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Provvedimento del 26 marzo 2020 [9446709]

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[doc. web n. 9446709]

Provvedimento del 26 marzo 2020

Registro dei provvedimenti
n. 62 del 26 marzo 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante il 31 luglio 2019 ai sensi dell’art. 77 del Regolamento con il quale XX, rappresentato da Tutela digitale S.r.l., ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al suo nominativo di alcuni URL relativi ad una vicenda nella quale è stato coinvolto nel 2012 con riguardo a condotte poste in essere nell’esercizio della propria attività professionale e che si è conclusa con l’irrogazione nei suoi confronti di una sanzione pecuniaria da parte dell’ente deputato alla vigilanza del settore nel quale il medesimo opera;

CONSIDERATO che l’interessato ha:

lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante diffusione di contenuti da ritenersi ormai superati avendo, peraltro, a suo tempo debitamente corrisposto la sanzione inflittagli;

rilevato che il sito e la pagina Facebook ai quali sono riconducibili parte dei contenuti contestati sono inattivi da anni, ragione per la quale “non è stato possibile contattare il webmaster”, mentre l’ultimo degli URL segnalati sembrerebbe qualificabile come “spam” o comunque riconducibile ad “un sito non del settore che riporta casualmente la notizia che [lo] riguarda assieme ad altre, ad essa non connesse, presenti nel web”;

rappresentato che lo stesso ente di vigilanza che ha irrogato la sanzione a suo carico ha provveduto, decorsi tre anni, all’oscuramento del provvedimento riportante il suo nome;

VISTA la nota del 1° ottobre 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento;

VISTA la nota del 21 ottobre 2019 con la quale Google LLC ha comunicato di non poter aderire alle richieste dell’interessato ritenendo sussistente l’interesse del pubblico alla conoscibilità della vicenda in quanto:

gli articoli reperibili tramite gli URL indicati nell’atto di reclamo “descrivono come il reclamante si sia avvalso di informazioni riservate, ottenute grazie al proprio ruolo” professionale “per acquisire importanti quote di società” e che “le indagini che [ne] sono conseguite (…) hanno poi portato ad una sanzione della (…) pari a 525mila euro, oltre ad una confisca di beni” per un importo molto elevato;

si ritiene tuttora sussistente l’interesse del pubblico a conoscere la vicenda tenuto conto del fatto che l’interessato “svolge, ancora oggi, la medesima attività” e che, in rapporto alla gravità dei fatti contestati, la stessa debba reputarsi ancora recente;

VISTA la nota del 23 ottobre 2019 con la quale Google ha comunicato l’avvenuta rimozione di uno degli URL oggetto di richiesta – http://... – pure senza precisare con esattezza i motivi della diversa decisione;

VISTA la nota del 20 novembre 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto all’interessato di fornire le proprie eventuali osservazioni in ordine al riscontro fornito dal titolare del trattamento, nonché la successiva nota del 3 dicembre 2019 con la quale il medesimo ha ribadito le proprie richieste, eccependo l’insussistenza di un interesse “effettivo ed attuale” alla diffusione delle predette informazioni trattandosi, peraltro, di persona che non gode di “un elevato grado di notorietà”,

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO, con riguardo all’URL http://..., che la società resistente ha dichiarato, nel corso del procedimento, di aver provveduto a bloccare lo stesso dai risultati di ricerca di Google per “le query correlate al nome del reclamante” e che pertanto, con riguardo ad esso, non si ritengono sussistenti i presupposti per l'adozione di provvedimenti in merito da parte dell'Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell’atto di reclamo, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO, alla luce di tutto quanto sopra considerato, che:

la vicenda descritta negli articoli riguarda una grave condotta tenuta dal reclamante in connessione con l’attività professionale da lui svolta ed in relazione alla quale è stato sottoposto a sanzione da parte dell’organismo di vigilanza del settore;

pur risalendo i fatti al 2012, risulta che questi ultimi siano stati fatti oggetto di un successivo accertamento giudiziario che ha portato, in esito allo svolgimento di due gradi di giudizio di merito, alla condanna dell’interessato, confermata nel 2019 dalla Corte di Cassazione che ha parzialmente annullato la sentenza di appello, con rinvio ad altro giudice, solo con riguardo al profilo della proporzionalità del trattamento sanzionatorio complessivamente irrogato al medesimo;

per le ragioni sopra esposte deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse della collettività a conoscere le informazioni che riguardano l’interessato;

RITENUTO di dover pertanto considerare il reclamo infondato con riguardo agli ulteriori URL;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

prende atto di quanto dichiarato dal titolare del trattamento con riguardo all'avvenuta adozione di misure manuali finalizzate ad impedire la reperibilità in rete dell’URL http://... in associazione al nominativo dell’interessato e ritiene pertanto che, con riguardo ad esso, non vi siano gli estremi per l'adozione di provvedimenti in merito da parte dell'Autorità;

dichiara il reclamo infondato con riguardo ai restanti URL.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 26 marzo 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia