti
n. 24 del 27 gennaio 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 9 settembre 2021 dal sig. XX, nei confronti di Google LLC, con il quale è stata chiesta la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome di tre URL rinvianti ad articoli pubblicati on-line nel 2020 relativi a vicende giudiziarie che lo hanno riguardato nella sua attività di commercialista;

CONSIDERATO che il reclamante ha rappresentato che:

- gli URL indicati nel reclamo determinano una violazione del diritto all’oblio, in quanto l’indagine per concorso in truffa aggravata, che era stata avviata a suo carico, è stata da tempo definita, nel 2010, in sede di appello, con l’assoluzione;

- nel 2018 ha ottenuto dalla Prefettura di XX l’autorizzazione a cambiare il proprio cognome da “XX” in “XX” proprio per sfuggire al danno alla reputazione risultante dal web che durava dal 2006, essendo risultato vano ogni tentativo di richiesta di deindicizzazione effettuata a Google a seguito dell’assoluzione avvenuta nel 2010;

- tuttora compaiono, in corrispondenza a ricerche effettuate con il proprio attuale nominativo, tre URL che “inspiegabilmente” evidenziano anche il precedente cognome, mettendo quindi nuovamente in evidenza la sua pregressa vicenda giudiziaria e, soprattutto, vanificando la successiva variazione del cognome, senza che ciò possa essere sostenuto da alcun interesse attuale della collettività;

- non ha mai ricevuto notizia ufficiale di apertura di nuove ed ulteriori indagini nei suoi confronti, delle quali danno conto gli articoli reperibili nei succitati URL;

- il mettere in evidenza la modifica del proprio cognome costituisce atto privo di qualsiasi ragione, se non quella di ledere nuovamente la sua reputazione, quasi a voler appositamente rendere l’immagine di una persona adusa a delinquere, nonostante l’assoluzione ricevuta;

PRESO ATTO che il reclamante ha precisato di aver inviato Google una richiesta di deindicizzazione avente ad oggetto gli URL in questione, e che tale richiesta è stata rigettata;

VISTA la nota del 9 settembre 2021, con la quale questa Autorità ha chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento, di fornire elementi in ordine alla richiesta del reclamante e di far conoscere l’eventuale intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 28 settembre 2021, con la quale Google ha rappresentato che:

- l’interessato ha chiesto la rimozione per diritto all’oblio di 3 URL che indirizzano a pagine web pubblicate nel 2020 aventi ad oggetto un procedimento penale nel corso del quale lo stesso è attualmente indagato, insieme ad altri soggetti, dalla Procura della Repubblica di XX, in relazione ad una presunta associazione a delinquere finalizzata a turbare le aste giudiziarie di detto Tribunale, attraverso la corruzione in atti giudiziari e la violazione del segreto d’ufficio;

- con riferimento all’URL https://.../, la relativa pagina web non risulta essere visualizzata tra i risultati di ricerca di Google associati al nome del reclamante, pertanto non è necessario alcun intervento da parte della Società;

- con riferimento agli altri due URL, ha deciso di non prendere provvedimenti per i seguenti motivi:

a) la sussistenza di interesse generale alla reperibilità della notizia, in quanto gli URL in questione riferiscono di un procedimento penale attualmente pendente, nel corso del quale il reclamante è indagato per gravi reati (cfr. punto 13 delle Linee Guida del WP art. 29 del 26 novembre 2014); la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 2010 non ha nulla a che vedere con il procedimento penale oggetto delle informazioni cui rinviano gli URL indicati nel reclamo, relative ad una vicenda completamente diversa;

b) il reclamante è indagato per i reati asseritamente compiuti nell’esercizio della sua professione di commercialista, un’attività che lo stesso esercita tuttora; egli quindi rientra tra i soggetti che le citate linee guida annoverano tra coloro che svolgono un ruolo nella vita pubblica per effetto della professione svolta (cfr. Linee Guida, cit., pag. 13);

c) la recente data di pubblicazione degli URL in questione e la natura giornalistica dei contenuti ivi pubblicati;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

- nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall’art. 3, par. 1;

- il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell’art. 55, par. 1, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

VISTI gli artt. 17 e 21, par. 1, del Regolamento;

PRESO ATTO che Google, con riguardo all’ URL https://..., ha dichiarato che lo stesso non è reperibile in associazione al nominativo dell’interessato e di non poter pertanto adottare misure in merito;

RITENUTO pertanto che, riguardo all’URL suddetto, non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità; 

CONSIDERATO, in merito all’istanza di rimozione dei due restanti URL in esame, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo – oggettivamente non invocabile nel caso di specie – anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 sopra citate, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RITENUTO di dover tenere in considerazione, in particolare, quanto indicato nei punti 2 e 5 delle richiamate Linee Guida del 2014, in base alle quali il pubblico deve avere la possibilità di cercare informazioni su soggetti che svolgono un ruolo nella vita pubblica, e rilevato che tra questi rientrano, ad esempio, anche liberi professionisti (cfr. provv. del 29 ottobre 2020 doc. web n. 9559901 e provv. del 2 luglio 2020, doc web n. doc. web n. 9445918);

RILEVATO che:

- gli URL di cui si chiede la rimozione riportano ad articoli pubblicati nel 2020 da testate on-line regolarmente registrate che riferiscono di un procedimento penale attualmente pendente, nel corso del quale il reclamante è indagato per una presunta associazione a delinquere finalizzata a turbare le aste giudiziarie del Tribunale di XX, attraverso la corruzione in atti giudiziari e la violazione del segreto d’ufficio;

- l’aver pubblicato anche il precedente cognome del reclamante (con la formula “già …”, posta tra parentesi, accanto a quello attuale), non configura, in sé, una lesione del diritto all’oblio, in quanto tale cambiamento è un fatto realmente avvenuto, in tempi peraltro recenti (2018), e legittimamente un organo di informazione, laddove in ciò ravvisi un possibile interesse del pubblico, può farvi riferimento, purché risultino con chiarezza le nuove generalità dell’interessato;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione dei due restanti URL;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f) del Regolamento:

a) prende atto di quanto dichiarato da Google in ordine al fatto che l’URL https://...  non risulta reperibile in associazione al nominativo dell’interessato e ritiene pertanto che non vi siano i presupposti per adottare misure in merito da parte dell’Autorità;

b) dichiara il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli URL indicati nella memoria di risposta di Google con i numeri 1 e 2 per le ragioni di cui in premessa.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 27 gennaio 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei