g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 21 aprile 2021 [9695059]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9695059]

Provvedimento del 21 aprile 2021

Registro dei provvedimenti
n. 203 del 21 aprile 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Ferroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 10 giugno 2020 dal sig. XX, rappresentato dall’avvocato Maria Notaristefano, nei confronti di Google LLC, con il quale il reclamante ha chiesto la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome, di 60 Url che fanno riferimento a una indagine giudiziaria su farmaci e tangenti che aveva portato alla misura cautelare dell’arresto, il 3 ottobre 2018, del reclamante, ordinario di Ematologia nell’Università di XX e direttore della struttura complessa di Ematologia e Centro trapianti Midollo Osseo dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di XX;

CONSIDERATO che il reclamante ha sostenuto che:

nel 2018 è stato travolto da una indagine giudiziaria che ha portato alla misura cautelare dell’arresto domiciliare, in seguito alla quale si è dimesso dal suo incarico di direttore della struttura complessa di Ematologia e Centro trapianti;

la misura dell’arresto è stata revocata due mesi dopo, senza che di tale revoca sia stata data notizia, e il procedimento penale sarebbe al momento nella fase delle indagini preliminari;

la campagna mediatica ha determinato un grave e costante pregiudizio a suo danno, connesso alla perdurante reperibilità sui motori di ricerca delle informazioni contenute negli articoli di stampa in questione, la cui permanenza non risulterebbe più giustificata;

la perdurante presenza in internet di dati e informazioni, ormai non più attuali né di interesse pubblico, ha ricadute reputazionali, in quanto la sua immagine pubblica in internet è esclusivamente rappresentata dagli Url contestati, come se i meriti scientifici del reclamante non esistessero più;

la Corte di Giustizia UE nella causa C-136/17 del 24 settembre 2019 (c.d. sentenza “Google 2”) ha precisato che il sacrificio dei diritti dei soggetti indagati deve essere strettamente necessario rispetto ai dati giudiziari trattati, ed in ogni caso, proporzionato e non eccedente rispetto alle finalità per il quale il trattamento dei dati viene attuato;

quando un motore di ricerca ha ricevuto una richiesta di deindicizzazione relativa a un collegamento a una pagina web in cui i dati personali rientrano nelle “categorie speciali”, questi deve dimostrare che l’inclusione nell’elenco dei risultati della ricerca dei dati relativi alla vicenda giudiziaria dell’interessato è strettamente necessaria per appagare il pubblico interesse degli utenti di internet ad essere informati;

pertanto, i motori di ricerca possono rifiutarsi di eliminare un contenuto solo nel caso in cui si possa dimostrare che la sua inclusione nell’elenco dei risultati è strettamente necessaria per proteggere la libertà di informazione degli utenti di internet;

il diritto all’informazione degli utenti di internet può essere ugualmente e adeguatamente realizzato deindicizzando i risultati dei motori di ricerca e lasciando che i contenuti relativi al reclamante siano fruibili esclusivamente nei siti fonte;

detti contenuti si riferiscono a informazioni non più attuali relative a una persona che non è più personaggio pubblico, essendosi dimessa dai suoi incarichi;

la compressione del diritto alla protezione dei dati personali del reclamante non è strettamente necessaria, né proporzionata rispetto al diritto degli utenti di internet di avere indicizzate e disponibili in ogni parte del mondo le informazioni a lui riferibili;

poiché gli articoli di stampa on-line si riferiscono tutti a edizioni locali dei quotidiani e non hanno avuto diffusione nazionale, i motori di ricerca hanno reso possibile la consultazione di notizie con una diffusione territoriale ulteriore e diversa rispetto a quella di cui era oggetto la notizia;

le pubblicazioni corredate anche di immagini che ritraggono l’interessato in presenza delle forze dell’ordine o in prossimità del Tribunale sono lesive del diritto alla protezione dei dati personali e originano un impatto sproporzionatamente negativo sui suoi diritti;

ugualmente illecito sotto il profilo del trattamento dei dati personali è il suggerimento di ricerca “XX arrestato”, contenuto nelle ricerche, correlate al nome del reclamante, prospettato in automatico da Google;

PRESO ATTO che il reclamante ha precisato di aver inviato a Google richieste di deindicizzazione aventi ad oggetto gli Url in questione, e che tali richieste sono state rigettate;

VISTA la nota del 14 luglio 2020, con la quale questa Autorità ha chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento, di fornire elementi in ordine alla richiesta del reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 2 settembre 2020, con la quale Google ha dichiarato:

relativamente agli Url indicati nella propria memoria di risposta nel primo elenco (da n. 1 a n. 8), poiché le relative pagine web non risultano essere visualizzate tra i risultati di ricerca, di non poter adottare alcun provvedimento;

relativamente agli Url indicati nella propria memoria di risposta nel secondo elenco (n. 1 e n. 2), che, come già comunicato all’interessato in data 2 aprile 2020, tali pagine web risultano già essere state bloccate dalle versioni europee dei risultati delle ricerche correlate al nome del reclamante, in seguito alla richiesta del sig. XX presentata in data 1 aprile 2020;

relativamente agli Url indicati nella propria memoria di risposta nel terzo elenco (da n. 1 a n. 50), di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, sulla base delle seguenti motivazioni:

- insussistenza del requisito del trascorrere del tempo, considerato che i contenuti cui tali Url rinviano sono stati pubblicati nel 2018;

- tutti gli Url sopra indicati riportano informazioni relative a gravi reati quali truffa, corruzione e abuso di ufficio, per i quali il reclamante è indagato in un procedimento penale attualmente in corso e, come sottolineato nelle Linee Guida -adottate il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (Causa C-131/12), le richieste di deindicizzazione di notizie riguardanti reati gravi devono essere trattate con estrema cautela; ruolo pubblico del reclamante, che dichiara di svolgere attività professionale e imprenditoriale; sussistenza di un interesse della collettività alla reperibilità di informazioni di cronaca riconducibili al ruolo professionale svolto dal sig. XX; natura giornalistica dei contenuti in questione, relativi a notizie riportate anche su testate giornalistiche di rilevanza nazionale, quali “La Repubblica” e “Il Messaggero”;

- che il suggerimento di ricerca “XX arrestato” non è visibile sul motore di ricerca Google.

VISTA la nota del 7 settembre 2020, con il quale il reclamante, in replica alle argomentazioni fornite da Google, oltre a ribadire e precisare le ragioni del reclamo, ha rilevato che la normativa europea prevede una tutela rafforzata per i dati giudiziari e ha ricordato che la summenzionata sentenza “Google 2” della Corte di giustizia dell’UE ha affermato che “i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non solo sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse del pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca vertente sul nome di questa persona”, a meno che non venga dimostrato che il trattamento di indicizzazione sia strettamente necessario per appagare il diritto di informazione degli utenti in internet. Risulterebbe poi incomprensibile l’affermazione di Google secondo cui la data della pubblicazione della notizia sarebbe “troppo recente” e che il reclamante dovrebbe aspettare “dieci anni” per vedere realizzato il proprio diritto alla deindicizzazione di una notizia obsoleta, tanto che le notizie sul reclamante non riferiscono di una sentenza di condanna, ma solo di un provvedimento cautelare, revocato oltre due anni or sono;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

- nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall’art. 3, par. 1;

- il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell’art. 55, par. 1, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

PRESO ATTO, con riguardo agli Url indicati nel primo elenco (da n. 1 a n. 8) e nel secondo elenco (da n. 1 a n. 2) della memoria di risposta di Google, di quanto affermato dal titolare del trattamento nella nota del 1° luglio 2020, in ordine al fatto che le relative pagine web non risultano essere visualizzate tra i risultati di ricerca di Google o in ordine alla loro intervenuta deindicizzazione, precedentemente alla presentazione del reclamo, in sede di interpello, e ritenuto, pertanto, che relativamente ad essi non sussistano i presupposti per l'adozione di provvedimenti da parte dell'Autorità;

CONSIDERATO, in merito all’istanza di rimozione degli ulteriori Url indicati nel terzo elenco della memoria di risposta di Google, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 sopra citate, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RITENUTO di dover tenere conto, in particolare, di quanto indicato nei punti 2 e 5 delle richiamate Linee Guida del 2014, in base alle quali il pubblico deve avere la possibilità di cercare informazioni su soggetti che svolgono un ruolo nella vita pubblica, e rilevato che tra questi rientrano, ad esempio, imprenditori e professionisti (cfr. provv. del 29 ottobre 2020 doc. web n. 9559901 e provv. del 2 luglio 2020, doc web n. doc. web n. 9445918);

CONSIDERATO che, da articoli di stampa del 2 dicembre 2020, risulta che è stato depositato l’avviso di conclusioni delle indagini preliminari, a partire dal quale gli indagati hanno 20 giorni di tempo per decidere se farsi interrogare o depositare memorie difensive;

RILEVATO, dunque, con riguardo agli Url indicati nel terzo elenco in discorso, che è effettivamente riscontrabile un persistente interesse pubblico relativamente ai contenuti cui essi rinviano, trattandosi di notizie su un provvedimento cautelare adottato meno di tre anni or sono, diffuse da diversi quotidiani anche a livello nazionale, in correlazione ad una serie di reati per i quali le indagini, secondo quanto riscontrato per le vie brevi presso il difensore del reclamante, risultano concluse e che, a corredo delle notizie in questione, non risultano diffuse immagini del reclamante in stato di costrizione, o comunque in atteggiamenti che lo privano della libertà personale o lesive della sua dignità;

RILEVATO dunque che nel caso in cui le indagini preliminari si chiudano in senso favorevole al reclamante, questi potrà richiedere ai siti sorgente un aggiornamento delle notizie in questione;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli Url sopra indicati;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f) del Regolamento, per le ragioni di cui in premessa:

a) prende atto, con riguardo agli Url indicati nel primo elenco (da n. 1 a n. 8) e nel secondo (da n. 1 a n. 2) della memoria di risposta di Google, di quanto affermato dal titolare del trattamento, e, pertanto, non ritiene, nel caso di specie, che ricorrano gli estremi per l’adozione di ulteriori provvedimenti;

b) dichiara il reclamo infondato con riguardo agli Url indicati nel terzo elenco (da n. 1 a n. 50) della memoria di Google.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 21 aprile 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei