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Parere su istanza di accesso civico - 7 gennaio 2022 [9742743]

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[doc. web n. 9742743]

Parere su istanza di accesso civico - 7 gennaio 2022

Registro dei provvedimenti
n. 2 del 7 gennaio 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell'organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web, n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame su un provvedimento di diniego di un accesso civico.

Dall’istruttoria risulta che è stata presentata una richiesta di accesso civico – ai sensi dell’art. 5 comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 – avente a oggetto copia del «curriculum vitae o atto equipollente» di due soggetti che prestano servizio presso un «organismo di certificazione, ispezione e controllo accreditato» indentificato in atti e, in particolare, di «tutta la documentazione in grado di attestar[e] il possesso dei requisiti necessari ed indispensabili per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, d.m. 11 aprile 2011 (in particolare, criteri meglio descritti nell’allegato I del d.m.)».

L’amministrazione ha negato l’accesso civico – anche alla luce dell’opposizione presentata dai soggetti controinteressati – per motivi di protezione dei dati personali, rappresentando «che nel caso specifico p[uò] determinarsi con verosimile probabilità un pregiudizio concreto a seguito della divulgazione dei dati innanzi richiamati, che esporrebbe a grave e reale pericolo il diritto dei controinteressati alla riservatezza dei medesimi».

Il richiedente l’accesso civico ha presentato una richiesta di riesame del provvedimento di diniego al RPCT del Ministero (art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013), ritenendolo non legittimo e insistendo nelle proprie richieste.

OSSERVA

Il caso sottoposto all’attenzione del Garante riguarda l’ostensione, tramite l’istituto dell’accesso civico, di curriculum e documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti dalla disciplina di settore (all. 1 del d.m. 11/4/2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) per effettuare le verifiche periodiche sulle attrezzature di lavoro previste dall’art. 71, comma 11, del d. lgs. n. 81 del 9/4/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (e più specificamente riportate nell’allegato VII del citato decreto).

Si tratta di documentazione – contenente dati e informazioni personali, anche di dettaglio, di diversa natura e specie – detenuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in quanto a esso trasmessa da una Società ai fini della richiesta di abilitazione dei due soggetti identificati in atti all’effettuazione delle verifiche sulle attrezzature di lavoro di cui all’allegato VII del d. lgs. n. 81/2008 per conto della Società stessa.

In ordine alla richiesta di accesso civico presentata, si ricorda che, ai sensi della normativa di settore, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

In relazione ai profili di competenza di questa Autorità, si evidenzia, che l’art. 5-bis del d. lgs. n. 33/2013 prevede che l’accesso civico debba essere rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (comma 2, lett. a). Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Ciò premesso, occorre tener presente che tra le valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono) tramite l’istituto dell’accesso civico deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti che si ricevono tramite una richiesta di accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).

Ciò, anche tenendo conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

In tale contesto – conformemente ai precedenti orientamenti del Garante in materia di accesso civico (cfr. pareri n. 156 del 17/9/2020, in www.gpdp.it, doc. web n. 9464939; n. 200 del 7/11/2019, ivi, doc. web n. 9196072; n. 162 del 30/3/2017, ivi, doc. web n. 6393422) – si ritiene che, ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico, l’amministrazione abbia correttamente respinto l’accesso civico ai documenti richiesti.

Dagli atti risulta, infatti, che «la documentazione oggetto dell’istanza di accesso civico generalizzato di cui si discute è stata sottoposta alle valutazioni dell’apposita Commissione, prevista al punto 3.1. dell’Allegato III al decreto 11 aprile 2011, la quale ha riconosciuto il possesso dei requisiti richiesti dal punto 1, lettera d), punti 1, 2 e 3 (titolo di studio ed esperienza) e dal punto 3 (formazione) dell’Allegato I al medesimo decreto per poter abilitare [i soggetti controinteressati]».

Al riguardo, non si concorda con quanto sostenuto nella richiesta di riesame del diniego all’accesso civico dal soggetto istante, laddove si asserisce che nel caso di specie il limite previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 non potrebbe trovare applicazione in quanto ai soggetti controinteressati «viene affidato un pubblico incarico» consistente nella «verific[a dello] stato delle attrezzature di lavoro».

Tale orientamento non appare supportato da alcun fondamento normativo e d’altronde anche la normativa in materia di trasparenza non ha previsto alcun riferimento o regime di pubblicità per le informazioni richieste.

Al contrario, si ritiene che un eventuale riconoscimento dell’accesso civico generalizzato alla documentazione oggetto dell’istanza, unita alla generale conoscenza e al particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico – come sostenuto dal Ministero – potrebbe effettivamente arrecare ai soggetti controinteressati un pregiudizio concreto alla protezione dei relativi dati personali.

Con particolare riferimento al caso in esame, si rappresenta infatti che la documentazione oggetto di accesso e trasmessa a questa Autorità dal Ministero ai fini dell’istruttoria – che consta dei curricula e degli allegati comprendenti altri titoli dei soggetti controinteressati – contiene numerosi dati personali e dettagliate informazioni sull’attività svolta divisa per periodi temporali risalenti fino agli anni 1995-98 e in particolare su quella di tipo lavorativo prestata in diversi contesti nel corso degli anni.

Si tratta non solo di dati identificativi, anagrafici, di  residenza, di contatto (fra cui e-mail e numeri di telefono professionale e personale), nazionalità, codice fiscale e stato civile; ma anche di notizie di carattere professionale e privato che, per motivi individuali, non sempre si desidera portare a conoscenza di soggetti estranei e la cui ostensione – in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi – può integrare proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013. Il riferimento è alla dettagliata descrizione di tutte le esperienze professionali effettuate e dei lavori svolti con dettagli sull’inquadramento e funzioni assunte; delle società presso cui si è lavorato; dei contratti stipulati; degli interventi effettuati; dell’istruzione e della formazione ricevuta; delle competenze linguistiche e informatiche acquisite; delle competenze relazionali e organizzative; del tipo di patente posseduta; dell’adempimento degli obblighi alla leva; della partecipazioni a commissioni; della partecipazione a corsi di formazione e aggiornamento, nonché a convegni, seminari, fiere ed esposizioni, ecc., anche risalenti nel tempo.

Tenuto conto della varia tipologia e della natura dei dati e delle informazioni personali contenuti nella documentazione oggetto dell’istanza di accesso civico nel caso in esame, la relativa integrale ostensione determina un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, con possibili ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013; art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD). Ciò, anche considerando le ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dall’amministrazione, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti tramite l’accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

Quanto alla richiesta del soggetto istante contenuta nell’istanza di riesame del provvedimento di diniego dell’accesso civico volta a ottenere l’ostensione della documentazione richiesta previo oscuramento di alcuni dati dei soggetti controinteressati ritenuti delicati quali ad esempio «data di nascita, numero di fax/e-mail», si evidenzia che tale accorgimento non è idoneo a modificare le considerazioni sopra effettuate in ordine alla sussistenza del limite contenuto nell’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013, in quanto i soggetti controinteressati rimarrebbero in ogni caso identificati.

A ciò si aggiunge che peraltro, nel caso in esame e per i motivi su esposti, le informazioni di dettaglio contenute nella documentazione richiesta impedirebbero di poter accordare finanche un eventuale accesso civico parziale ai sensi dell’art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013 tramite oscuramento degli stessi dati identificativi dei soggetti controinteressati (nome e cognome), in quanto tale accorgimento non elimina del tutto la possibilità che i controinteressati siano identificati indirettamente tramite gli ulteriori dati di contesto contenuti nella documentazione richiesta.

Per completezza, si ricorda che resta in ogni caso ferma la possibilità che i dati personali per i quali sia stato negato l’accesso civico possano essere resi ostensibili, laddove il soggetto istante, riformulando eventualmente l’istanza ai sensi della diversa disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi (artt. 22 ss. della l. n. 241 del 7/8/1990), motivi nella richiesta l’esistenza di un interesse “qualificato” e l’amministrazione ritenga sussistere, alla luce di quanto riportato dal soggetto istante, «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso» che possa per altro verso consentire l’ostensione della documentazione richiesta.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 7 gennaio 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione