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Il ruolo dell'Ue sulla privacy - Intervento di Antonello Soro

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Il ruolo dell'Ue sulla privacy
Intervento di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
("La Repubblica", 29 gennaio 2019)

Caro direttore, viviamo in un tempo in cui la tecnologia digitale, cui dobbiamo straordinarie innovazioni impensabili fino a solo pochi anni fa, concorre alla definizione di criteri valoriali e orienta sempre più le decisioni private e pubbliche.

Internet da mezzo qual era, è divenuta la nuova realtà in cui si esercitano e si negano i diritti, si dispiegano libertà e responsabilità. Il tutto con straordinarie possibilità, impensabili anche solo pochi anni fa, ma anche con rischi che vanno prevenuti per porre davvero la tecnica al servizio dell'uomo.

Conosciamo, per il suo rilievo, l'esperienza statunitense. Sono invece meno note, ma non meno significative, altre realtà: in particolare quella cinese, caratterizzata dal possesso di una carta vincente per lo sviluppo di nuove tecnologie, sempre più alimentate da dati. La demografia, assieme all'assenza di norme efficaci a tutela della privacy e all'osmosi tra i grandi provider e il governo costituisce un fattore di enorme vantaggio nella competizione, in particolare, sull'intelligenza artificiale. Competizione che, come una nuova conquista dello spazio, altera in misura significativa l'equilibrio geopolitico mondiale, ridefinendo - come evidenzia lo stesso antagonismo commerciale tra Usa e Cina - allocazioni di potere prima indiscusse.

D'altra parte, in Cina, l'innesto così profondo della tecnologia nella vita privata e pubblica, si è accompagnato a un'altrettanto pervasiva ingerenza dello Stato nell'esistenza individuale. Emblematico, in tal senso, il Social Credit System, che assegna ai cittadini - ora su base volontaria, dal 2020 obbligatoria - un "punteggio" fondato sulla valutazione dei comportamenti, penalizzando quelli socialmente indesiderabili, con la preclusione all'accesso finanche a determinate scuole o servizi di welfare.

La "vita a punti" dei cinesi sembra dunque indicare la via di un nuovo totalitarismo digitale, fondato sull'uso della tecnologia per un controllo ubiquitario sul cittadino, su una malintesa idea di sicurezza e sulla sottovalutazione dell'importanza della protezione dei dati. L'esperienza cinese dimostra, pur rispetto a una diversa accezione della sicurezza, la forza del legame tra protezione dati e democrazia, emersa già sul terreno del contrasto del terrorismo, rivelando come una sottovalutazione della prima rischi di minare la seconda, soprattutto in un contesto di progressiva traslazione della sovranità nello spazio cibernetico. Tale circolarltà tra protezione dati e democrazia spiega perché, proprio su questo terreno, l'Unione europea abbia inteso affermare la propria sovranità digitale: per rivendicare non la supremazia nazionale ma la libertà, anche oltre quei confini territoriali superati dalla rete. Ed è significativo che, in un mondo in cui riaffiorano crescenti spinte divisive anche rispetto a questioni (clima, nucleare, dazi ecc.) sulle quali si erano consolidate posizioni comuni, la disciplina della protezione dati rappresenti invece sempre più un fattore di aggregazione: non solo a livello europeo, visto il numero crescente di Paesi che ne stanno replicando il modello.

E se questa è la sfida dell'oggi, il futuro si gioca su altri orizzonti. Quelli dell'affermazione progressiva della protezione dati come diritto universalmente tutelato, per restituire alla persona quella centralità che da tempo sembra aver perso. Questo è il ruolo più significativo che l'Europa potrà giocare in un contesto geopolitico così fortemente segnato dal potere dell'algoritmo, ridisegnando, a partire dalla protezione dei dati, i confini del tecnicamente possibile alla luce di ciò che è giuridicamente ed eticamente accettabile.

Scheda

Doc-Web
9078588
Data
29/01/19

Tipologie

Interviste e interventi