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Provvedimento del 16 dicembre 2021 [9742485]

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[doc. web n. 9742485]

Provvedimento del 16 dicembre 2021

Registro dei provvedimenti
n. 441 del 16 dicembre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti e il dott. Claudio Filippi, vice segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo del 24 gennaio 2019 presentato ai sensi dell’art. 77 del Regolamento dal dott. XX nei confronti di Sistemi Territoriali S.p.A.;

ESAMINATA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

PREMESSO

1. Il reclamo nei confronti della società e l’attività istruttoria.

1.1. Con reclamo del 24 gennaio 2019, presentato ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, il dott. XX ha lamentato che Sistemi Territoriali S.p.A. (di seguito, la società) avrebbe effettuato trattamenti di dati personali in violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali e di norme di settore mediante l’estrazione di un certificato del casellario giudiziale a sé riferito (in data 22.3.2018) e la successiva trasmissione a XX (con nota del 30.3.2018), presso la quale il reclamante ricopriva il ruolo di sindaco supplente. Il certificato conteneva informazioni relative all’emissione di una sentenza di applicazione della pena, su richiesta delle parti, con beneficio della sospensione condizionale della pena. In base a quanto rappresentato con il reclamo, la società “non avrebbe potuto richiedere […] al SIC notizie di reato in merito ai soggetti di cui al comma 3 dell’art. 80 D. Lgs. 50/2016 eccedenti quelli previsti nello stesso articolo in quanto né pertinenti né indispensabili”. Inoltre la società avrebbe illecitamente effettuato l’accesso ai sistemi informativi del casellario, in ragione del fatto che il ruolo ricoperto dal reclamante, all’interno della società (“sindaco supplente”), non rientrerebbe tra quelli per i quali è applicabile la disciplina di settore, in materia di appalti pubblici. I trattamenti oggetto di reclamo hanno altresì comportato, secondo quanto lamentato, “gravissimo danno alla reputazione, alla stima, al decoro e all’onore personale e professionale” del reclamante “che ha subito, inoltre e a causa di ciò, la conseguenza di essere stato estromesso ipso facto anche dall’incarico di sindaco effettivo della XX, oltre che di sindaco supplente della XX”.

1.2. L’Ufficio, con nota del 3 maggio 2019, ha chiesto alla società di fornire informazioni e chiarimenti sui fatti oggetto di reclamo. Con nota dell’11 giugno 2019, nel fornire riscontro alle richieste dell’Ufficio, la società ha dichiarato che:

a. “operando nei c.d. «Settori speciali», ha provveduto […] a istituire e gestire un proprio sistema di qualificazione degli operatori economici” (v. nota 11.6.2019, p. 2);

b. “nell’ambito del «Modulo di autocertificazione per l’iscrizione all’Albo Fornitori» [XX] indicava fra gli altri, al punto 3) di p. 2, il nominativo del [reclamante], sindaco supplente, tra i soggetti componenti degli Organismi di vigilanza della società. Di seguito, al punto 5 lett. A1), il medesimo soggetto dichiarava testualmente «di essere a piena conoscenza» del fatto che nessuno dei soggetti indicati […] aveva riportato una condanna per i reati declinati dall’art. 80, comma 1, del d. lgs. n. 50/2016” (v. nota cit., p. 2);

c. “all’esito delle verifiche preordinate ad accertare la veridicità delle riferite autodichiarazioni, emergeva che il [reclamante], sindaco supplente dell’operatore economico richiedente l’iscrizione nell’Albo Fornitori, aveva riportato una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per il reato di cui all’art. 328 comma 1 c.p. Da qui la richiesta di chiarimenti […] al legale rappresentante della XX” (v. nota cit., p. 2-3);

d. “all’esito della valutazione dei chiarimenti forniti da XX [la società] con nota del 16.04.2018 […] comunicava l’archiviazione del procedimento” (v. nota cit., p. 3);

e. “il comma 5 lett. c) dell’art. 80 [d. lgs. n. 50 del 2016] stabilisce che costituisce causa di esclusione dalle gare la circostanza che l’operatore economico si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (v. nota cit., p. 4);

f. con riferimento a tale ultima disposizione le Linee guida ANAC n. 6 di attuazione del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 hanno chiarito “che rilevano quali autonome cause di esclusione gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente intesa come moralità professionale”, ciò con particolare riferimento a “condanne non definitive, per una serie di reati diversi da quelli enucleati dall’art. 80 comma 1” (v. nota cit., p. 4);

g. nelle medesime Linee guida “è stato chiarito che vengono in rilievo, ai sensi dell’art. 80 comma 5, anche eventuali omissioni relativamente alle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione”, con conseguente applicabilità sul punto di quanto stabilito dall’art. 80, comma 5 lett. f) in materia di dichiarazioni non veritiere (v. nota cit., p. 4);

h. “in ordine alla circostanza che i requisiti di ordine generale debbano essere posseduti anche dai sindaci supplenti, si è espressa l’Autorità di settore […] con Delibera del 21.2.2018” (v. nota cit., p. 5);

i. all’epoca dei fatti oggetto di reclamo la giurisprudenza amministrativa aveva chiarito che “in fase di dichiarazione del possesso dei requisiti di ordine generale per la partecipazione a una procedura finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico, deve essere dichiarata l’esistenza di tutte le condanne riportate” (v. nota cit., p. 7);

j. la giurisprudenza amministrativa aveva altresì ritenuto “che anche i sindaci supplenti risultavano obbligati a rendere le dichiarazioni relative al possesso dei requisiti di ordine generale”, in particolare con la sentenza TAR Lazio Sez. II, 23.7.2018 n. 8286, mentre “solo più recentemente il Consiglio di Stato ha adottato una conclusione di segno diverso […] (Cons. Stato Sez. V 22.10.2018 n. 6016 e Cons. Stato Sez. VI 29.11.2018 n. 6787)” (v. nota cit., p. 7-8);

k. la XX “rendeva specifica dichiarazione […] del seguente tenore: «che per quanto a propria conoscenza non sussiste a carico dei soggetti sopra indicati alcuna delle cause di esclusione di cui all’art. 80 commi 1-2-4-5 del D. Lgs. 50/2016 e s.m.i.; dichiara, altresì, che per quanto a propria conoscenza, le cause di esclusione di cui all’art. 80 commi 1-2-4 e 5 del D. Lgs. 50/2016 non sussistono neppure nei confronti dei soggetti in carica riportati al comma 3 dell’art. 80 del D. Lgs. 50/2016»” (v. nota cit., p. 8-9);

l. con riferimento alle finalità in relazione alle quali la società ha effettuato l’accesso al sistema informativo del casellario, estraendo copia del certificato riferito al reclamante, “la qualità di stazione appaltante pubblica non solo consente, ma impone, la verifica della veridicità delle dichiarazioni rese dagli operatori economici” (v. nota cit., p. 9);

m. “nel caso di specie non appare rilevante il Regolamento UE 679/2016, venendo piuttosto in rilievo il Regolamento CE 45/2001 sia in tema di trattamento dei dati personali che di libera circolazione degli stessi” (v. nota cit., p. 11);

n. all’epoca dei fatti oggetto di reclamo era applicabile la disciplina dettata dal Codice che è stata in concreto adempiuta dalla società (v. nota cit., p. 14).

1.3. Il reclamante, con note del 30 settembre e del 3 ottobre 2019, ha ribadito le proprie richieste, osservando, tra l’altro, che:

a. con la nota del 30.3.2018 inviata a XX la società ha contestato “solo la […] difformità fra la dichiarazione della Ditta e le risultanze del casellario giudiziale in capo allo scrivente”, in assenza di alcuna contestazione o censura circa “l’entità o la rilevanza o la gravità del reato risultante quale eventuale fonte di grave illecito professionale […] e/o la falsità della dichiarazione” (v. nota 30.9.2019, punto 1);

b. il comunicato dell’8.11.2017 del Presidente dell’Anac, citato nel riscontro della società […] ad un’attenta lettura riferisce l’ambito di applicazione soggettivo “a persone che rientrano tutte in ruoli operativi effettivi e non si estende anche a ruoli non operativi e senza alcun potere di controllo, di vigilanza o di governo” (v. nota cit., punto 3);

c. la sentenza del TAR Lazio, sez. II, 23.7.2018 n. 8286, citata dalla società, è successiva all’invio della richiesta di chiarimenti alla XX, avvenuto in data 30.3.2018 (v. nota cit., punto 9);

d. la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 3.12.2018 n. 6866, citata dalla società, ha ritenuto che “dall’impianto delle norme del codice dei contratti pubblici sui requisiti di partecipazione alle relative procedure di affidamento si deve ritenere che la causa di esclusione degli operatori economici per condanne penali incidenti sulla moralità professionale, nel caso di società di capitali, si indirizza ai componenti degli organi di quest’ultima che, al di là dell’investitura formale […], abbiano in concreto esercitato all’interno di esse le funzioni elencate dal più volte citato art. 80, comma 3 […]” (v. nota cit., punto 8);

e. contrariamente a quanto affermato dalla società nel riscontro all’Autorità, il contenuto del modulo di autodichiarazione per l’iscrizione all’Albo dei fornitori è differente da quanto riportato tra virgolette nel predetto riscontro (v. nota cit., punto 9);

f. la società “ben avrebbe potuto prima di inviare qualsiasi «richiesta di chiarimenti» alla Ditta effettuare una verifica presso la CCIAA per rilevare se mai ci fosse stata una supplenza effettiva del sottoscritto nell’organismo di vigilanza […] oppure limitarsi a tale richiesta di chiarimenti alla Ditta, e solo in caso positivo procedere al trattamento di dati personali giudiziari” (v. nota 3.10.2019).

1.4. Il 17 dicembre 2019 l’Ufficio ha effettuato, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, la notificazione alla società delle presunte violazioni del Regolamento riscontrate, con riferimento agli artt. 3 e 11, comma 1, lett. d) del d. lgs. 30.6.2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali, testo vigente all’epoca del trattamento), e delle prescrizioni impartite con l’Autorizzazione n. 6/2016 (spec. Capo VII, punti 1 e 4) ai sensi degli artt. 21, comma 1 e 27 del Codice previgente; tali norme corrispondono, nell’ordinamento vigente, agli artt. 5, par. 1, lett. c) e 10 del Regolamento, nonché all’art. 2-octies del Codice vigente.

1.5.  Il 15 gennaio 2020 la società ha inviato i propri scritti difensivi con i quali ha dichiarato che:

a. quanto alle modalità di predisposizione del modulo da compilarsi a cura dell’operatore ai fini dell’iscrizione all’Albo speciale “il Modulo da un lato onerava il dichiarante di attestare, per sé e per i soggetti indicati, la insussistenza delle condanne di cui al comma 1 dell’art. 80, dall’altro, in caso invece di esistenza di precedenti, richiedeva di dichiararli tutti indistintamente, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dalla norma […]” (v. nota 15.1.2020, p. 3);

b. pertanto “non appare revocabile in dubbio che il legale rappresentante di XX avrebbe dovuto rappresentare l’esistenza anche della condanna riportata dal [reclamante]” (v. nota cit., p. 5);

c. “se è vero che, nel mese di marzo 2018, non era ancora stata pubblicata la menzionata Sentenza del TAR Lazio (risalente al luglio 2018), è pur tuttavia altrettanto vero che all’epoca esisteva un pacifico orientamento dell’Anac, ribadito con la Delibera n. 183 del 21.02.2018” (v. nota cit., p. 6-7);

d. “nemmeno condivisibile appare la tesi per cui, prima di trasmettere alla società il Certificato del casellario […] Sistemi Territoriali avrebbe dovuto valutare la natura del reato, sul presupposto che, trattandosi di fattispecie non inclusa tra quelle stricto sensu incidenti sulla affidabilità professionale del concorrente, la mancata dichiarazione avrebbe potuto essere valutata dalla Stazione Appaltante come ininfluente” (v. nota cit., p. 7);

e. “risultava doverosa da parte di Sistemi Territoriali, una volta acclarata la oggettiva difformità della dichiarazione resa rispetto al contenuto del Certificato del casellario, l’attivazione del sub procedimento istruttorio, solo all’esito del quale - alla luce della rappresentazione, da parte di XX con nota del 6.04.2018 (pag. 2), del fatto che “il [reclamante] dalla data di conferimento dell’incarico 20/06/2000 e successivi rinnovi) non ha mai svolto l’incarico di sindaco in supplenza per XX” -, si è potuto concludere che l’omessa dichiarazione non poteva produrre effetti negativi sull’impresa” (v. nota cit., p. 8);

f. “Sistemi Territoriali ha agito, al momento della richiesta di trasmissione alla ditta del Certificato del casellario (marzo 2018), sulla base di un consolidato orientamento dell’Anac solo successivamente smentito dal Consiglio di Stato (e, peraltro, medio termine sposato anche dal TAR Lazio). Ciò dimostra l’assoluta buona fede della società, che ha operato senza alcun profilo né colposo né, tanto meno, doloso” (v. nota cit., p. 9);

g. “il Certificato del casellario è stato trasmesso esclusivamente alla ditta dichiarante, senza alcuna ulteriore diffusione” (v. nota cit., p. 9);

h. deve, infine, essere tenuta in considerazione la “assenza di precedenti in capo a Sistemi Territoriali Spa e la massima e leale collaborazione fornita a codesto Garante […]. Né, d’altra parte, la asserita condotta scorretta di Sistemi Territoriali ha potuto ingenerare un danno effettivo nei confronti del reclamante, che ha rassegnato le dimissioni da una carica (sindaco supplente) che, per sua stessa ammissione, non ha mai esercitato” (v. nota cit., p. 9-10).

1.6. In data 21 febbraio 2020 si è tenuta davanti all’Autorità l’audizione della società, che ha ribadito le posizioni già espresse nelle memorie difensive.

2. L’esito dell’istruttoria e del procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi.

2.1. Fatti accertati e osservazioni sulla normativa in materia di protezione dei dati personali rilevante nel caso di specie.

Premesso che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”, all’esito dell’attività istruttoria è emerso che Sistemi Territoriali S.p.A. ha trattato i dati giudiziari riferiti al reclamante mediante l’estrazione di copia del certificato presso il casellario giudiziale in data 22 marzo 2018 e la successiva comunicazione di copia del predetto certificato a XX, presso la quale il reclamante ricopriva il ruolo di sindaco supplente, in allegato a una richiesta di chiarimenti inviata in data 30 marzo 2018. Il certificato del casellario giudiziale estratto dalla società attesta l’esistenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (ex art. 444 - 445 c.p.p.) divenuta irrevocabile (v. reclamo cit., All. 1) in relazione a reati di rifiuto di atti di ufficio (ex art. 328, comma 1, c.p.), con irrogazione della pena della reclusione di 8 mesi e sospensione condizionale della pena. È risultato altresì che la predetta sentenza di condanna non compare sul certificato rilasciato all’interessato dal casellario (v. reclamo cit., All. 2).

La richiesta di chiarimenti effettuata dalla società, espressamente formulata in relazione a quanto dichiarato da XX in occasione della richiesta di iscrizione all’Albo fornitori di Sistemi Territoriali S.p.A. in data 18.10.2017, ha avuto ad oggetto la rilevata “difformità” di quanto emerso in sede di accesso al casellario e la parte della dichiarazione laddove si sarebbe attestato che “per quanto a propria conoscenza, non sussiste, a carico dei soggetti sopraindicati alcuna delle cause d’esclusione di cui all’art. 80 commi 1), 2), 4) e 5) del D. Lgs. 50/2016 e s.m.i.; dichiara altresì che per quanto a propria conoscenza, le cause di esclusione di cui all’art. 80 commi 1), 2), 4) e 5) del D. Lgs. 50/2016 non sussistono neppure nei confronti dei soggetti in carica riportati al comma 3 dell’art. 80 del D. Lgs. 50/2016” (v. nota di riscontro della società, All. 3).

Con nota del 6 aprile 2018 XX ha fornito alla società i chiarimenti richiesti, deducendo che: 1) il modulo di iscrizione all’Albo dei fornitori, sezione 5) - A1), si riferisce ai soli reati indicati dal comma 1 dell’art. 80, D. Lgs. n. 50/2016 (che non ricomprendono quello previsto dall’art. 328 c.p., cui si riferisce la sentenza di condanna a carico del reclamante); 2) i reati commessi dal reclamante non sono idonei ad incidere sull’integrità o affidabilità professionale della società scrivente, sia perché il reclamante “non ha mai svolto l’incarico di sindaco in supplenza”, sia perché i reati commessi “non appaiono connotati di particolare gravità”, anche in considerazione del fatto che il tipo di reato “presuppone che lo stesso sia stato commesso nell’esclusivo interesse e responsabilità del [reclamante]”; 3) pur ritenendo che “la fattispecie verificatasi non sia nemmeno potenzialmente ascrivibile ad un grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016 anche alla luce delle indicazioni fornite dalle Linee guida ANAC n. 6 […] XX ha, comunque, ritenuto doveroso censurare la condotta del [reclamante e pertanto] già martedì 3 aprile 2018 […] ha accettato le dimissioni del sindaco supplente” (v. nota di riscontro della società, All. 4). Con nota del 16 aprile 2018 Sistemi Territoriali S.p.A. ha comunicato a XX l’archiviazione del procedimento considerato che il reclamante “a quanto consta, non è mai subentrato a un sindaco effettivo” e che in proposito il giudice amministrativo ha ritenuto, in materia di interdittive antimafia, di “rimarca[re] il ruolo del tutto marginale della figura del sindaco, che non svolge alcun compito gestionale nell’ambito della società. Nel caso che ci occupa si tratta addirittura di un sindaco supplente, chiamato a prestare la propria opera di controllo solo in caso di impedimento o assenza del titolare, ipotesi nella specie mai verificatasi in concreto (TAR Lazio Roma, sentenza n. 2879/2016)” (v. All. 5, nota della società 11.6.2019).

Nel frattempo il reclamante, con nota del 3 aprile 2018, sollecitata dal management della società che aveva ricevuto la richiesta di chiarimenti da parte di Sistemi Territoriali S.p.A. (v. All. 4-5 al reclamo), ha rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di sindaco supplente di XX nonché da quella di sindaco di diversa società, XX

2.2. In base alla disciplina applicabile ai fatti oggetto di reclamo - avvenuti in epoca di poco antecedente all’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2016/679 - e, in particolare, in base a quanto previsto dalla Autorizzazione n. 7 del 2016 (Autorizzazione al trattamento dei dati giudiziari da parte di privati, di enti pubblici economici e di soggetti pubblici), il trattamento di dati giudiziari poteva essere effettuato “ai fini dell’accertamento del requisito di idoneità morale di coloro che intendono partecipare a gare d’appalto, in adempimento di quanto previsto dalla normativa in materia di appalti” (Capo V, punto 2, lett. e), Aut. n. 7/2016 cit.). Il rispetto di quanto stabilito nella richiamata Autorizzazione costituiva condizione di liceità dei trattamenti effettuati ai sensi degli artt. 21, comma 1, e 27 del Codice, testo vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo. Il Capo VII della medesima Autorizzazione ha individuato specifiche prescrizioni relative alle modalità del trattamento autorizzato, in particolare: “Possono essere trattati i soli dati essenziali per le finalità per le quali è ammesso il trattamento e che non possano essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa” (Capo VII, punto 1); “I dati possono essere comunicati e, ove previsto dalla legge, diffusi, a soggetti pubblici o privati nei limiti strettamente indispensabili per le finalità perseguite e nel rispetto, in ogni caso, del segreto professionale e delle altre prescrizioni sopraindicate” (Capo VII, punto 4). Tali prescrizioni sono state rese dal Garante anche in applicazione delle regole generali per il trattamento dei dati (v. artt. 3 e 11 del Codice, testo vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo).

Si rileva, infine, che anche la disciplina di settore posta in materia di casellario giudiziale dispone che le relative operazioni di trattamento devono avvenire nel rispetto delle disposizioni poste in materia di protezione dei dati personali (v. art. 28, co. 4, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti; art. 1, co. 8, Decreto Ministero della giustizia 5 dicembre 2012, Regole per l'attuazione della consultazione diretta del Sistema Informativo del Casellario da parte delle amministrazioni pubbliche e dei gestori di pubblici servizi).

2.3. Violazioni accertate.

Il trattamento dei dati giudiziari del reclamante effettuato dalla società non risulta conforme alle disposizioni richiamate per i motivi di seguito indicati.

2.3.1. In primo luogo si rileva che il Modulo di autocertificazione per l’iscrizione all’Albo Fornitori, sottoscritto da XX in data 18.10.2017 (All. 2, nota di riscontro della società 11.6.2019), non contiene la formula indicata dalla società con testo virgolettato (v. precedente punto 1.2., lett. k.: “dichiara, altresì, che per quanto a propria conoscenza, le cause di esclusione di cui all’art. 80 commi 1-2-4 e 5 del D. Lgs. 50/2016 non sussistono neppure nei confronti dei soggetti in carica riportati al comma 3 dell’art. 80 del D. Lgs. 50/2016”), riportato sia nella richiesta di chiarimenti rivolta a XX (come già rilevato da quest’ultima nella risposta del 6.4.2018) sia nella nota di riscontro al Garante (v. anche le controdeduzioni del reclamante in precedente punto 1.3., lett. e.). Il predetto Modulo di autocertificazione, infatti, contiene, da un lato, la dichiarazione dell’operatore economico “di essere a piena e diretta conoscenza che nessuno dei soggetti sopraindicati [ivi compreso l’odierno reclamante, indicato al punto 3 del Modulo con la carica rivestita di “sindaco supplente”] ha riportato condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale” in relazione ai reati indicati tassativamente nel comma 1 dell’art. 80, D. Lgs. 50/2016 (v. punto 5, sezione A1), del Modulo; v. anche quanto dichiarato in proposito dalla società). Diversamente da quanto sostenuto dalla società nelle memorie difensive, anche lo spazio presente a p. 3 del Modulo, in relazione al quale è specificato che “vanno indicate tutte le condanne penali, ivi comprese quelle per le quali il soggetto abbia beneficiato della non menzione”, è riferito ai reati tassativamente elencati nel comma 1 dell’art. 80, D. Lgs. 50/2016. La dichiarazione effettuata in proposito dall’operatore economico risulta sul punto veritiera in quanto a carico del reclamante non risulta iscritto nel casellario giudiziale alcuno dei reati indicati nella citata disposizione. Nel successivo punto A4) del Modulo risulta che “l’operatore economico” ha altresì dichiarato “di non incorrere in nessuna delle cause di esclusione dalle procedure di affidamento di appalti pubblici di cui all’art. 80, comma 5, D. Lgs. 50/2016 e s.m.i. e in particolare […] di non aver commesso gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Sul punto si osserva, preliminarmente, che il testo della dichiarazione non recava (differentemente dal testo virgolettato riportato dalla società nelle proprie note ma non presente nel documento effettivamente firmato da XX) la chiara indicazione circa la riferibilità della commissione di “gravi illeciti professionali” anche a soggetti diversi da quelli investiti della legale rappresentanza o del potere di direzione dell’operatore economico, dunque anche ai membri di organi dotati di poteri di vigilanza sull’attività dell’operatore stesso (come i membri del collegio sindacale effettivo ai quali, all’occorrenza di ipotesi determinate, possono subentrare i sindaci supplenti).

Inoltre, con specifico riferimento all’ambito soggettivo di applicazione del richiamato art. 80, comma 5, D. Lgs. 50/2016, risulta che l’orientamento della giurisprudenza amministrativa all’epoca dei fatti oggetto di reclamo non era univoco in quanto, argomentando dal tenore letterale della norma nonché applicando il criterio interpretativo logico-sistematico, alcuni giudici amministrativi hanno ritenuto che la disposizione dovesse essere riferita al solo “operatore economico”. Ciò pur a fronte dell’indirizzo interpretativo espresso dall’Anac con le Linee guida n. 6/2016 (v. TAR Lombardia, sez. I, 29.1.2018, n. 250; v. anche Cons. Stato n. 4192/2017; peraltro anche successivamente ai fatti oggetto di reclamo tale interpretazione è stata sostenuta da TRGA Trentino Alto Adige 22.1.2019, n. 14; contra TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 26.2.2018, n. 218; più di recente Cons. Stato, sez. V, 18.3.2019, n. 1754 – il quale, tuttavia, ribadisce che “l’apparato preventivo-sanzionatorio stabilito dall’art. 80 […] riguarda figure apicali stabilmente e strutturalmente insite nella compagine delle ditte che intendono partecipare alle gare” − e TAR Lazio, Roma, sez. III, 23.7.2019, n. 9832).

Pertanto, sia alla luce del tenore letterale della norma (che prevede l’esclusione dalla partecipazione alla procedura d’appalto qualora si “dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o professionalità”, art. 80, comma 5, lett. c), cit.) e della interpretazione sistematica dell’art. 80 cit. (che al comma 3 prevede l’esclusione dalla partecipazione alla gara d’appalto in caso di sussistenza di precedenti sentenze di condanna o decreto penale o misura interdittiva anche a carico di membri di organi di vigilanza, solo in relazione ai fatti di reato tassativamente previsti dal precedente comma 1), che in presenza di non univoche applicazioni della giurisprudenza sul punto, la stazione appaltante avrebbe dovuto, in primo luogo, predisporre in termini chiari e univoci la modulistica relativa all’iscrizione al proprio Albo speciale. Ciò anche in considerazione delle gravi conseguenze ricollegate dall’ordinamento alle false e/o omissive dichiarazioni a carico degli operatori economici. Né può essere accolto quanto sul punto indicato nelle memorie difensive della società posto che, come già rilevato, il modulo sottoscritto da XX contiene una formulazione diversa da quella in relazione alla quale argomenta la società nelle proprie difese.

Da quanto sopra deriva quindi che la richiesta di chiarimenti e la contestuale allegazione del certificato del casellario riferito al reclamante da parte della società hanno fatto seguito a rilevate “difformità” rispetto a quanto dichiarato da XX, rispetto ad un modello di autodichiarazione, predisposto dalla società stessa, non univoco né chiaro sul punto. Ciò ha comportato quindi un trattamento di dati del reclamante non conforme ai principi stabiliti nella richiamata Autorizzazione generale in quanto non necessario né, con particolare riferimento alla comunicazione all’operatore economico, strettamente indispensabile in relazione alle finalità perseguite (verifica di eventuali dichiarazioni non veritiere da parte dell’operatore economico).

2.3.2. Inoltre, fermo restando quanto sopra osservato sull’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 80, comma 5 cit., la stessa riferibilità dei gravi illeciti professionali pregressi richiesta dalle disposizioni a una figura quale quella del sindaco supplente (ricoperta dal reclamante all’epoca dei fatti), al fine della valutazione della affidabilità dell’operatore economico in fase di selezione del contraente, era niente affatto pacifica, anche al tempo dei fatti oggetto di reclamo. Infatti l’indirizzo giurisprudenziale citato dalla società nelle proprie memorie (v. precedente punto 1.2., lett. j., TAR Lazio Sez. II, 23.7.2018 n. 8286) è successivo ai fatti e comunque, come osservato dalla società medesima, a distanza di poco tempo il Consiglio di Stato si è espresso nel senso di escludere il sindaco supplente dalle figure nei cui confronti il requisito dell’assenza dei gravi illeciti professionali può essere valutato dalla stazione appaltante (v. Cons. Stato, sez. V, 3.12.2018, n. 6866). Si osserva inoltre che la stessa società, nella nota di chiusura per archiviazione (nota 16.4.2018, in atti) del procedimento aperto nei confronti di XX ha richiamato, in motivazione, una sentenza del giudice amministrativo (anteriore ai fatti: TAR Lazio, sez. I ter, 4.3.2016, n. 2879) che ritiene il ruolo rivestito dal sindaco “del tutto marginale”, a maggior ragione, come nel caso di specie, se l’incarico rivestito è di sindaco supplente. Pertanto la società, pur a conoscenza di indirizzi della giurisprudenza amministrativa tendenti ad escludere la figura del sindaco supplente dall’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 80, comma 5, cit., ha operato seguendo una diversa interpretazione, attribuendo valore interpretativo dirimente alla delibera Anac n. 183 del 21.2.2018 (v. precedente punto 1.2., lett. h.), resa all’esito della valutazione di una specifica fattispecie diversa da quella oggetto della presente decisione.

In applicazione, dunque, dei principi di necessità, pertinenza e non eccedenza (espressione del principio generale di proporzionalità, che costituisce parametro generale di legittimità delle limitazioni del diritto alla protezione dei dati personali ex art. 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), stabiliti al tempo dei fatti negli artt. 3 e 11 del Codice e nella Autorizzazione n. 6/2016, la società avrebbe dovuto valutare con attenzione la necessità e la pertinenza del trattamento che si accingeva ad effettuare, prima di procedere alla estrazione dei dati dal casellario verificando se il sindaco supplente avesse ricoperto (o meno) incarichi effettivi e, in ogni caso, prima di effettuare la comunicazione del certificato alla XX, anche in considerazione dei possibili effetti di tale ulteriore attività di trattamento sull’interessato - effetti che si sono in concreto verificati con le dimissioni rassegnate da quest’ultimo dagli incarichi ricoperti. Tanto più che il procedimento aperto dalla società con la richiesta di chiarimenti del 30.3.2018 è stato chiuso con l’archiviazione, proprio motivando che il reclamante non era mai subentrato nelle funzioni di vigilanza svolte dal membro effettivo. Ciò anche alla luce dei poteri di valutazione, in relazione al caso concreto, affidati alla stazione appaltante, tenuta a valutare in modo rigoroso la possibile reale incidenza di determinate fattispecie di reato sulla affidabilità dell’operatore. Da questo punto di vista le stesse Linee guida n. 6 del 2016 adottate dall’Anac (recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”) indicano, nel novero dei gravi illeciti professionali rilevanti, seppur “a titolo esemplificativo”, tipologie di illecito comunque connesse con l’attività oggetto dell’affidamento e in ogni caso idonee ad incidere negativamente sulla “integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto dell’affidamento”. Pertanto, anche alla luce di tali complessive indicazioni, la società avrebbe dovuto procedere a una valutazione sulla reale idoneità in concreto della condanna risultata a carico del reclamante, in relazione alla natura del reato commesso, alla gravità del fatto, al tempo trascorso dalla condanna, ad incidere sulla attività oggetto di affidamento da parte dell’operatore economico, prima di procedere alla richiesta e successivamente alla comunicazione di dati, di tipo giudiziario, riferiti al reclamante.

2.3.3. Per i suesposti motivi questo Ufficio ritiene che il trattamento di dati giudiziari effettuato dalla società, sia in fase di estrazione del certificato (in quanto avrebbe prima potuto e dovuto verificare se in concreto la carica di sindaco fosse stata ricoperta o meno dal supplente), sia in occasione della comunicazione della copia del certificato a XX, abbia comportato una irragionevole compressione del diritto alla riservatezza dell’interessato, considerato che tale comunicazione non era in concreto “strettamente indispensabil[e] per le finalità perseguite”, in violazione dei principi di necessità, pertinenza e non eccedenza (ex artt. 3 e 11, comma 1, lett. d) del Codice, testo vigente al tempo del trattamento), e delle prescrizioni impartite con l’Autorizzazione n. 6/2016 (spec. Capo VII, punti 1 e 4). Si osserva altresì che le richiamate fattispecie corrispondono, nell’ordinamento vigente, agli artt. 5, par. 1, lett. c) (principio di minimizzazione dei dati) e 10 (trattamento di dati personali relativi a condanne penali e reati) del Regolamento, nonché dall’art. 2-octies (principi relativi al trattamento di dati relativi a condanne penali e reati) del Codice vigente.

3. Conclusioni: dichiarazione di illiceità del trattamento. Provvedimento correttivo ex art. 58, par. 2, Regolamento.

Per i suesposti motivi l’Autorità ritiene che le dichiarazioni, la documentazione e le ricostruzioni fornite dal titolare del trattamento nel corso dell’istruttoria, non consentono di superare i rilievi notificati dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e che risultano pertanto inidonee a consentire l’archiviazione del presente procedimento, non ricorrendo peraltro alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Il trattamento dei dati personali effettuato dalla società risulta infatti illecito, nei termini su esposti, in relazione agli artt. 3 e 11, comma 1, lett. d) del Codice (testo vigente al tempo del trattamento), e delle prescrizioni impartite con l’Autorizzazione n. 6/2016 (spec. Capo VII, punti 1 e 4) ai sensi degli artt. 21, comma 1 e 27 del Codice (testo vigente al tempo del trattamento). Tali disposizioni corrispondono, nell’ordinamento vigente, agli artt. 5, par. 1, lett. c) e 10 del Regolamento, nonché dall’art. 2-octies del Codice vigente.

La violazione accertata nei termini di cui in motivazione può essere considerata “minore”, tenuto conto, in particolare, del grado di responsabilità del titolare del trattamento in relazione alla novità del caso ed agli orientamenti espressi dalla autorità giudiziaria e amministrativa (v. art. 83, par. 2, e cons. 148 del Regolamento).

Si ritiene, tuttavia, che, relativamente al caso in esame, occorra ammonire il titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 143 del Codice e 58, par. 2, lett. b), del Regolamento, per aver omesso di applicare i principi di necessità e minimizzazione del trattamento di dati personali, in particolare riferiti a “condanne penali e reati”, nei termini indicati in motivazione.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del reg. del Garante n. 1/2019.

TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE

a. ai sensi dell’art. 143 del Codice dichiara illecita la condotta tenuta da Sistemi Territoriali S.p.A., con sede legale in Piazza Zanellato, 5, Padova (PD), P.I. 03075600274, e descritta nei termini di cui in motivazione, consistente nella violazione degli artt. 3 e 11, comma 1, lett. d) del Codice (testo vigente al tempo del trattamento), e delle prescrizioni impartite con l’Autorizzazione n. 6/2016 (spec. Capo VII, punti 1 e 4) ai sensi degli artt. 21, comma 1 e 27 del Codice (testo vigente al tempo del trattamento), in relazione al trattamento dei dati giudiziari del reclamante effettuato mediante estrazione e successiva comunicazione del certificato del casellario giudiziale;

b. ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b), del Regolamento ammonisce Sistemi Territoriali S.p.A. per aver omesso di applicare i principi di necessità e minimizzazione del trattamento di dati personali, in particolare riferiti a “condanne penali e reati”, nei termini indicati in motivazione;

c. ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento (UE) 2016/679, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo individuato nel medesimo art. 10, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 16 dicembre 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL VICE SEGRETARIO GENERALE
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