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Provvedimento del 5 aprile 2018 [8994733]

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[doc. web n. 8994733]

Provvedimento del 5 aprile 2018

Registro dei provvedimenti
n. 204 del 5 aprile 2018 

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 7 febbraio 2018 da XX, rappresentato e difeso dall’avv. David Leggi, nei confronti di Google LLC (già Google Inc.) e Google Italy S.r.l. con il quale il ricorrente, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito “Codice”), ha chiesto:

la rimozione di alcuni URL collegati ad articoli rinvenibili in associazione al proprio nome e cognome tramite il motore di ricerca gestito dalla resistente; 

la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

CONSIDERATO, in particolare, che l’interessato ha lamentato il pregiudizio derivante alla sua reputazione personale e professionale dalla perdurante diffusione di articoli riportanti notizie sulla sua vita professionale “in maniera tutt’altro che oggettiva e conforme ai limiti del diritto di cronaca” che, artatamente accostate, “producono come risultato un messaggio suggestivo, dal contenuto falso”, ingenerando in tal modo “nel fruitore dell’informazione il sospetto che il medesimo abbia posto in essere condotte tutt’altro che lecite” al fine di ottenere l’assegnazione di determinati incarichi, nello specifico attraverso la società da lui gestita all’epoca dei fatti che, ad oggi, non risulta più esistente;

VISTI gli ulteriori atti d’ufficio e, in particolare, la nota del 21 febbraio 2018 con la quale questa Autorità, ai sensi dell’art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste del ricorrente;

VISTE le note del 27 febbraio e del 9 marzo 2018 con le quali Google, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Berliri e Massimiliano Masnada, ha comunicato di non potere aderire alla richiesta di rimozione avanzata dall’interessato in quanto:

la stessa sarebbe inammissibile essendo fondata unicamente sull’asserito carattere diffamatorio dei contenuti reperibili attraverso gli URL indicati nell’atto di ricorso in quanto ritenuti lesivi del diritto all’onore ed alla reputazione dell’interessato, profili che la resistente non è legittimata a valutare non potendosi ritenere applicabili, nel caso in esame, i principi elaborati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea in materia di diritto all’oblio (cfr. sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

non possono comunque considerarsi fondate le argomentazioni dedotte dalla controparte in termini di inesattezza oggettiva dei fatti riportati negli articoli citati, circostanza peraltro non dimostrata dall’interessato, né i medesimi fatti possono considerarsi alla stregua di campagne personali condotte avverso il medesimo tenuto conto della natura giornalistica delle notizie ivi riportate;

pur laddove il ricorso fosse ritenuto ammissibile dall’Autorità, i presupposti indicati nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea in tema di diritto all’oblio dovrebbero comunque reputarsi carenti non essendo decorso un lasso di tempo sufficientemente ampio dalla pubblicazione degli articoli (avvenuta nel 2013) e dovendosi ritenere tuttora sussistente l’interesse pubblico alla conoscibilità di tali vicende in virtù del ruolo ricoperto dall’interessato;

VISTA la nota del 7 marzo 2018 con la quale quest’ultimo ha contestato quanto affermato dalla resistente rilevando che le istanze di rimozione sarebbero state avanzate con riferimento agli specifici criteri previsti nelle “Linee Guida” adottate dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali, rilevando che anche il motore di ricerca, in quanto titolare del trattamento, deve garantire la conformità di esso alla normativa in materia di protezione dei dati personali che prevede, in particolare, che “i dati personali oggetto di trattamento debbano essere esatti e trattati in modo lecito e secondo correttezza”;

CONSIDERATO, in via preliminare, che il ricorso può ritenersi validamente proposto in quanto il ricorrente, sia attraverso l’interpello preventivo che mediante il successivo atto di ricorso, ha espresso il proprio interesse a far rimuovere gli URL reperibili attraverso il motore di ricerca in associazione al proprio nominativo, richiamando a fondamento della richiesta i presupposti indicati nella sentenza del 13 maggio 2014 della Corte di Giustizia dell’Unione europea in materia di diritto all’oblio (causa C-131/12);

RILEVATO che, ai fini della valutazione dell’esistenza di tali presupposti, occorre, in particolare, tenere conto dei criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida”

RILEVATO che, nel caso in esame:

le notizie contenute negli articoli reperibili attraverso gli URL indicati nell’atto di ricorso sono relative ad eventi risalenti al 2013 – riguardanti essenzialmente l’affidamento in via diretta della gestione di un importante polo museale ad una società gestita dall’interessato, confermata in tale ruolo per un certo numero di anni –  che pur sembrando riportare fatti oggettivamente verificatisi, appaiono porre dei dubbi in ordine alle modalità attraverso le quali ciò sarebbe avvenuto, circostanze queste ultime che non hanno tuttavia mai formato oggetto di accertamento in sede giudiziaria;

il tempo trascorso dal momento in cui si sono verificati gli eventi (e della conseguente pubblicazione degli articoli) può ritenersi idoneo a determinare l’affievolimento dell’interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda mediante reperimento della notizia attraverso i motori di ricerca; 

la società della quale il ricorrente era titolare ad oggi non risulta più esistente e la gestione del polo museale è stata affidata ad altro soggetto;

CONSIDERATO che, alla luce delle ragioni sopra esposte, le informazioni in questione, per come vengono riportate, possono “generare un’impressione inesatta, inadeguata o fuorviante” del ricorrente, causando ad esso un pregiudizio che non appare bilanciato dalla sussistenza di uno specifico interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda (secondo quanto previsto al punto 8 delle citate Linee Guida del WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali, trattamento pregiudizievole per l’interessato);

RITENUTO, alla luce di quanto sopra esposto, di dover accogliere il ricorso e, per l’effetto, di dover ordinare a Google, ai sensi dell’art. 150, comma 2, del Codice, di provvedere, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, alla rimozione degli URL oggetto di richiesta quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato;

VISTE le decisioni dell’Autorità del 15 gennaio e del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria delle spese e dei diritti per i ricorsi e ritenuto congruo, nel caso di specie, quantificare detto importo nella misura di euro 500,00, da addebitarsi per euro 250,00 a carico di Google in considerazione degli adempimenti connessi alla presentazione del ricorso, compensando la restante parte per giusti motivi e, in particolare, in ragione del in ragione della specificità della vicenda;

riscontro fornito nel corso del procedimento;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina a Google di rimuovere, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, gli URL oggetto di richiesta quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato; 

b) determina l’ammontare delle spese del presente procedimento nella misura forfettaria di euro 500,00, di cui euro 250,00 da addebitarsi al titolare del trattamento, che dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente; compensa la restante parte per giusti motivi.

Il Garante, nel chiedere a Google, ai sensi dell’art. 157 del Codice, di comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione al presente provvedimento e di fornire comunque riscontro entro trenta giorni dalla ricezione dello stesso, ricorda che l’inosservanza di provvedimenti del Garante adottati in sede di decisione dei ricorsi è punita ai sensi dell’art. 170 del Codice. Ricorda altresì che il mancato riscontro alla richiesta ex art. 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all’art. 164 del Codice.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 5 aprile 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia