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Dati sensibili - Comunicazione al tribunale per i minorenni dei dati relativi alla sieroposità degli aspiranti genitori adottivi - 15 luglio 1999 ...

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 [doc. web n. 42022]

Dati sensibili - Comunicazione al tribunale per i minorenni dei dati relativi alla sieroposità degli aspiranti genitori adottivi - 15 luglio 1999

Occorre rilevare che la trasmissione del giudizio diagnostico relativo all´accertamento dell´infezione da HIV al tribunale per i minorenni - nel caso di adozione - non appare conforme al preciso dettato normativo della legge n. 135 che impone il mantenimento di un rigoroso rispetto della riservatezza delle persone affette da AIDS.

Roma, 15 luglio 1999

Regione Lazio
Assessorato salvaguardia
e cura della salute
Via R. Raimondi Garibaldi, 7
OO145 Roma


OGGETTO: comunicazione al tribunale per i minorenni dei dati relativi alla sieropositività degli aspiranti genitori adottivi


Con la nota indicata a margine si chiede il parere di questa Autorità in ordine alla procedura secondo la quale i medici delle aziende sanitarie locali incaricate dal tribunale per i minorenni di sottoporre ad indagini sanitarie le persone che hanno presentato domanda di adozione riportano nella relazione medica conclusiva i risultati di tutti gli esami clinici effettuati, compresa l´eventuale diagnosi di infezione da HIV.

Le disposizioni della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione e affidamento dei minori, recentemente modificata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 sull´adozione di minori stranieri, prevedono che il tribunale per i minorenni, allo scopo di acquisire elementi di valutazione utili al giudizio di idoneità all´adozione - e a condizione che sussistano alcuni requisiti minimi stabiliti dalla legge - disponga l´esecuzione di indagini sullo stato di salute degli aspiranti genitori adottivi "avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere" (art. 29 bis, comma 4, l. n. 476/1998; art. 22, commi 3 e 4, l. n. 184/1983).

Sulla base di una relazione medica completa di tutti gli elementi acquisiti, che le aziende sanitarie locali sono tenute a trasmettere al tribunale dei minorenni, quest´ultimo dispone l´affidamento preadottivo (ovvero pronuncia il decreto di idoneità ad adottare - l. 476/1998).

In relazione alla legittimità di tale procedura, che comporterebbe anche la comunicazione al tribunale della diagnosi di infezione da HIV, occorre osservare che la normativa in materia di protezione dei dati personali persegue finalità analoghe a quelle di alcune disposizioni della legge 5 giugno 1990, n. 135 in materia di AIDS. La legge n. 675/1996, infatti, non ha abrogato le disposizioni contenute nella legge n. 135 e ne ha piuttosto confermato la vigenza sempreché siano con essa compatibili (art. 43, comma 2).

Deve ritenersi tuttora operante, quindi, l´obbligo per "gli operatori sanitari che, nell´esercizio della loro professione, vengano a conoscenza di un caso di AIDS, ovvero di un caso di HIV" di "adottare tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza" e di comunicare i risultati degli accertamenti diagnostici, diretti o indiretti, "esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti" (art. 5, commi 1 e 4, legge n. 135/1990).

Alla luce di questo quadro normativo e premessa l´ulteriore garanzia secondo cui "nessuno può essere sottoposto, senza consenso, ad analisi tendenti ad accertare l´infezione da HIV, salvo che per motivi di necessità clinica e nel proprio interesse" (art. 5, comma 3, legge n. 135/1990), occorre rilevare che la trasmissione del giudizio diagnostico relativo all´accertamento dell´infezione da HIV al tribunale per i minorenni non appare conforme al preciso dettato normativo della legge n. 135 che impone il mantenimento di un rigoroso rispetto della riservatezza delle persone affette da AIDS.

L´indubbia rilevanza della questione prospettata, tuttavia, pone l´esigenza di considerare quali misure possano essere adottate per assicurare il regolare svolgimento delle procedure necessarie alle adozioni e, al tempo stesso, la salvaguardia della dignità delle persone interessate.

La normativa in materia di adozioni, pur prevedendo l´acquisizione di elementi sulla situazione sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, non precisa nel dettaglio le indagini cliniche cui sottoporre i medesimi e fa riferimento, piuttosto, ad una relazione medica di ordine generale che concorre a formare il complesso di elementi su cui il giudice fonda le proprie valutazioni.

Tenuto conto della rigorosa normativa in materia di AIDS, il medico del servizio di medicina legale che compia i dovuti accertamenti (tra cui quello per l´infezione HIV, sulla base del consenso scritto degli interessati), può comunicare il risultato diagnostico direttamente ed esclusivamente all´interessato
e trasmettere invece al tribunale una relazione medica da cui si evinca un giudizio complessivo circa la sussistenza di eventuali condizioni di rischio o patologiche che possono minacciare l´interesse del minore.

In senso analogo il Garante è intervenuto con un provvedimento di cui si allega copia, adottato a tutela del diritto di una dipendente pubblica che aveva chiesto di inibire ad una commissione medica che aveva accertato la sua inidoneità fisica all´impiego, di comunicare la diagnosi di HIV al proprio ufficio di appartenenza.

Qualora questa soluzione non potesse essere accolta in quanto il tribunale dei minorenni, in virtù di specifici vincoli derivanti da accordi internazionali ratificati con legge, avesse la necessità di acquisire il risultato dell´accertamento dell´AIDS o dell´infezione HIV, occorrerebbe allora valutare se il divieto di comunicazione a terzi contenuto nella legge n. 135/1990 possa essere superato con il consenso espresso degli interessati.

In proposito, appare più coerente con la ratio della normativa in materia di AIDS - che mira ad operare una selezione dei flussi di circolazione al fine di ridurre il rischio di discriminazione degli interessati - una prassi secondo la quale ciascuno dei coniugi, informato dal medico in ordine alla proprie condizioni di salute, provveda personalmente a produrre la documentazione al tribunale dei minorenni. Ciò garantirebbe all´interessato la libertà di decidere se rimettere il giudizio diagnostico di AIDS al giudice che è tenuto a valutare l´idoneità all´adozione, ovvero se ritirare la domanda evitando così l´ulteriore corso del procedimento.

Si tratta di una prassi fondata sulla specialità degli interessi posti a base della normativa sull´adozione.

Tale prassi, pur non ostacolando in nessun modo lo svolgimento dei procedimenti per le adozioni, realizzerebbe un adeguato bilanciamento tra l´interesse dei minori "ad un ambiente familiare stabile ed armonioso, nel quale essi possano crescere sviluppando la loro personalità in un sano ed equilibrato contesto di vita, affettivo ed educativo" (Corte Cost. 24 luglio 1995, n. 361) e il diritto degli adottanti al rispetto della propria dignità e riservatezza.

Si ricorda infine che il trattamento dei dati relativi alla salute, che deve svolgersi nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali, è disciplinato dagli artt. 22 e 23 della legge n. 675/1996.

In particolare si richiama l´attenzione sulla necessità che gli organismi sanitari che trattano dati idonei a rivelare lo stato di salute rispettino i princìpi di correttezza e di pertinenza sanciti dall´art. 9 della legge n. 675 e adottino tutte le previste cautele a tutela della riservatezza degli interessati, in armonia con l´art. 15 della legge n. 675 e degli artt. 3, commi 4 e 5, e 17 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135.

Il rispetto di questi princìpi deve essere poi ancor più accurato quando si trattano informazioni per le quali l´ordinamento prevede un particolare regime di tutela, quali, appunto, quelle relative all´AIDS o all´infezione HIV, dalla cui circolazione può derivare un grave pregiudizio per la vita privata e la dignità personale degli interessati.

IL PRESIDENTE