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Provvedimento del 27 maggio 2021 [9695077]

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[doc. web n. 9695077]

Provvedimento del 27 maggio 2021

Registro dei provvedimenti
n. 218 del 27 maggio 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTI i reclami presentati al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in un periodo temporale compreso tra il 3 novembre 2019 ed il 18 settembre 2020 con i quali i soggetti interessati – nello specifico XX, XX, XX, XX, XX, XX, XX, XX, XX, XX, XX, XX e XX – hanno chiesto di ordinare a Google LLC, in qualità di gestore del motore di ricerca Google, la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione i rispettivi nominativi, di URL collegati a contenuti che gli interessati reputavano a vario titolo pregiudizievoli; 

RILEVATO che il titolare del trattamento, a fronte di un iniziale diniego opposto in riscontro ai rispettivi interpelli preventivi, ha invece aderito alle predette richieste di rimozione a seguito della notifica delle richieste di informazioni da parte dell’Autorità, valutando positivamente le  istanze promosse dagli interessati ai quali è stata fornita adeguata comunicazione in merito ai sensi dell’art. 15 del regolamento  del Garante n. 1/2019, in www.gpdp.it;

CONSIDERATO tuttavia che:

dal raffronto tra gli elementi dedotti dagli interessati a fondamento delle proprie richieste di rimozione, rispettivamente in sede di interpello e di reclamo, non sono emerse, almeno sulla base di una valutazione preliminare, difformità tali da rendere immediatamente comprensibili le ragioni poste da Google a base del differente giudizio effettuato nei due distinti momenti e tenuto conto del fatto che l’adesione successiva alla presentazione del reclamo è stata motivata con un generico richiamo ad asseriti nuovi elementi che sarebbero stati forniti con gli atti introduttivi; 

nei casi esaminati, il diniego comunicato all’interessato a seguito dell’interpello preventivo così come l’adesione successiva alla notifica del reclamo non sono apparsi specificamente argomentati alla luce dei criteri in concreto applicati nelle singole fattispecie non consentendo in tal modo di delineare in modo trasparente il percorso seguito dal titolare nel condurre la predetta valutazione;

tali circostanze hanno portato alcuni interessati ad eccepire la violazione dei propri diritti – connessa all’indebito prolungamento dell’esposizione in rete dei dati personali che li riguardavano senza un motivo legittimo – nonché a fondare un dubbio in ordine alla corretta ponderazione, da parte del titolare del trattamento, delle istanze veicolate dagli interessati tramite la presentazione dell’interpello preventivo e ponendo peraltro un problema di compatibilità di tale condotta con le indicazioni desumibili dal Regolamento relativamente alle caratteristiche cui devono essere informate le comunicazioni indirizzate ai medesimi;

l’art. 12, par. 1, prevede in particolare che “le comunicazioni di cui agli articoli 15 a 22 (…) relative al trattamento [siano rese] in forma concisa, trasparente, intellegibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro” aggiungendo al par. 4 che, laddove il titolare non ottemperi alla richiesta dell’interessato, informa quest’ultimo “dei motivi dell’inottemperanza e della possibilità di proporre reclamo a un’autorità di controllo e di proporre ricorso giurisdizionale”;

l’esercizio del diritto all’oblio nei confronti del gestore di un motore di ricerca, anche secondo quanto indicato nelle Linee guida n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020 – contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento – trova il suo fondamento principale nel combinato disposto tra gli artt. 21, par. 1, e 17 del Regolamento tenuto conto del fatto che la richiesta rivolta dall’interessato al gestore del motore di ricerca rileva essenzialmente quale esercizio di un diritto di opposizione all’ulteriore diffusione dei contenuti reperibili tramite gli URL indicati dal medesimo ed a fronte del quale il titolare del trattamento è tenuto a motivare l’eventuale diniego nei termini di cui all’art. 21, par. 1, sopra citato;

l’indicazione dei motivi dell’inottemperanza di cui all’art. 12, par. 4, presenta dei margini di sovrapposizione sostanziale con quanto richiesto, in termini di onere della prova, dall’art. 21, par. 1, del Regolamento il quale prevede che il titolare del trattamento, a fronte dell’opposizione manifestata dall’interessato, si astenga dal trattare ulteriormente i dati di quest’ultimo, salvo che possa dimostrare l’esistenza di motivi legittimi e cogenti per proseguire il trattamento che siano da ritenersi prevalenti sui diritti e sulle libertà del medesimo;

la mancata o insufficiente indicazione di tali motivi legittima l’interessato a rivolgere reclamo all’Autorità di controllo al fine di esercitare il diritto di cancellazione di cui all’art. 17, par. 1, lett. c), del Regolamento, circostanza quest’ultima che si è verificata in tutti i casi sopra menzionati;

VISTE le note - da intendersi qui integralmente richiamate - con le quali l’Autorità, ha comunicato al titolare del trattamento, con riferimento a ciascuno dei reclami sopra menzionati, l’avvio del procedimento di cui all’art. 166, comma 5, del Codice ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento, notificando le presunte violazioni di legge che, fatte salve le specificità dei singoli casi trattati, apparivano riconducibili agli artt. 12, par. 4 e 21, par. 1 del Regolamento non ritenendosi sufficientemente motivato il diniego alla richiesta di rimozione opposto in sede di interpello tenuto conto dell’immediata adesione invece comunicata successivamente alla presentazione dell’atto di reclamo in assenza, quanto meno apparente, di elementi esplicitamente specificati da parte del titolare del trattamento;

VISTO che a tali presunte violazioni si è aggiunta:

nella contestazione inviata con riferimento al reclamo proposto dal sig. XX, un’ulteriore presunta violazione relativa al mancato rispetto del termine di riscontro all’interpello preventivo di cui all’art. 12, par. 3, del Regolamento tenuto conto del fatto che, secondo quanto rappresentato dal reclamante, tra la presentazione della propria istanza ed il riscontro da parte del titolare del trattamento sarebbe decorso oltre un mese in assenza della motivazione richiesta dal predetto articolo (sulla base di quanto rappresentato nel reclamo l’interpello sarebbe stato proposto il 7 maggio 2019 ed il riscontro sarebbe pervenuto il 22 luglio 2019);

nella contestazione inviata con riguardo al reclamo proposto da XX, la contradditorietà, eccepita dall’interessata, tra quanto comunicato da Google a seguito di interpello preventivo – ovvero l’asserita inaccessibilità delle pagine collegate agli URL indicati dalla medesima – e quanto invece da quest’ultima verificato relativamente alla perdurante reperibilità dei contenuti oggetto di richiesta di rimozione all’atto di presentazione del reclamo;

nelle contestazioni inviate con riguardo ai reclami proposti da XX e XX è stata altresì rilevata la presenza di elementi di contraddittorietà nel riscontro reso da Google a seguito della presentazione di interpelli preventivi da parte degli interessati tenuto conto del fatto che, nel primo caso, a fronte di due richieste trasmesse a distanza di un giorno l’una dall’altra il titolare del trattamento ha fornito due riscontri diversi, pur essendo identica la questione sottostante, mentre nel secondo caso il diniego opposto da Google non appariva giustificato alla luce della sentenza di assoluzione prodotta dall’istante;

VISTE le memorie prodotte da Google LLC, rappresentata e difesa dagli avvocati XX, XX ed XX, nell’ambito dei rispettivi procedimenti – anch’esse da intendersi qui richiamate – con le quali la medesima ha rilevato la liceità della propria condotta rappresentando:

di aver correttamente comunicato agli interessati i motivi dell’inottemperanza alla richiesta di rimozione avanzata in sede di interpello preventivo ritenendo prevalente, nei casi trattati e sulla base degli elementi forniti, l’interesse del pubblico alla conoscibilità delle informazioni reperibili tramite gli URL indicati tenuto conto di fattori quali, tra gli altri, la pertinenza di questi ultimi con il ruolo professionale dei medesimi;

che i riscontri forniti risultano conformi a quanto richiesto dall’art. 12, par. 1, del Regolamento il quale prevede che le comunicazioni date dal titolare del trattamento in caso di diritti esercitati dagli interessati devono essere rese in forma “concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile” e che una motivazione concisa “non presuppone affatto una scarsa attenzione alle istanze dell’interessato ovvero un approccio superficiale o insufficiente rispetto alla valutazione dell’esistenza del vantato diritto all’oblio”;

che la società mette a disposizione degli utenti un team dedicato che valuta ogni singola richiesta – rilevando che solo nel corso del 2019 tali richieste sono state pari a 124.130 nel territorio dell’Unione europea – sulla base di un apposito decalogo consultabile nella pagina Domande frequenti relative alle richieste di rimozione di risultati di ricerca ai sensi delle leggi sulla privacy europee - Guida di Transparency Report ( https://support.google.com/transparencyreport/answer/7347822?hl=it) che, a partire dal mese di aprile 2020 ed al fine di rendere più trasparente il processo di valutazione seguito, è stato altresì specificamente indicato nei riscontri con i quali è comunicato un diniego agli interessati ai quali viene altresì rappresentata l’esistenza della facoltà di rivolgersi al webmaster, nonché di presentare reclamo all’autorità di controllo in conformità a quanto previsto dall’art. 12, par. 4, del Regolamento;

che i criteri di valutazione utilizzati per effettuare il bilanciamento tra il diritto all’oblio invocato dall’interessato e l’interesse del pubblico alla conoscibilità delle informazione sono ispirati alle indicazioni contenute nelle Linee Guida del WP Art. 29 del 26 novembre 2014, adottate a seguito della pronuncia della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014, precisando che il numero di richieste e di ordini di deindicizzazione trasmesse a Google “dalle autorità europee [di controllo] a seguito di reclami degli interessati è inferiore all’1% rispetto al numero totale di richieste trasmesse dagli interessati stessi e basate sul diritto all’oblio gestite” dalla medesima;

che le valutazioni rese da Google, attesa anche la sua qualità di Internet Service Provider, possono essere effettuate solo sulla base delle informazioni e della documentazione allegata dagli interessati non essendo imposto alla medesima il dovere di cercare attivamente elementi che corroborino le istanze di questi ultimi, da cui discende che l’idoneità dei riscontri forniti dal titolare del trattamento deve essere necessariamente parametrata alla completezza delle singole richieste ricevute;

che ciò emerge in particolare con riferimento alle richieste di rimozione di contenuti riguardanti vicende giudiziarie nelle quali sono stati coinvolti gli interessati tenuto conto del fatto che questi ultimi, nella maggior parte dei casi, si limitano ad eccepire l’obsolescenza e/o l’inesattezza dei contenuti oggetto di richiesta di rimozione senza tuttavia allegare circostanze di dettaglio e/o documenti idonei a comprovare quanto dedotto

che, in tutti i casi sottoposti all’accertamento dell’Autorità, Google ha potuto condurre, solo successivamente alla presentazione del reclamo e sia pure in applicazione dei medesimi criteri oggettivi già utilizzati in sede di riscontro all’interpello preventivo, una nuova valutazione delle richieste di rimozione in precedenza rigettate tenuto conto dei nuovi e più articolati elementi emersi dall’esame degli atti introduttivi dei rispettivi procedimenti;

che in ogni caso, a prescindere dalle nuove informazioni eventualmente contenute nell’atto di reclamo, Google non potrebbe in ogni caso essere sanzionata “qualora, a seguito di una prima valutazione, riconsideri la propria decisione” dovendosi escludere che da tale circostanza possa discendere che l’esame condotto in prima istanza sia stato eseguito in modo superficiale o che sia stata in qualche modo riconosciuta l’erroneità del primo giudizio; il diritto di cancellazione di cui all’art. 17 non è, infatti, un diritto ad nutum, ma è frutto di un bilanciamento tra interessi contrapposti per effettuare il quale occorre tenere conto dell’esistenza di motivi preminenti per proseguire il trattamento, nonché delle limitazioni previste dall’art. 17, par. 3, che menziona, tra le eccezioni opponibili all’esercizio di tale diritto, la libertà di manifestazione del pensiero ed il diritto del pubblico all’informazione;

che comunque le circostanze che hanno determinato una prima valutazione negativa possono successivamente mutare e portare ad un esito diverso, basti pensare all’ulteriore lasso di tempo che può trascorrere tra l’interpello preventivo ed il successivo reclamo – già di per sé idoneo a rilevare quale elemento nuovo – oppure il maggior dettaglio con il quale nell’atto introduttivo sono descritti i fatti posti a fondamento della domanda;

che nella maggior parte delle fattispecie oggetto di contestazione ha rivestito un’importanza determinante, ai fini di una valutazione favorevole delle istanze contenute nell’atto di reclamo, la produzione, unitamente a quest’ultimo, di documenti volti a comprovare circostanze meramente dedotte nell’interpello preventivo – in particolare provvedimenti giudiziari favorevoli all’interessato – e che hanno determinato in quella sede un riscontro negativo essendo preclusa a Google “la possibilità di chiedere all’istante copia degli atti processuali in quanto ciò comporterebbe un trattamento di dati giudiziari (…) allo stato [impedito] dall’art. 10 del GDPR e dall’art. 2-octies del Codice” non essendovi invece analoghe limitazioni per il Garante che può acquisire tali atti nell’esercizio dei propri poteri;

che vi è pertanto una profonda differenza tra un soggetto privato quale Google e l’Autorità di controllo riguardo all’esercizio dei poteri di indagine, determinando possibili difformità anche relativamente alla valutazione condotta prima e dopo la presentazione del reclamo tenuto conto del fatto che il gestore del servizio di web search può effettuarla solo sulla base delle evidenze emerse snaturandosi in caso contrario “il ruolo del motore di ricerca e la sua neutralità rispetto alle attività di terzi sul web”;

che analogo effetto, anche laddove l’interessato non alleghi documenti specifici, può comunque derivare dalla circostanza della reiterazione nell’atto di reclamo delle dichiarazioni già rese in sede di interpello preventivo tenuto conto del fatto che queste ultime, in quanto ripetute innanzi all’Autorità di controllo, producono gli effetti di cui all’art. 168 del Codice e sono perciò stesso idonee ad essere valutate da Google come veridiche ed a fondare, quale nuovo elemento, la richiesta di rimozione dell’interessato;

con specifico riguardo alla contestazione di avvenuta violazione dell’art. 12, par. 3 del Regolamento per superamento del termine imposto per comunicare il riscontro all’interessato - contenuta nella comunicazione di avvio del procedimento relativa al reclamo di XX – che nessuna violazione vi sarebbe stata avendo l’interessato indicato erroneamente la data dell’interpello riportata nell’atto di reclamo (7 maggio 2019, anziché 5 luglio 2019); con riferimento invece al rilievo contenuto nella comunicazione di avvio del procedimento del reclamo presentato da XX - e riferito ad un’asserita contraddittorietà tra quanto comunicato da Google in ordine alla non reperibilità degli URL indicati dalla medesima e quanto effettivamente da lei verificato - ha rilevato che parte degli URL contestati sarebbero stati in realtà erroneamente indicati nell’interpello preventivo;

con riguardo a quanto specificamente rilevato nella comunicazione di avvio del procedimento relativamente al reclamo presentato da XX che la contraddittorietà, lamentata dall’interessato, tra i riscontri ottenuti a fronte dei due distinti interpelli presentati dal medesimo fosse da imputare non ad una mancata valutazione del caso, ma da un’incorretta applicazione, nel caso specifico, dei criteri oggettivi applicati dovuta ad errore umano e connessa alla mole di richieste quotidianamente gestita dal team removals; analogamente si è verificato nel caso rappresentato nel reclamo proposto da XX nel quale la valutazione della sentenza di assoluzione dell’interessato, pur allegata all’interpello, è stata erroneamente omessa, rilevando comunque che da tale circostanza non possa comunque desumersi una violazione del Regolamento tenuto conto del fatto che la valutazione – benché rivelatasi successivamente erronea per mancata valorizzazione della sentenza allegata – era stata comunque condotta in applicazione dei criteri seguiti da Google; 

VISTI i verbali delle audizioni svoltesi presso la sede dell’Autorità nelle date del 16 luglio 2020, del 23 marzo e del 7 maggio 2021 nelle quali Google LLC, per il tramite degli avvocati XX e XX, ha richiamato quanto già dichiarato nelle memorie difensive depositate nei rispettivi procedimenti ed ha rappresentato:

nell’audizione del 16 luglio 2020 – nel corso della quale sono state trattate congiuntamente le posizioni relative ai reclami proposti da XX e XX – che la valutazione condotta successivamente alla presentazione dei due reclami, e che ha portato ad aderire alle richieste ivi contenute, ha tenuto conto di ulteriori elementi, quali ad esempio l’esame di documenti allegati all’atto introduttivo, nonché il maggior grado di affidabilità attribuibile alle dichiarazioni rese dall’interessato innanzi al Garante ai sensi dell’art. 168 del Codice;

nell’audizione del 23 marzo 2021 – nel corso della quale sono state esaminate le posizioni relative ai reclami proposti da XX, XX, XX, XX, XX e XX – conclusioni analoghe a quelle già rese in precedenza, sottolineando in particolare la differenza che deve essere riconosciuta, ai fini della valutazione della veridicità di quanto comunicato dagli interessati, tra le dichiarazioni rese da questi ultimi innanzi al Garante ai sensi dell’art. 168 del Codice e quelle rese invece in sede di interpello ad un soggetto privato quale Google; quest’ultima ha altresì comunicato di aver avviato un’attività dedicata all’introduzione a livello paneuropeo di un modello di riscontro diverso nei casi di diniego opposto alle richieste di rimozione in materia di diritto all’oblio;

nell’audizione del 7 maggio 2021 – nel corso della quale sono state trattate le posizioni relative ai reclami proposti da XX, XX, XX, XX e XX– quanto già dedotto nell’ambito delle audizioni svoltesi in precedenza in ordine all’intervenuta valutazione di elementi nuovi correlati alla presentazione dei reclami – essendo i profili relativi a questi ultimi sostanzialmente ricorrenti nelle varie fattispecie – e comunicando altresì di essersi attivata per migliorare la trasparenza dei riscontri forniti agli interessati in caso di diniego opposto alle istanze avanzate dai medesimi, indicando, a titolo esemplificativo, quelli resi con riguardo ai casi di richieste di rimozione riguardanti contenuti connessi a vicende giudiziarie in ordine alle quali l’interessato abbia omesso di fornire elementi utili alla valutazione;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al  Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

RILEVATO, con riguardo alla contestazione della presunta violazione dell’art. 21, par. 1, del Regolamento, che:

l’attività svolta dal gestore di un motore di ricerca costituisce un’attività di trattamento, come rilevato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea a partire dalla sentenza C-131/12 del 13 maggio 2014 (cd. sentenza Google Spain) e di recente ribadito nella sentenza della Corte C-136/17 del 24 settembre 2019 (cfr. in particolare punto 35), sia pure “nel quadro delle sue responsabilità, competenze e possibilità”;

per tale ragione il predetto gestore, nella misura in cui il trattamento effettuato – consistente nell’indicizzazione di contenuti pubblicati da terzi sul web e restituiti in un certo ordine in associazione ad una chiave di ricerca che include il nome ed il cognome di una persona fisica – incide sul diritto fondamentale al rispetto della vita privata ed alla protezione dei dati personali degli interessati, è tenuto a garantire che siano soddisfatte le prescrizioni della normativa di riferimento attualmente contenuta nel Regolamento europeo;

a fronte di una richiesta di rimozione avanzata da un interessato nell’esercizio del diritto all’oblio – nello specifico laddove quest’ultimo trovi il suo fondamento nell’esercizio dell’art. 21, par. 1, del Regolamento ovvero nel diritto di opposizione – il gestore di un motore di ricerca è tenuto a valutare detta richiesta sulla base degli elementi dedotti dal medesimo e connessi alla sua “situazione particolare”, accogliendo l’istanza qualora non reputi sussistenti “motivi legittimi cogenti” per proseguire il trattamento;

tra questi ultimi, nel caso del trattamento effettuato tramite motore di ricerca, rientrano anche le esenzioni di cui all’art. 17, par. 3, del Regolamento tra le quali è inclusa la necessità di garantire, attraverso la disponibilità di contenuti, un corretto esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti della rete Internet che deve pertanto essere bilanciato con l’interesse del singolo alla limitazione della conoscibilità di vicende che lo riguardano;

tale valutazione viene effettuata dal gestore di un motore di ricerca tramite l’applicazione, sostanzialmente oggettiva, dei criteri individuati dal WP Art. 29 nelle Linee guida del 26 novembre 2014 (cfr. richiamo contenuto nel punto 31 delle Linee Guida n. 5/2019 dell’European data protection Board), nonché degli orientamenti espressi dalle Autorità di controllo e dai giudici ai quali i medesimi casi siano sottoposti, tenuto conto del fatto che il predetto gestore, benché rilevi quale autonomo titolare del trattamento, è un fornitore di contenuti pubblicati da terzi;

nei casi esaminati Google LLC, attraverso le memorie difensive prodotte e le dichiarazioni rese nel corso delle audizioni che si sono svolte presso la sede dell’Autorità, ha provveduto ad esplicitare – in riscontro alle contestazioni mosse alla medesima nell’ambito delle comunicazioni notificate ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice – le ragioni sottostanti all’iniziale diniego opposto in sede di interpello preventivo all’istanza di rimozione degli interessati ed a fornire pertanto una motivazione più specifica della condotta tenuto anche conto dell’adesione comunicata immediatamente dopo la notifica del reclamo;

le ragioni dedotte dal titolare del trattamento sono state per lo più ricondotte all’intervenuta valutazione di elementi e/o circostanze emersi solo a seguito della presentazione dell’atto di reclamo – quali l’allegazione di documentazione comprovante stati e qualità in precedenza solo rappresentati dall’interessato oppure la reiterazione innanzi all’Autorità di dichiarazioni già rese, ma da reputarsi assistite da un maggior grado di affidabilità in virtù degli effetti discendenti dall’applicazione dell’art. 168 del Codice oppure l’ulteriore lasso temporale nel frattempo decorso tra l’interpello ed il reclamo – e sono da ritenersi sufficienti ai fini di escludere che l’iniziale diniego possa essere avvenuto in violazione del diritto dell’interessato di cui all’art. 21, par. 1, del Regolamento per carenza di motivi legittimi e cogenti richiesti da quest’ultimo articolo per consentire la prosecuzione del trattamento;

a tal fine occorre tenere anche conto del fatto che la valutazione condotta dal gestore di un motore di ricerca risulta vincolata dalle circostanze dedotte dall’interessato le quali potrebbero non corrispondere al vero (cfr. provvedimento del Garante n. 127 del 2 luglio 2020, doc. web n. 9445898) e che, a fronte della responsabilità ad esso affidata in ordine alla rimozione di contenuti che possono rilevare sotto il profilo dell’interesse del pubblico ad averne conoscenza, devono essere attentamente ponderate;

CONSIDERATO tuttavia che:

il Regolamento europeo in materia di protezione di dati personali contiene precise indicazioni in ordine alle caratteristiche alle quali devono essere informati i rapporti tra titolare del trattamento ed interessati con riguardo alle comunicazioni dirette a questi ultimi e che, ai sensi dell’art. 12, par. 1, devono essere rese “in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile” e formulate “con un linguaggio semplice e chiaro” al fine da agevolare la comprensibilità dei riscontri, pur dovendo comunque garantire la trasparenza del processo sottostante (cfr. Guidelines on transparency under Regulation 2016/679 - wp260rev. 01);

il par. 4 del medesimo articolo prevede, come già detto, che “il titolare del trattamento se non ottempera alla richiesta dell’interessato (…) [lo] informa (…) senza ritardo, e al più tardi entro un mese, dei motivi dell’inottemperanza e della possibilità di proporre reclamo a un’autorità di controllo e di proporre ricorso giurisdizionale” (cfr. a tale riguardo anche considerando 59 del Regolamento), evidenziando con ciò la necessità, anche in combinazione con i criteri indicati nel par. 1, che tali motivi, oltre che in concreto sussistenti, risultino realmente chiari per l’interessato;

con riferimento a tale ultimo profilo, nei casi esaminati, le comunicazioni trasmesse da Google in riscontro alle istanze formulate dagli interessati tramite interpello preventivo, pur risultando, da un punto di vista formale, rispondenti ai criteri di semplicità del linguaggio impiegato e di sinteticità di cui al sopra citato art. 12, par. 1, non sembrano offrire ai medesimi un’indicazione sufficientemente esplicita delle ragioni che, nei singoli casi, hanno portato all’iniziale rigetto, né del resto tali motivazioni appaiono agevolmente desumibili a posteriori dal raffronto con la comunicazione, anch’essa particolarmente concisa, resa successivamente dal titolare del trattamento in sede di adesione ai reclami proposti dai medesimi determinando con ciò una possibile contrasto con le indicazioni di cui al combinato disposto dei parr. 1 e 4 dell’art. 12 del Regolamento;

ai fini di tale valutazione occorre comunque tenere in considerazione il rilevante numero di richieste di rimozione che, a partire dal 2014, pervengono a Google LLC ogni anno – nel 2019 sono state pari a 124.130 nel territorio dell’Unione europea per arrivare a circa 145.000 nel 2020 – nonché la necessità per la società di utilizzare un approccio ed un modulo di riscontro uniforme al fine di rendere più agevole l’esame delle istanze presentate dagli interessati e di garantire allo stesso tempo una parità di trattamento nella valutazione delle stesse;

si deve comunque dare atto del fatto che il titolare del trattamento renda disponibile all’interno del proprio sito un apposito report sulla trasparenza tramite il quale sono fornite informazioni sulle procedure osservate nella gestione delle richieste di rimozione, nonché sui criteri utilizzati per la valutazione delle medesime riportando altresì i relativi dati, costantemente aggiornati, sia con riferimento al territorio dell’Unione europea che separatamente per ciascuno dei singoli Stati membri; il link a tale report inoltre, a partire dal mese di aprile del 2020, è espressamente indicato all’interno dei riscontri con i quali viene comunicato agli interessati il diniego opposto all’istanza di rimozione avanzata dai medesimi;

nel corso delle audizioni svoltesi presso la sede dell’Autorità, ed in particolare in quella avvenuta in data 7 maggio 2021, la società ha inoltre comunicato di aver avviato l’implementazione di nuovi modelli di riscontro adeguati alle circostanze dei casi esaminati ed idonei a consentire agli interessati di comprendere meglio le ragioni del diniego; in particolare è stato rilevato che, in caso di riscontro negativo reso a fronte di richieste di rimozione collegate a vicende di rilevanza penale, rispetto alle quali l’interpello risulti carente di elementi idonei a comprovare quanto meramente dichiarato dall’interessato, viene comunicato a quest’ultimo che la valutazione espressa è connessa a circostanze contingenti e che la stessa potrebbe essere sottoposta a nuova valutazione nel caso vengano indicati ulteriori elementi;

con specifico riferimento alle vicende giudiziarie – che costituiscono la parte prevalente delle ragioni collegate all’esercizio del diritto all’oblio nei confronti di motori di ricerca – è necessario tenere anche conto delle difficoltà connesse alla loro valutazione da parte del titolare del trattamento in considerazione del particolare regime che assiste il trattamento di dati giudiziari secondo le indicazioni contenute negli artt. 10 del Regolamento e 2-octies del Codice, come tale idoneo a condizionare le possibilità di accertamento di quanto affermato dagli interessati in sede di interpello preventivo, nonché a limitare i tempi della successiva conservazione degli atti giudiziari eventualmente acquisiti a tale scopo a quanto strettamente imposto dallo svolgimento del processo avviato  a seguito dell’istanza presentata dall’interessato;

deve valutarsi positivamente anche l’integrazione informativa introdotta da Google nei recenti riscontri forniti all’Autorità a seguito della notifica di richieste di informazioni successive alla presentazione del reclamo ed attraverso cui la medesima dà conto delle ragioni che hanno indotto ad aderire alle istanze dell’interessato a fronte dell’iniziale diniego opposto in sede di interpello, rendendo con ciò più esplicito il processo valutativo effettuato;

RITENUTO pertanto, alla luce delle considerazioni sopra svolte, che in ordine alla contestazione riguardante la presunta violazione dell’art. 21, par. 1, del Regolamento relativamente alla carenza di motivi legittimi per proseguire il trattamento successivamente al diniego opposto in sede di interpello con riguardo ai casi esaminati nel presente provvedimento, nonché con riguardo alla contestazione, contenuta nella comunicazione di avvio del procedimento relativa al reclamo proposto da XX, non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

RITENUTO invece di dover disporre, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. a), del Regolamento, la misura dell’avvertimento nei confronti di Google tenuto conto del fatto che le modalità utilizzate dal titolare del trattamento per comunicare agli interessati i motivi del diniego alle loro richieste in sede di riscontro all’interpello preventivo potrebbero rivelarsi inidonee a dare corretta attuazione alle indicazioni contenute nell’art. 12, par. 4, del Regolamento in quanto valutate alla luce dei criteri di trasparenza di cui al par. 1 del medesimo articolo, e si invita pertanto la medesima società ad individuare misure più adeguate per agevolare la comprensibilità dei predetti riscontri da parte degli utenti, proseguendo nell’attività di implementazione di nuovi moduli di risposta che ha dichiarato di avere avviato nel corso del presente procedimento;

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

a) prende atto di quanto dichiarato da Google a propria difesa in ordine ai profili contestati nell’ambito dei procedimenti su reclamo indicati in premessa con riguardo alla presunta carenza di motivi legittimi e cogenti di cui all’art. 21, par. 1, del Regolamento, nonché, con specifico riguardo al reclamo proposto da XX, di quanto rappresentato con riferimento alla presunta violazione dei termini di riscontro di cui all’art. 12, par. 3, del Regolamento e ritiene pertanto che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

b) dispone nei confronti di Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. a), del Regolamento, la misura dell’avvertimento tenuto conto del fatto che le modalità utilizzate dal titolare del trattamento per comunicare agli interessati i motivi del diniego alle loro richieste in sede di riscontro all’interpello preventivo potrebbero rivelarsi inidonee a dare corretta attuazione alle indicazioni contenute nell’art. 12, par. 4, del Regolamento, in quanto lette alla luce dei criteri di trasparenza indicati dal par. 1 del medesimo articolo, e si invita pertanto la medesima società ad individuare misure più adeguate per agevolare la comprensibilità dei predetti riscontri da parte degli utenti, proseguendo nell’attività di implementazione di nuovi moduli di risposta che la medesima ha dichiarato di avere avviato nel corso del presente procedimento;

c) ai sensi dell’art. 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, dispone l’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, delle misure adottate nei confronti di Google LLC in conformità all’art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 27 maggio 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei