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Provvedimento del 12 marzo 2015 [4006210]

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[doc. web n. 4006210]

Provvedimento del 12 marzo 2015

Registro dei provvedimenti
n. 153 del 12 marzo 2015

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 4 dicembre 2014 da XY (rappresentato e difeso dall´avv. Gerardo Macrini) nei confronti di Google Inc. e Google Italy S.r.l. con il quale il ricorrente, in relazione al rinvenimento sul web, tramite il motore di ricerca gestito da Google digitando il proprio nome e cognome, di numerosi articoli pubblicati nel dicembre 2010 e nel luglio 2012 su diverse testate giornalistiche contenenti dati personali che lo riguardano riferiti ad un´indagine giudiziaria relativa alle assunzioni in Atac, l´azienda del trasporto autoferrotranviario del Comune di Roma (nota come indagine su "Parentopoli"), ha chiesto la deindicizzazione degli url che lo riguardano; ciò in quanto le notizie in essi riportate, riferite alla sua sfera personale e lavorativa (in particolare la sua adesione, in età giovanile, ad un movimento politico di estrema destra e l´assunzione in Atac nel 2009 a capo del Servizio Relazioni industriali della stessa), "suggestivamente" accostate in modo da indurre, nel lettore, arbitrari collegamenti tra le stesse, oltre ad essere estremamente risalenti nel tempo (il ricorrente ha "interrotto ogni attivismo politico sin dagli anni ´70"), non hanno trovato rispondenza sul piano giudiziario (tant´è che "ad oggi, il certificato del casellario giudiziario e carichi pendenti riporta la dicitura "nulla""); il ricorrente ha quindi evidenziato come la permanenza sul web delle notizie in questione, contenenti dati personali anche di carattere sensibile e la cui "portata offensiva ( e non veritiera) è ulteriormente aggravata dal fatto che esse non sono di alcuna rilevanza per l´opinione pubblica", arreca una grave "lesione al proprio onore e alla propria reputazione, umiliando gratuitamente la sua figura professionale ed umana"; il ricorrente ha chiesto altresì la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota del 19 dicembre 2014 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149 comma 1 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell´interessato, nonché la nota del 2 febbraio 2015 con cui è stata disposta, ai sensi dell´art. 149 comma 7 del Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTA la nota del 9 gennaio 2015, con cui Google, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Berliri, Massimiliano Masnada e Marta Staccioli, ha evidenziato che, per quanto attiene il diritto all´oblio, già prima della c.d. "sentenza Costeja" del 13 maggio 2014 (C-131/12), "dottrina e giurisprudenza erano concordi nel ritenere che lo stesso deve essere identificato nel diritto di ottenere la cancellazione dei propri dati personali quando, per effetto del trascorrere del tempo, la loro diffusione non è più giustificata da esigenze di tutela della libertà di informazione e del diritto di cronaca" e che la stessa "Suprema Corte aveva specificato che il diritto dell´interessato a pretendere che proprie, passate vicende personali siano pubblicamente dimenticate, trova limite nel diritto di cronaca ogni qualvolta "sussista un interesse effettivo ed attuale alla loro diffusione, nel senso che quanto recentemente accaduto trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l´attualità" (sentenza n. 16111/2013); la resistente ha quindi ribadito quanto già rappresentato al ricorrente in data 29 agosto 2014 affermando che, nel caso di specie, "la richiesta di rimozione del ricorrente non può essere accolta, mancando i presupposti per l´esercizio del presunto diritto all´oblio, per una evidente prevalenza dell´interesse pubblico delle notizie contenute negli articoli evidenziati"; ciò in quanto gli articoli medesimi "risalgono al 2010 (poco più di quattro anni fa) e riportano informazioni che, seppure risalenti ad un periodo precedente, risultano necessarie al fine di contestualizzare la notizia. In tale ottica, infatti, le vicende riguardanti l´attività politica del ricorrente assumono rinnovata importanza proprio in relazione alla presunta "Parentopoli" nelle assunzioni all´Atac a Roma e rivestono sicuramente il carattere dell´interesse pubblico (…); la resistente ha quindi sottolineato come la posizione assunta rispetto al caso di specie risulti pienamente conforme alle Linee Guida emanate dal WP29 il 26 novembre 2014 che espressamente considerano "tra i criteri che devono essere interpretati (…) alla luce dell´interesse del pubblico ad avere accesso alle informazioni in questione, quello del ruolo dell´interessato nella vita pubblica. (…). In tal senso è evidente che sussiste l´interesse dei cittadini a conoscere di possibili irregolarità nelle assunzioni all´Atac, tanto più ove relative a posizioni dirigenziali e di vertice, soprattutto avuto riguardo al particolare momento storico"; ciò posto, Google ha precisato che, "in qualità di motore di ricerca, lo stesso si limita, attraverso algoritmi matematici che operano con intervalli di tempo regolari, ad eseguire una scansione, ossia una indicizzazione automatica delle pagine presenti in rete", indipendentemente quindi da "qualsivoglia obbligo di controllo preventivo dei contenuti delle pagine web indicizzate; né può intervenire per impedire, modificare o comunque alterare le informazioni ivi contenute a semplice richiesta di chi si asserisce leso in assenza di una pronuncia dell´autorità competente"; resta fermo che quanto sopra rappresentato non esclude che l´interessato "abbia tutti i diritti di agire presso le competenti sedi giudiziarie per la tutela dei propri diritti all´onore e alla reputazione nei confronti dei giornali e dei webmaster dei siti che hanno pubblicato gli articoli in questione, asseritamente diffamatori";

VISTO il verbale dell´audizione tenutasi il 12 gennaio 2015 nel corso della quale la parte ricorrente ha ribadito le richieste formulate con il ricorso ritenendo "del tutto carente l´interesse pubblico alla permanenza e diffusione di fatti ormai risalenti nel tempo, anche in relazione ai fatti più recenti richiamati da controparte aventi ad oggetto altre circostanze"; il ricorrente ha quindi invocato il proprio diritto ad essere "rappresentato correttamente, essendo i fatti – ancorché da dimostrare – comunque risalenti a 30 anni fa e qualora ricorsivamente citati in articoli di giornale, gli stessi non costituiscono notizie, rimandando solo a fatti vecchi e rendendo così difficile stabilire da quando, ovvero da quale data, sia possibile esercitare il diritto all´oblio"; la parte resistente ha quindi richiamato le argomentazioni contenute nella memoria del 9 gennaio 2015 ribadendo in particolare che, nel caso di specie, "non sussiste il diritto all´oblio in quanto gli articoli si riferiscono ad una vicenda (Parentopoli) del 2010 per cui sono ancora in corso accertamenti dei fatti e che è maturata in un arco temporale e in un contesto socio-politico simile  a quello oggetto degli articoli di stampa recenti legati alla vicenda mafia-capitale"; ciò "a prescindere dal legittimo diritto del ricorrente ad agire nei confronti dei webmaster per eventuali violazioni del diritto all´onore e alla reputazione";

VISTA la nota del 19 gennaio 2015 con cui il ricorrente ha trasmesso copia, "per mera conoscenza", del curriculum vitae e dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (aggiornati al 5 maggio 2011);

CONSIDERATO che la sentenza della Corte di Giustizia dell´Unione Europea del 13 maggio 2014 c-131/12 (c.d. sentenza Costeja) ha riconosciuto il diritto dell´interessato di rivolgersi al gestore del motore di ricerca al fine di ottenere la deindicizzazione dei risultati ottenuti inserendo come chiave di ricerca il nome del soggetto cui si riferiscono le informazioni, in particolare quando le stesse, tenuto conto dell´insieme delle circostanze caratterizzanti il caso oggetto della richiesta, risultino "inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti ovvero eccessive in rapporto alle finalità per le quali sono state trattate e al tempo trascorso"; considerato che tale diritto all´oblio, come già affermato in dottrina e in giurisprudenza antecedentemente alla sentenza Costeja, anche laddove sussista il suo principale elemento costitutivo ovvero il  trascorrere del tempo, incontra un limite quando le informazioni in questione sono riferite al ruolo che l´interessato riveste nella vita pubblica con conseguente prevalenza dell´interesse della collettività ad accedere alle stesse rispetto al diritto dell´interessato alla protezione dei dati;

CONSIDERATO che le stesse Linee Guida sull´attuazione della sentenza Costeja emanate dal WP29 il 26 novembre 2014, hanno individuato, tra i criteri che devono essere considerati per la disamina delle richieste di deindicizzazione ai motori di ricerca, quello del ruolo dell´interessato nella vita pubblica e, correlativamente, quello della natura (pubblica o privata) delle informazioni allo stesso riferite; considerato infatti che "la probabilità che una certa informazione sia pertinente è maggiore se si tratta di un´informazione legata all´attuale vita lavorativa dell´interessato, avuto riguardo alla natura dell´attività svolta e all´interesse legittimo del pubblico ad avere accesso a tale informazione" (punto 5 lett.a);

RITENUTO che la richiesta formulata dal ricorrente con il ricorso in esame, di deindicizzazione degli url che lo riguardano rinvenibili mediante il motore di ricerca gestito dalla resistente, non appare meritevole di considerazione in quanto non sussistono i presupposti riconosciuti anche di recente dalla Corte di Giustizia Europea nella citata sentenza del 13 maggio 2014 e nelle richiamate Linee guida sull´attuazione della stessa ; rilevato infatti che, nel caso di specie, le notizie rinvenibili agli url in questione, pubblicate in un arco temporale compreso tra dicembre 2010 e giugno 2012, risultano essere recenti e di pubblico interesse, riguardando un´importante indagine giudiziaria non ancora conclusa che ha avuto ampio rilievo sul piano nazionale, nell´ambito della quale i profili attinenti a momenti passati assumono rilievo alla luce dell´attività professionale dallo stesso attualmente esercitata ed al contesto politico e amministrativo che fa da sfondo alla vicenda oggetto di cronaca giornalistica;

RITENUTO pertanto che, alla luce delle considerazioni sopra esposte, il ricorso deve essere dichiarato infondato;

RILEVATO che resta tuttavia impregiudicata la facoltà per il ricorrente di adire la competente autorità giudiziaria al fine di tutelare, se del caso, i propri diritti con riferimento a condotte ritenute diffamatorie o altrimenti lesive di  diritti della personalità (profili in ordine ai quali questa Autorità non ha competenza);

RITENUTO che sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del procedimento, alla luce della peculiarità della vicenda;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

1) dichiara il ricorso infondato;

2) dichiara compensate fra le parti le spese del procedimento.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 12 marzo 2015

IL PRESIDENTE
SORO

IL RELATORE
SORO

IL SEGRETARIO GENERALE
BUSIA