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Adozioni: non è conforme alla legge trasmettere la diagnosi di AIDS al tribunale per i minorenni - 19 luglio 1999

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Adozioni: non è conforme alla legge trasmettere la diagnosi di AIDS al tribunale per i minorenni

Un assessorato regionale alla salvaguardia e alla cura della salute ha chiesto al Garante il parere riguardo alla legittimità della procedura secondo la quale i medici delle aziende sanitarie locali, incaricate del tribunale per i minorenni di sottoporre ad indagini sanitarie le persone che hanno presentato domanda di adozione, riportano nella relazione medica conclusiva i risultati di tutti gli esami clinici effettuati, compresa l´eventuale diagnosi di infezione da HIV.

Va ricordato, a tale proposito, che la legge n. 184 del 1983 in materia di adozione e affidamento dei minori, recentemente modificata dalla legge 476 del 1998 sull´adozione di minori stranieri, prevede che il tribunale per i minorenni, allo scopo di acquisire elementi di valutazione utili al giudizio di idoneità all´adozione - e a condizione che sussistano alcuni requisiti minimi stabiliti dalla legge - disponga l´esecuzione di indagini sullo stato di salute degli aspiranti genitori adottivi avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.

Sulla base della relazione medica completa di tutti gli elementi acquisiti, che le aziende sanitarie locali sono tenute a trasmettere al tribunale dei minorenni, quest´ultimo pronuncia il decreto di idoneità ad adottare (nel caso di adozioni internazionali) o dispone l´affidamento preadottivo (nel caso di adozioni nazionali).

Nell´esaminare la questione, il Garante ha innanzitutto osservato che la normativa in materia di protezione dei dati personali persegue finalità analoghe a quelle di alcune disposizioni della legge n.135 del 1990 in materia di AIDS. La legge sulla privacy non ha, infatti, abrogato le disposizioni contenute in questa legge, ma ne ha piuttosto confermato la vigenza, sempre che siano con essa compatibili. Ha quindi confermato che deve ritenersi tuttora operante l´obbligo per gli operatori sanitari, che nell´esercizio della loro professione vengano a conoscenza di un caso di AIDS, o di un caso di HIV, di adottare tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza e di comunicare i risultati degli accertamenti diagnostici esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti. Così come è tuttora operante l´ulteriore garanzia prevista dalla legge n.135, in base alla quale nessuno può essere sottoposto, senza consenso, ad analisi tendenti ad accertare l´infezione da HIV, salvo che per motivi di necessità clinica e nel proprio interesse.

Alla luce di questo quadro normativo, il Garante ha rilevato che la trasmissione del giudizio diagnostico relativo all´accertamento dell´infezione da HIV al tribunale per i minorenni non appare conforme al preciso dettato normativo della legge sull´AIDS, che impone un rigoroso rispetto della riservatezza delle persone e mira ad operare una selezione dei flussi di circolazione al fine di ridurre il rischio di discriminazione.

Considerata, dunque, la indubbia importanza e delicatezza della questione prospettata, anche in relazione alle adozioni internazionali, il Garante ha suggerito le misure che potrebbero essere adottate per assicurare il regolare svolgimento delle procedure necessarie alle adozioni e, al tempo stesso, la salvaguardia della dignità delle persone interessate.

Tenuto conto che la normativa in materia di adozioni, pur prevedendo l´acquisizione di elementi sulla situazione sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, non precisa nel dettaglio le indagini cliniche sui sottoporre i medesimi e fa riferimento, piuttosto, ad una relazione medica di ordine generale che concorre a formare il complesso di elementi su cui il giudice fonda le proprie valutazioni, il medico che compia i dovuti accertamenti può comunicare il risultato diagnostico direttamente ed esclusivamente all´interessato e trasmettere, invece, al tribunale una relazione medica da cui si evinca un giudizio complessivo circa la sussistenza di eventuali condizioni di rischio o patologiche che possono minacciare l´interesse del minore.

Qualora questa soluzione non potesse essere accolta, in quanto il tribunale per i minorenni, in virtù di specifici vincoli derivanti da accordi internazionali ratificati con legge, avesse la necessità di acquisire il risultato dell´accertamento dell´AIDS o dell´infezione da HIV, può essere instaurata la prassi secondo la quale ciascuno dei coniugi, informato dal medico in ordine alle proprie condizioni di salute, provveda personalmente a produrre la documentazione al tribunale. Ciò garantirebbe all´interessato la libertà di decidere se rimettere il giudizio diagnostico di AIDS al giudice che è tenuto a valutare l´idoneità all´adozione, oppure se ritirare la domanda evitando così l´ulteriore corso del procedimento.

Una tale prassi, non ostacolando in nessun modo lo svolgimento dei procedimenti per le adozioni, realizzerebbe un adeguato bilanciamento tra l´interesse dei minori "ad un ambiente familiare stabile ed armonioso, nel quale essi possano crescere sviluppando la loro personalità in un sano ed equilibrato contesto di vita, affettivo ed educativo" (sentenza della Corte Costituzionale 24 luglio 1995, n.361) e il diritto degli adottanti al rispetto della propria dignità e riservatezza.

Il Garante ha, infine, ricordato alcuni obblighi stabiliti dalla legge sulla privacy riguardo al trattamento dei dati sanitari. In particolare, ha richiamato l´attenzione sulla necessità che gli organismi sanitari che trattano dati idonei a rivelare lo stato di salute rispettino i principi di correttezza e di pertinenza (raccolgano ed utilizzino solo dati esatti, aggiornati e strettamente necessari) e adottino le previste misure di sicurezza e tutte le cautele a tutela della riservatezza degli interessati.

Il rispetto di questi principi, ha ricordato il Garante, deve essere ancora più accurato quando si trattano informazioni per le quali è previsto un particolare regime di tutela, quali appunto, quelle relative all´AIDS o all´infezione da HIV, dalla cui circolazione può derivare un grave pregiudizio per la vita privata e la dignità personale degli interessati.

Roma, 19 luglio 1999