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Provvedimento del 21 luglio 2022 [9813878]

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[doc. web n. 9813878]

Provvedimento del 21 luglio 2022

Registro dei provvedimenti
n. 258 del 21 luglio 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante in data 14 ottobre 2021 ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, dal sig. XX, rappresentato dall’avv. XX, nei confronti di Google LLC, con il quale è stata chiesta la deindicizzazione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome, di 20 URL rinvianti ad articoli di quotidiani, pubblicati tra il 2019 e il 2020, che danno conto del coinvolgimento del reclamante in una indagine nota come “XX”, in qualità di assistente locale di XX, ex europarlamentare di XX, accusata di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche per utilizzo illecito dei fondi del Parlamento europeo proprio nel contesto della predetta indagine;

CONSIDERATO che il reclamante ha precisato:

di essere un professionista del settore della pubblicità e della comunicazione digitale, di rivestire attualmente la carica di amministratore delegato di una società, che offre servizi alle imprese servizi di marketing, di non aver mai rivestito alcun incarico pubblico di tipo elettivo e di non potersi pertanto definire un personaggio pubblico;

che. a partire dagli ultimi mesi del 2019, alcuni organi di stampa hanno dato la notizia di un coinvolgimento del reclamante nell’ambito del procedimento penale collegato all’inchiesta denominata “XX”, condotta dalla Procura della Repubblica di XX, e relativa a una presunta truffa realizzata dall’on. XX in concorso con terzi, ai danni dell’Unione europea;

la notizia è stata poi ripresa, nel contesto generale della cronaca giudiziaria della vicenda, anche da numerose testate giornalistiche on-line, ed è apparsa in siti web e blog, con il sig, XX indicato in più occasioni tra gli indagati;

l’11 giugno 2021 il reclamante ha raggiunto un accordo di “patteggiamento” ai sensi dell’art. 444 c.p.p., ratificato dal Giudice per le indagini preliminari con sentenza che, riconosciute le attenuanti generiche, ha disposto la sospensione condizionale della pena, pari a 11 mesi di reclusione;

poiché la definizione anticipata mediante applicazione della pena su richiesta delle parti consente di accedere al “beneficio della non menzione nel casellario giudiziale”, il reclamante non presenta più alcun carico pendente né con riferimento alla vicenda riportata negli Url citati in premessa, né per altre vicende, risultando perciò un soggetto incensurato;

i fatti contestati risalgono al 2014 e pertanto la persistente diffusione della notizia non può ritenersi giustificata dall’interesse pubblico, anche perché, oltre a non essere attuale, non riguarda un soggetto noto, si riferisce a un’attività conclusa e non hanno alcuna attinenza con il suo attuale ruolo professionale;

tutte le informazioni raggiungibili con gli Url citati sono obsolete e non attuali e quindi gravemente lesive della sua immagine, anche in ragione della ricostruzione parziale e decontestualizzata della vicenda offerta al pubblico: viene perciò invocata una violazione dell’art. 5 del Regolamento, in particolare del principio per cui i dati devono essere esatti e attuali;

gli Url in contestazione possono costituire la fonte di “database di profilazione reputazionale” ai quali possono rivolgersi istituzioni finanziarie, istituti di credito, società, studi professionali e agenzie governative al fine di avere informazioni sul profilo di rischio di specifici soggetti, in connessione con l’instaurazione di rapporti commerciali.

VISTA la nota del 29 ottobre 2021, con la quale questa Autorità ha chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento, di fornire elementi in ordine alla richiesta del reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 18 novembre 2021, con la quale Google ha rappresentato:

relativamente ai due Url indicati nel primo elenco della propria memoria di risposta (n. 1 e n. 2), di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, in quanto le relative pagina web non risultano essere visualizzate tra i risultati di ricerca di Google associati al nome del reclamante;

con riferimento agli altri Url indicati nella propria memoria di risposta nel secondo elenco (da n. 1 a n. 18) di non accogliere la deindicizzazione dei contenuti indicati dal reclamante, sulla base di una serie di argomenti:

insussistenza del requisito del trascorrere del tempo in quanto sono trascorsi meno di due anni dalla pubblicazione della quasi totalità degli articoli contestati, considerato che i contenuti cui indirizzano gli Url dal n. 2 al n. 18 sono stati pubblicati nel 2020, mentre quello relativo all’Url n. 1 nel 2019; tali circostanze dimostrano l’interesse pubblico alla loro reperibilità, posto che gli URL contestati riferiscono di un reato commesso dal reclamante e per cui lo stesso dichiara di essere stato condannato nel giugno 2021;

secondo gli articoli cui indirizzano gli Url contestati, il sig. XX avrebbe aiutato la ex europarlamentare XX a porre in essere una truffa nei confronti dell’Unione europea, tramite finte assunzioni atte a percepire i fondi destinati a coprire gli stipendi di tali persone, poi utilizzate per scopi personali; inoltre, la veridicità di tali informazioni è comprovata dallo stesso reclamante, il quale conferma di essere stato l’assistente dell’europarlamentare dal 2016 al 2019;

la circostanza che il procedimento penale si sia concluso mediante l’applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. esclude la sussistenza del diritto all’oblio richiesto dal sig. XX, soprattutto in considerazione della gravità del reato e dei fatti per i quali è stato sottoposto a detto procedimento penale. Ciò a maggior ragione in considerazione del fatto che, al momento della risposta di Google, non era ancora spirato il termine per la sospensione condizionale della pena;

l’interesse generale alla reperibilità della notizia risiede nella circostanza che tutti gli Url sopra indicati riportano informazioni riguardanti il coinvolgimento del reclamante nell’indagine “XX”, ovvero la sua partecipazione a una truffa nei confronti dell’Unione Europea in qualità di assistente locale di una nota esponente politica:

le richieste di deindicizzazione di notizie riguardanti reati gravi devono essere trattate con estrema cautela, potendosi – come sottolineato dalle Linee Guida del WP29 (adottate dal Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia  dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (Causa C-131/12) (c.d. sentenza Costeja)– "considerare la deindicizzazione di risultati di ricerca relativi a reati minori accaduti molto tempo fa", mentre il diritto all'oblio non sussiste rispetto a "reati più gravi" e meno risalenti;

il reclamante è stato condannato per un reato commesso nell’esercizio della sua attività professionale e pertanto rientra a pieno titolo tra i soggetti che le Linee Guida WP29, adottate il 26 novembre 2014, annoverano tra coloro che svolgono un ruolo nella vita pubblica per effetto della professione svolta (cfr. Linee Guida, pag. 13);

i contenuti in questione, relativi a notizie riportate da testate giornalistiche quali “Corriere della Sera” e “Il Fatto Quotidiano” hanno natura giornalistica e, come statuito dalle Linee Guida del WP29, la natura giornalistica di un’informazione e il fatto stesso che sia stata pubblicata da un giornalista costituiscono elementi a conferma del sussistente interesse pubblico alla notizia (cfr. Linee Guida del WP29, pag. 19).

VISTA la nota del 19 novembre 2021, con la quale il reclamante, in replica alle argomentazioni fornite da Google, oltre a ribadire le ragioni già poste a base del reclamo, ha precisato che

-  la scelta del patteggiamento è stata determinata, in particolare, dalla volontà di definire nel più breve tempo possibile una posizione processuale che sarebbe stata ancora oggetto di cronaca nonché interessata da un certo clamore mediatico considerata la notorietà dei protagonisti principali; la volontà di avvalersi del beneficio della non menzione sarebbe, pertanto, del tutto vanificata dalla prosecuzione del trattamento da parte della società che gestisce il motore di ricerca;

- la carica di CEO della XX si riferisce a una piccola impresa, tenuto conto del numero dei dipendenti (meno di 20) e del livello di fatturato, per cui in tal caso la carica di CEO non può coincidere con la nozione di uomo di affari richiamata da Google;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi, ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

- nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall’art. 3, par. 1;

- il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell’art. 55, par. 1, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

VISTI gli artt. 17 e 21, par. 1, del Regolamento;

PRESO ATTO, con riguardo agli URL indicati nel primo elenco della memoria di risposta di Google (n. 1 e n. 2) in ordine al fatto che i contenuti tali URL non risultano visibili in associazione al nominativo del reclamante e ritenuto, pertanto che, relativamente ad essi, non sussistano i presupposti per l'adozione di provvedimenti da parte dell'Autorità;

CONSIDERATO, in merito all’istanza di deindicizzazione degli URL indicati nella memoria di risposta di Google (da n. 1 a n. 18), che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati nelle Linee Guida sopra citate, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

la vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’interessato, pur avvenuta in tempi recenti, si è conclusa con l’applicazione della pena su richiesta delle parti, per effetto della quale l’interessato è stato condannato a 11 mesi di reclusione con beneficio della sospensione condizionale della pena;

con riguardo a tale procedimento l’art. 24, comma 1, lett. e), del d.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313, come modificato dal d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 122 – recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti” - dispone l’esclusione dall’iscrizione nel certificato del casellario giudiziale del provvedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti laddove quest’ultima non sia superiore a due anni;

il beneficio in tal modo riconosciuto dall’ordinamento, finalizzato a limitare la conoscibilità della condanna subita da un determinato soggetto, verrebbe, di fatto, vanificato ove fosse consentito al gestore di un motore di ricerca di trattare ulteriormente tale dato attraverso la reperibilità in rete di esso in associazione al nominativo dell’interessato, pregiudicando così la sfera giuridica di quest’ultimo (cfr. cfr. punto 8 parte II delle Linee guida n. 5/2019 sopra citate);

RITENUTO di dover pertanto considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione degli sopra indicati URL e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di rimuovere gli stessi quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO, ai sensi dell’art, 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie nei confronti di Google LLC in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

a) prende atto di quanto dichiarato da Google relativamente agli URL indicati nel primo elenco della propria memoria di risposta (n. 1 e n. 2) e ritiene pertanto che non sussistano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito;

b) dichiara il reclamo fondato con riguardo alla richiesta di rimozione dei restanti URL e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge a Google LLC di disporne la deindicizzazione quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell'interessato nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

c) ai sensi dell’art. 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, dispone l’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, delle misure adottate nei confronti di Google LLC in conformità all’art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo, senza tuttavia attribuire a tale annotazione – per le ragioni di cui in premessa – valore di precedente in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, ai fini previsti dall’art. 83, par. 2), lett. c), del Regolamento.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 21 luglio 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei