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Provvedimento del 22 febbraio 2018 [8457456]

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[doc. web n. 8457456]

Provvedimento del 22 febbraio 2018

Registro dei provvedimenti
n. 110 del 22 febbrao 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 15 novembre 2017 da XX, rappresentato e difeso dall´avv. Domenico Bianculli, nei confronti di Google, con il quale il ricorrente, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha chiesto la rimozione di 83 URL, specificamente individuati nell´interpello preventivo e richiamati nell´atto introduttivo del procedimento in quanto reperibili in associazione al proprio nome e cognome e riconducibili a notizie ritenute "obsolete"  essendosi ora conclusi, in termini a lui più favorevoli, i procedimenti giudiziari cui gli stessi fanno riferimento;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota del 28 novembre 2017 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste del ricorrente, nonché la nota 8 gennaio 2018 con la quale è stata disposta, ai sensi dell´art. 149, comma 7, del Codice, la proroga del termine per la conclusione del procedimento;

VISTE le note del 6, 12 dicembre 2017 e 14 febbraio 2017 con le quali Google, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Masnada e Marco Berliri, nell´organizzare gli URL indicati da ricorrente in un elenco numerato dal n. 1 al n. 83, dei ha rappresentato che:

- in relazione all´URL indicato al punto 61 del predetto elenco, lo stesso "non viene visualizzato nei risultati del motore di ricerca per le ricerche effettuate digitando il nome della ricorrente";

- con riferimento ai restanti URL:

• di non poter aderire alle richieste del ricorrente in ragione "di un sussistente interesse della collettività alla reperibilità delle informazioni di cronaca ancora recenti riconducibili al [suo] ruolo professionale, anche di rilevanza pubblica";

• che, nel caso di specie, non possono ritenersi sussistenti i presupposti per l´applicazione del diritto all´oblio in ragione dell´insussistenza del requisito del trascorrere del tempo, considerando che la maggior parte degli articoli risale ad un periodo compreso tra il 2007 e il 2017, riguardanti, in alcuni casi, notizie molto recenti e "di indubitabile interesse pubblico";

• che gli URL rinviano ad articoli che riportano notizie di procedimenti giudiziari nei quali è stato coinvolto il ricorrente -imprenditore edile e Presidente di un ente pubblico-  sia in Italia sia in Francia per reati di corruzione e riciclaggio di denaro, "proprio in ragione della sua professione e, quindi, del suo ruolo pubblico";

• che gli articoli riguardano due distinti procedimenti a carico del ricorrente, il primo conclusosi con una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione nel 2012, che ha disposto l´estinzione del reato per intervenuta prescrizione, dopo che il ricorrente era stato condannato in primo e in secondo grado; il secondo, incardinato presso il Tribunale Penale del Principato di Monaco, terminato "con una sentenza di condanna per riciclaggio di denaro emessa […] in primo grado nel 2017";

• che la natura giornalistica delle notizie cui rinviano gli URL, unita a circostanze recenti riguardanti procedimenti giudiziari per reati gravi commessi dal ricorrente nell´ambito della professione e del ruolo istituzionale dallo stesso svolto, "contribuisce ad escludere qualsivoglia possibilità di accoglimento della domanda";

VISTE le note del 12 dicembre 2017 e 12 gennaio 2018 con le quali il ricorrente, allegando la relativa documentazione, ha fornito alcune precisazioni in ordine ai suddetti procedimenti giudiziari, rappresentando in particolare che:

- la Corte di Cassazione con sentenza del 25 gennaio 2013 ha disposto la sua assoluzione "per non avere commesso il fatto" con riguardo a tutti gli episodi a lui contestati tranne uno, risalente al 2003, per il quale è stata disposta l´assoluzione per intervenuta prescrizione;

- il Tribunale Penale del Principato di Monaco "nonostante le assoluzioni definitive italiane sui c.d. reati presupposti del reato di autoriciclaggio contestato a Monaco", ha deciso con sentenza del 13 dicembre 2016 la condanna ad un anno di reclusione; sentenza poi confermata in seconda grado dalla Corte di Appello in data 3 luglio 2017, che, tuttavia, non ha disposto mandato di arresto;

• che quest´ultima sentenza non è stata ripresa dalla stampa, comportando ciò un pregiudizio alla propria reputazione derivante "dalla diffusione sul web di una sentenza di primo grado comportante condanna ad una pena detentiva che il giudice di appello, disponendo di non emettere mandato di arresto, ha ritenuto di non applicare";

• "dalla diffusione sul web di una sentenza di primo grado comportante condanna ad una pena detentiva che il giudice di appello, disponendo di non emettere mandato di arresto, ha ritenuto di non applicare";

• dalla circostanza che il reato di autoriciclaggio all´epoca dei fatti contestati non costituiva in Italia fattispecie di reato (essendo stata quest´ultima quivi introdotta con la legge 15 dicembre 2014, n. 186); pertanto il collegamento del proprio nome a tale reato e alla condanna comminata in primo grado dal Tribunale Penale del Principato di Monaco lo esporrebbe "a effetti reputazionali del tutto ingiustificati nel nostro Paese";

RITENUTO, in via preliminare, di dover dichiarare non luogo a provvedere in ordine alla richiesta di deindicizzazione dell´URL indicato al punto 61 dell´elenco prodotto dalla resistente, considerato che lo stesso non viene indicizzato nel motore di ricerca nel contesto di ricerche per il nome del ricorrente;

RILEVATO, con riferimento agli altri URL dei quali il ricorrente chiede la deindicizzazione che, ai fini della valutazione dell´esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all´oblio, occorre tenere conto, oltre che dell´elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite "Linee Guida" adottate il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell´Unione europea, C-131/12, del 13 maggio 2014 (Google Spain SL e Google Inc. c. Agencia Española de Protección de Datos e Mario Costeja González);

RILEVATO, in particolare, che elemento costitutivo del diritto all´oblio è il trascorrere del tempo rispetto al verificarsi dei fatti oggetto delle notizie rinvenibili attraverso l´interrogazione dei motori di ricerca e che, anche laddove sussista, tale elemento incontra tuttavia un limite quando le informazioni per le quali viene invocato risultino riferite a reati gravi dovendo le relative richieste di deindicizzazione essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati pur nel rispetto, comunque, di un´analisi caso per caso (punto 13 delle Linee Guida);

CONSIDERATO con riferimento agli URL indicati nel predetto elenco ai nn. 2, 3, 4, 10, 52, 53, 59, 71, 72, 79, 80, 81, 82, 83 che:

- gli stessi afferiscono ad una vicenda definita in epoca recente dalla giurisdizione monegasca con sentenza della Corte di Appello adottata il 3 luglio 2017 che, pur non prevedendo l´applicazione della misura restrittiva, ha comunque confermato il giudizio di colpevolezza emesso in primo grado;

- la sentenza monegasca ha ad oggetto fatti di sicuro interesse pubblico, in quanto relativi ai rapporti tenuti dal medesimo, nella propria qualità di imprenditore, con enti pubblici;

- la eventuale carenza nell´ordinamento italiano all´epoca dei fatti (epoca che peraltro non è stata specificata) della fattispecie di autoriciclaggio, in ordine alla quale è stata emessa la predetta sentenza, non influirebbe in ogni caso sull´interesse pubblico alla conoscenza delle vicende ad essa relative, trattandosi, come anticipato, di condotte collegate con i rapporti tenuti dal ricorrente con pubbliche amministrazioni;

RITENUTO dunque, di dover dichiarare il ricorso infondato in relazione agli URL appena sopra menzionati, pur dando atto che il ricorrente, in ragione degli sviluppi della vicenda giudiziaria ed allegando idonea documentazione a sostegno, potrà senz´altro esercitare nei confronti delle testate giornalistiche il diritto di aggiornamento/integrazione dei dati che lo riguardano contenuti negli articoli cui detti URL rinviano;

RILEVATO, in merito ai restanti URL indicati nel citato elenco, che la richiesta di rimozione appare meritevole di considerazione dovendosi ritenere sussistenti i presupposti indicati nella richiamata sentenza della Corte di Giustizia dell´Unione europea del 13 maggio 2014, tenuto conto che:

- essi riconducono ad articoli relativi alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto il ricorrente per fatti avvenuti tra il 2003 e il 2010 che si è conclusa con una sentenza adottata dalla Corte di Cassazione in data 25 gennaio 2013 che ne ha disposto l´assoluzione;

- la permanenza in rete di tali articoli, quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nome e cognome del ricorrente, può ritenersi idoneo a causare allo stesso un pregiudizio che non risulta bilanciato dalla sussistenza di uno specifico interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda in collegamento con esso (secondo quanto previsto al punto 8 delle citate LineeGuida del WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali, trattamento pregiudizievole per l´interessato);

RILEVATO, altresì, con specifico riferimento a due URL, indicati ai nn. 20 e 69 dell´elenco, che:

- gli stessi, pur presentando un collegamento con la vicenda giudiziaria monegasca, conclusasi recentemente, riportano notizie relative al procedimento giudiziario svoltosi in Italia senza dare atto della sua definizione avvenuta in senso favorevole al ricorrente;

- in base ai criteri fissati dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, in particolare art. 6, comma 1, lett. d), nonché dall´art. 11 del Codice, i dati personali devono "essere esatti e, se necessario, aggiornati";

- come affermato anche dalle citate "Linee Guida" (cfr. punto 4 della Parte II), le Autorità di Protezione dei Dati (APD) "tenderanno a ritenere idonea la deindicizzazione di un risultato di ricerca se si rilevano inesattezze in termini di circostanze oggettive e se ciò genera un´impressione inesatta, inadeguata o fuorviante rispetto alla persona interessata";

RITENUTO pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, di dover parzialmente accogliere il ricorso in relazione ai due URL appena sopra menzionati nonché ai restanti URL indicati nell´elenco e, per l´effetto, ordinare a Google, ai sensi dell´art. 150, comma 2, del Codice, di provvedere, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, alla rimozione degli stessi reperibili in associazione al suo nominativo;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

1. dichiara non luogo a provvedere sul ricorso in ordine alla richiesta di rimozione dell´URL n.61 in quanto non indicizzato dal motore di ricerca in connessione al nominativo del ricorrente;

2. dichiara il ricorso infondato in relazione agli URL indicati ai nn. 2, 3, 4, 10, 52, 53, 59, 71, 72, 79, 80, 81, 82, 83 nell´elenco in atti e, per l´effetto, ordina a Google la loro rimozione, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

3. accoglie parzialmente il ricorso in relazione ai restanti URL.

Il Garante, nel chiedere a Google, ai sensi dell´art. 157 del Codice, di comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione al presente provvedimento e di fornire comunque riscontro entro trenta giorni dalla ricezione dello stesso, ricorda che l´inosservanza di provvedimenti del Garante adottati in sede di decisione dei ricorsi è punita ai sensi dell´art. 170 del Codice. Ricorda altresì che il mancato riscontro alla richiesta ex art. 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all´art. 164 del Codice.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 22 febbraio 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia