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Ordinanza ingiunzione nei confronti di Comune di Partanna - 28 aprile 2022 [9777127]

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[doc. web n. 9777127]

Ordinanza ingiunzione nei confronti di Comune di Partanna - 28 aprile 2022

Registro dei provvedimenti
n. 149 del 28 aprile 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l'avv. Guido Scorza, componenti e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE (di seguito “Codice”);

VISTO il Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali, approvato con deliberazione n. 98 del 4 aprile 2019, pubblicato in G.U. n. 106 dell’8 maggio 2019 e in www.gpdp.it, doc. web n. 9107633 (di seguito “Regolamento del Garante n. 1/2019”);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del Regolamento del Garante n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, doc. web n. 1098801;

Relatore la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

PREMESSO

1. Introduzione.

Con reclamo del XX, presentato ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, il reclamante, che al tempo dei fatti oggetto di reclamo era dipendente del Comune di Partanna (di seguito, il “Comune”), ha lamentato la circostanza che il Comune ha pubblicato sul proprio sito web istituzionale la deliberazione della Giunta Municipale n. XX dell’XX, con oggetto “[iniziali del cognome e del nome del reclamante] c/Comune di Partanna Ricorso in materia di lavoro ex artt. 414 e ss. c.p.c. innanzi il Tribunale di […] – Individuazione legale da incaricare per opposizione a ricorso”, con la quale veniva proposta la costituzione in giudizio “[…] innanzi il Tribunale di […] avverso il ricorso in materia di lavoro ex art 414 cpc, notificato dal dipendente [iniziale del nome e del cognome del reclamante] (meglio individuato nell’allegato sub lett. A) che non viene pubblicato ai sensi del D. Legs. N. 196/2003 e s.m.i.) in data […] prot. n. […], con il quale lo stesso ha citato il Comune […] innanzi il Giudice del lavoro per accertare e dichiarare la responsabilità del Comune […] per avere posto in essere un procedimento disciplinare illegittimo nei confronti del [titolo e cognome per esteso del reclamante], arrecando allo stesso danni patrimoniali e non patrimoniali e per converso obbligare lo stesso Ente a risarcire […]”.

La pubblicazione della deliberazione in questione è stata accertata dall’Autorità con relazione di servizio del XX (prot. n. XX).

Il reclamante ha, inoltre, rappresentato che, per effetto della pubblicazione della predetta deliberazione, le vicende oggetto della controversia giudiziaria hanno “suscitato anche notevole clamore mediatico”, essendo state citate “nella prima pagina di un noto periodico locale, [con] un articolo che ha riportato stralci della delibera, condito con note di disapprovazione da parte del redattore [dello stesso] […]”. A tale articolo, “ripreso da varie fonti, hanno fatto eco molti commenti negativi sulle principali piattaforme social, creando notevoli quanto ingiusti danni all’[…]immagine” del reclamante.

2. L’attività istruttoria.

Con nota del 1XX (prot. n. XX), l’Ufficio, sulla base degli elementi acquisiti, dalle verifiche compiute e dei fatti emersi a seguito dell’attività istruttoria, ha notificato al Comune, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento, avente ad oggetto le presunte violazioni degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter, commi 1 e 3, del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), invitando il predetto titolare a produrre al Garante scritti difensivi o documenti ovvero a chiedere di essere sentito dall’Autorità (art. 166, commi 6 e 7, del Codice, nonché art. 18, comma 1, dalla l. 24 novembre 1981, n. 689).

Con nota del XX (prot. n. XX), il Comune ha presentato una memoria difensiva, dichiarando, in particolare, che:

“la deliberazione della giunta municipale n. XX risulta pubblicata sul sito istituzionale, nella sezione “albo pretorio on line” sulla base delle previsioni di cui all’art. 124 del d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 11 della legge regionale n. 44 del 1991, le quali prevedono che tutti gli atti deliberativi dei comuni per acquisire efficacia debbono essere pubblicati all’albo pretorio per un periodo di giorni 15. Al termine del periodo obbligatorio di pubblicazione gli atti transitano nella sezione “albo storico” al fine di rispettare la speciale previsione di cui all’art. 10 del medesimo d.lgs. 267/2000, che prevede un regime di trasparenza rafforzato su tutti gli atti degli enti locali”;

si era comunque “provveduto ad indicare nel testo della proposta di deliberazione il ricorrente (già dipendente comunale) con le mere iniziali (allegando una separata scheda anagrafica non pubblicata) e, tuttavia, nella parte dispositiva dell’atto, ricopiando l’oggetto della domanda giudiziale avanzata dal dipendente innanzi al Giudice del Lavoro,  [si è], per una evidente svista, omesso di cancellare la dizione [“titolo e cognome per esteso del reclamante”] copiata dal testo delle conclusioni del ricorso al Tribunale”;

“[…] mai in altre occasioni sono state diffuse le generalità di ricorrenti in giudizi il cui oggetto implica una diffusione di dati che possono compromettere il diritto alla riservatezza personale. Si tratta di un caso isolato evidentemente non dovuto a dolo ma a mera disattenzione da parte dell’istruttore […]”;

“in data XX, cioè dopo poco meno di 24 ore dall’acquisizione al protocollo della notifica [dell’] Autorità (XX), il responsabile dell’albo on line ha provveduto ad effettuare le opportune modifiche al testo della deliberazione oggetto di contestazione, ripubblicandolo nella sezione dell’albo online depurato di tutti i riferimenti personali”;

“in data XX, il segretario generale ha adottato una puntuale direttiva (prot. […]) contente specifiche misure organizzative, già messe in atto dall’Ente, al fine di superare l’attuale prassi di minimizzazione dei dati personali attraverso la mera indicazione delle iniziali e, soprattutto, di evitare di riportare nelle deliberazioni con le quali si decide di resistere o agire in giudizio tutti i concreti riferimenti alla lite che non sono proporzionati alla finalità della decisione, avviando nel contempo una revisione del registro del rischio e della valutazione di impatto, con riguardo a tale processo”;

“in merito al “clamore mediatico” [, il Comune ritiene che] […] esist[a] comunque un interesse alla conoscenza e alla trasparenza come strumento di formazione del dibattito pubblico”.

In occasione dell’audizione, richiesta dal Comune ai sensi dell’art. 166, comma 6, del Codice e tenutasi in data XX (cfr. verbale prot. n. XX dell’XX), il Comune ha, inoltre, dichiarato, in particolare, che:

“si è trattato […] di una mera svita, accaduta nonostante i notevoli sforzi  profusi dal Comune e finalizzati all’adeguamento al nuovo quadro normativo in materia di protezione dei dati personali. Solitamente, infatti, i dati personali sono contenuti in un allegato alla delibera, che non viene mai pubblicato sul sito web istituzionale. Nel caso di specie, a causa di un errore umano, in fase di scrittura della delibera è stato copiato e incollato del testo presente in un documento non pubblico, rendendo così identificabile l’interessato. Il Comune ha, pertanto, agito senza dolo, senza colpa grave e in assoluta buona fede”;

“il Comune ritiene, in ogni caso, che questa svista non abbia arrecato un danno all’interessato. Il clamore mediatico che ha riguardato la vicenda, concerne, infatti, vicende pregresse che attengono ai rilevanti incarichi ricoperti dallo stesso nell’ambito dell’Amministrazione e che, in un Comune di piccole dimensioni, sono inevitabilmente conosciute dalla collettività e dalla stampa”.

3. Esito dell’attività istruttoria.

La disciplina di protezione dei dati personali prevede che i soggetti pubblici, nell’ambito del contesto lavorativo, possono trattare i dati personali degli interessati, anche relativi a categorie particolari, se il trattamento è necessario, in generale, per la gestione del rapporto di lavoro e per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge o dal diritto dell’Unione o degli Stati membri (artt. 6, par. 1, lett. c), 9, par. 2, lett. b) e 4 e 88 del Regolamento). Il trattamento è, inoltre, lecito quando sia “necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento” (art. 6, parr. 1, lett. e), 2 e 3, e art. 9, par. 2, lett. g), del Regolamento; art. 2-ter del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

La normativa europea prevede che “gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l’applicazione delle norme del […] regolamento con riguardo al trattamento, in conformità del paragrafo 1, lettere c) ed e), determinando con maggiore precisione requisiti specifici per il trattamento e altre misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto […]” (art. 6, par. 2, del Regolamento). Al riguardo, si evidenzia che l’operazione di diffusione di dati personali (come la pubblicazione su Internet), da parte di soggetti pubblici, è ammessa solo quando prevista da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (cfr. art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

Il titolare del trattamento è tenuto, in ogni caso, a rispettare i principi in materia di protezione dei dati, fra i quali quello di “liceità, correttezza e trasparenza” nonché di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato” e devono essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. a) e c), del Regolamento).

In tale quadro, si osserva, anzitutto, che, sebbene – come dichiarato dal Comune – il titolo e il cognome del reclamante siano stati menzionati nella deliberazione in questione a causa di un errore umano, comportando la diffusione di informazioni riferite a una persona fisica direttamente indentificata (cfr. art. 4, par. 1, n. 1), del Regolamento), l’interessato sarebbe stato comunque identificabile per effetto della presenza, all’interno del predetto atto, delle iniziali del relativo nome e cognome (cfr., sul punto, provv.ti 25 febbraio 2021, n. 68, doc. web n. 9567429; 2 luglio 2020, n. 118, doc. web n. 9440025; 2 luglio 2020, n. 119, doc. web n. 9440042). Ciò anche tenuto conto della circostanza che, come risulta dalle dichiarazioni in atti, il titolare del trattamento è un Ente di dimensioni ridotte.

Quanto alla base giuridica che, ad avviso del Comune, avrebbe giustificato la pubblicazione di tale deliberazione e la conseguente diffusione dei dati personali del reclamante, si evidenzia che già nelle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti  anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati” (pubblicate in G.U. n. 134 del 12 giugno 2014 e in www.gpdp.it, doc. web n. 3134436, parte seconda, parr. 1 e 3(a)) il Garante ha chiarito che, anche in presenza di una norma di legge che preveda la pubblicazione di atti e documenti della pubblica amministrazione – che in ogni caso deve essere rispettata anche con riguardo all’arco temporale di pubblicazione da questa stabilito - devono essere, comunque, rispettati i principi di protezione dei dati (art. 5 del Regolamento).

Tali considerazioni valgono anche in merito agli obblighi derivanti dall’art. 124 del d.lgs. 267/2000, invocato dal Comune per giustificare la pubblicazione della deliberazione in questione, atteso che anche alle pubblicazioni nell’albo pretorio online si applicano tutti i limiti previsti sopra menzionati con riguardo al rispetto del principio di “minimizzazione dei dati” (art. 5, par. 1, lett. c) c), del Regolamento; cfr. parte II, par. 3(a) delle Linee guida sopra citate). La pubblicazione degli atti in questione, privo di qualunque riferimento che potesse consentire anche indirettamente l’identificazione del reclamante, non avrebbe, peraltro, compromesso il principio di adeguata motivazione di cui all’art. 3 della l. 241/1990, poiché la versione integrale dell’atto sarebbe restata, in ogni caso, agli atti del Comune e sarebbe stata accessibile, da parte di soggetti qualificati, nei modi e nei limiti previsti dalla legge.

Peraltro, la circostanza che la deliberazione in questione sia stata pubblicata, senza previa anonimizzazione, nei modi e nei termini in cui sia possibile, oltre l’arco temporale previsto dalla disciplina di settore (cfr. l’art. 124 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, concernente la pubblicità degli atti degli enti locali sull’albo pretorio, nonché l’art. 32 della l. 18 giugno 2009, n. 69), connota ulteriormente di illiceità la diffusione dei dati personali in essa contenuti (cfr. Cass. civ., sez. II, ord. n. 18292 del 3 settembre 2020).

Per quanto attiene alla circostanza che, ad avviso del Comune, la pubblicazione della deliberazione in questione fosse comunque giustificata ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, si evidenza che il comma primo di tale articolo, nel prevedere in via generale che tutti gli atti dell’amministrazione comunale sono pubblici, fa espressamente salvi i casi in cui “la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone” (cfr. provv. 27 gennaio 2021, n. 34, doc. web n. 9549165).

Come è emerso nel corso dell’istruttoria, il Comune ha, invece, pubblicato sul proprio sito web istituzionale dati personali relativi a vicende connesse al rapporto di lavoro al tempo in essere con il reclamante (anche con riguardo a un procedimento disciplinare), a un contenzioso promosso dallo stesso in sede civile e ad altre situazioni afferenti alla sfera privata del reclamante (ovvero la circostanza che lo stesso non aveva accettato una posizione lavorativa presso un altro comune), che non possono ritenersi “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. c), del Regolamento; con riguardo, in generale, al rispetto del principio di minimizzazione dei dati in occasione della pubblicazione di documenti online, ancorché in contesti diversi, v., da ultimo, provv. 16 dicembre 2021, n. 448, doc. web n. 9742923; provv. 25 febbraio 2021, n. 69, doc. web n. 9565258; provv. 11 febbraio 2021, n. 54, doc. web n. 9556625; provv. 27 gennaio 2021, n. 34, doc. web n. 9549165; provv. 14 gennaio 2021, n. 22, doc. web n. 9543138; v. anche precedenti provvedimenti in essi richiamati).

La diffusione dei dati personali del reclamante sul sito web istituzionale del Comune (protrattasi per un ampio arco temporale, ovvero dall’XX al XX) è, pertanto, avvenuta in maniera non conforme ai principi di “liceità, correttezza e trasparenza” e “minimizzazione dei dati”, e in assenza di un’idonea base giuridica, in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

4. Conclusioni.

Alla luce delle valutazioni sopra richiamate, si rileva che le dichiarazioni rese dal titolare del trattamento nel corso dell’istruttoria ˗ della cui veridicità si può essere chiamati a rispondere ai sensi dell’art. 168 del Codice ˗, seppure meritevoli di considerazione, non consentono di superare i rilievi notificati dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e risultano insufficienti a consentire l’archiviazione del presente procedimento, non ricorrendo, peraltro, alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Si confermano, pertanto, le valutazioni preliminari dell’Ufficio e si rileva l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dal Comune, per aver diffuso dati personali del reclamante relativi a vicende connesse al rapporto di lavoro al tempo in essere con il reclamante (anche con riguardo a un procedimento disciplinare), a un contenzioso promosso dallo stesso in sede civile e ad altre situazioni afferenti alla sfera privata del reclamante (ovvero la circostanza che lo stesso non aveva accettato una posizione lavorativa presso un altro comune), in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

La violazione delle predette disposizioni rende applicabile la sanzione amministrativa prevista dall’art. 83, par. 5, del Regolamento, ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i), e 83, par. 3, del Regolamento medesimo, come richiamato anche dall’art. 166, comma 2, del Codice.

In tale quadro, considerando, in ogni caso, che la condotta ha esaurito i suoi effetti (v. nota prot. n. XX del XX, in atti, nella quale il Comune ha affermato di aver “provveduto in data XX ad effettuare le dovute correzioni al testo della deliberazione n. XX”), non ricorrono i presupposti per l’adozione di ulteriori misure correttive di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento.

5. Adozione dell’ordinanza ingiunzione per l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e delle sanzioni accessorie (artt. 58, par. 2, lett. i e 83 del Regolamento; art. 166, comma 7, del Codice).

Il Garante, ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i) e 83 del Regolamento nonché dell’art. 166 del Codice, ha il potere di “infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 83, in aggiunta alle [altre] misure [correttive] di cui al presente paragrafo, o in luogo di tali misure, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso” e, in tale quadro, “il Collegio [del Garante] adotta l’ordinanza ingiunzione, con la quale dispone altresì in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sua pubblicazione, per intero o per estratto, sul sito web del Garante ai sensi dell’articolo 166, comma 7, del Codice” (art. 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/2019).
Al riguardo, tenuto conto dell’art. 83, par. 3, del Regolamento, nel caso di specie la violazione delle disposizioni citate è soggetta all’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 83, par. 5, del Regolamento.

La predetta sanzione amministrativa pecuniaria inflitta, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso, va determinata nell’ammontare tenendo in debito conto gli elementi previsti dall’art. 83, par. 2, del Regolamento.

In relazione ai predetti elementi è stato considerato che la rilevata condotta ha avuto ad oggetto la diffusione di dati personali relativi a vicende connesse al rapporto di lavoro al tempo in essere con il reclamante (anche con riguardo a un procedimento disciplinare), a un contenzioso promosso dallo stesso in sede civile e ad altre situazioni afferenti alla sfera privata del reclamante (ovvero la circostanza che lo stesso non aveva accettato una posizione lavorativa presso un altro comune), nonostante le numerose indicazioni rese dal Garante a tutti i soggetti pubblici sin dal 2014 con le “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati”, sopra citate. Si è tenuto, altresì, conto del considerevole lasso di tempo in cui i dati personali dell’interessato sono stati oggetto di diffusione - ovvero dall’XX (v. testo della deliberazione in atti, ove si afferma che la stessa “è stata pubblicata all’Albo Pretorio […] dal XX […]”) al XX- nonché, ai fini della valutazione del livello di danno subito dall’interessato, della circostanza che la violazione ha comportato un’esposizione mediatica delle vicende che hanno interessato il reclamante.

Di contro, si è tenuto favorevolmente in considerazione che la violazione non ha riguardato categorie particolari di dati personali e che ha coinvolto un solo interessato. Il titolare si è poi prontamente attivato per rimuovere i dati oggetto di reclamo non appena ha avuto contezza della violazione, prestando piena collaborazione nel corso dell’istruttoria, nonché fornendo assicurazioni in merito alle modalità con cui in futuro provvederà a pubblicare atti e documenti contenenti dati personali sul proprio sito web istituzionale. Non risultano, inoltre, precedenti violazioni pertinenti commesse dal titolare del trattamento o precedenti provvedimenti di cui all’art. 58 del Regolamento.

In ragione dei suddetti elementi, valutati nel loro complesso, si ritiene di determinare l’ammontare della sanzione pecuniaria nella misura di euro 2.000 (duemila) per la violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), quale sanzione amministrativa pecuniaria ritenuta, ai sensi dell’art. 83, par. 1, del Regolamento, effettiva, proporzionata e dissuasiva.

Tenuto conto del notevole lasso di tempo in cui i dati personali del reclamante sono stati diffusi, si ritiene altresì che debba applicarsi la sanzione accessoria della pubblicazione sul sito del Garante del presente provvedimento, prevista dall’art. 166, comma 7 del Codice e art. 16 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

dichiara, ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f), del Regolamento, l’illiceità del trattamento effettuato dal Comune di Partanna per violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), nei termini di cui in motivazione;

ORDINA

ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i) e 83 del Regolamento, nonché dell’art. 166 del Codice, al Comune di Partanna, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in Via Vittorio Emanuele, 18 - 91028 Partanna (TP), C.F. 00239820814, di pagare la somma di 2.000 (duemila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni indicate in motivazione. Si rappresenta che il contravventore, ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice, ha facoltà di definire la controversia mediante pagamento, entro il termine di 30 giorni, di un importo pari alla metà della sanzione comminata;

INGIUNGE

al predetto Comune, in caso di mancata definizione della controversia ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice, di pagare la somma di 2.000 (duemila) secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della l. n. 689/1981;

DISPONE

la pubblicazione del presente provvedimento sul sito web del Garante ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice (v. art. 16 del Regolamento del Garante n. 1/2019);

l’annotazione del presente provvedimento nel registro interno dell’Autorità, previsto dall’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, delle violazioni e delle misure adottate in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento (v. art. 17 del Regolamento del Garante n. 1/2019).

Ai sensi degli artt. 78 del Regolamento, 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento è possibile proporre ricorso dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 28 aprile 2022

IL VICEPRESIDENTE
Cerrina Feroni

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei