g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 12 febbraio 2015 [3848637]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 3848637]

Provvedimento del 12 febbraio 2015

Registro dei provvedimenti
n. 89 del 12 febbraio 2015

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 6 novembre 2014 da XY, rappresentato e difeso dagli avv.ti Valentino Vulpetti e Stefania Savia, nei confronti di RCS S.p.A., in qualità di editore del quotidiano "Corriere della Sera", con il quale il ricorrente, in relazione alla pubblicazione nell´archivio on-line del giornale di due articoli entrambi del XX rispettivamente dal titolo "XX" e "XX". La clinica: insensato, verifiche anche in Usa. Settemila cartelle sequestrate. I pm: cartelle gonfiate, neoplasie inesistenti. La denuncia dipendente licenziata" e di altri due articoli, il primo del XX dal titolo "XX" e l´altro  del XX dal titolo "XX", reiterando le richieste avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha chiesto la cancellazione, il blocco, ovvero la rettificazione e l´aggiornamento dei dati personali che lo riguardano in essi contenuti, nonché l´adozione delle misure tecniche idonee ad inibire l´indicizzazione degli articoli tramite motori di ricerca esterni al sito dell´editore resistente; il ricorrente ha, in particolare, lamentato l´illegittimità del trattamento posto in essere dall´editore resistente per violazione del principio di correttezza e di essenzialità dell´informazione rilevando, riguardo alle notizie riportate negli articoli del XX delle quali ne afferma la falsità, il grave pregiudizio allo stesso derivante dall´associazione del suo nominativo ad una vicenda giudiziaria "tutta da approfondire e, ancora oggi, coperta dal segreto istruttorio" e contestando, riguardo agli articoli del XX e del XX, l´errata attribuzione all´interessato, che non risulta comunque indagato nella vicenda narrata nel medesimo, della qualifica di Direttore Sanitario della struttura anziché di quella di legale rappresentante; il ricorrente ha inoltre chiesto la liquidazione in proprio favore delle spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota dell´11 novembre 2014 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149 comma 1 del Codice, ha invitato la società resistente a fornire riscontro alle richieste dell´interessato, il verbale dell´audizione svoltasi presso la sede dell´Autorità in data 26 novembre 2014, nonché la nota del 22 dicembre 2014 con cui, ai sensi dell´art. 149 comma 7 del Codice, è stata disposta la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTA la nota del 21 novembre 2014 con cui la società editrice, nel rilevare la genericità delle richieste avanzate dal ricorrente, ne ha comunque eccepito l´infondatezza nel merito ritenendo, pertanto, di non dover adottare alcun provvedimento, salvo quello di rettifica della qualifica attribuita all´interessato negli articoli relativi al decesso della bambina all´interno della Casa di cura presso la quale l´interessato presta la propria attività; il titolare del trattamento ha, in particolare, rilevato, riguardo agli articoli del XX, che il ricorrente, "dopo aver dato atto dell´esistenza di indagini ancora in corso per una presunta truffa ai danni delle assicurazioni, senza fornire alcuna prova, sostiene che la notizia riportata sarebbe falsa, poiché l´oggetto dell´indagine sarebbe sì una pretesa truffa ai danni dell´assicurazione, ma solo per operazioni di chirurgia estetica, non per false diagnosi di tumore", precisando che "nell´articolo si dà atto dell´esistenza di un´ulteriore e precedente indagine, rispetto a quella di truffa ai danni dell´assicurazione per operazioni di chirurgia estetica, cui quest´ultima si sarebbe aggiunta e si precisa, altresì, la difesa dei medici della casa di cura, fra i quali il ricorrente – che nel ricorso non contesta di essere tra gli indagati – riportandone testualmente e fra virgolette il pensiero, dopo averlo sentito in merito a tale nuova ipotesi di accusa"; la società resistente ha, inoltre, rappresentato la sussistenza dell´interesse pubblico al mantenimento della notizia riportata nei citati articoli tenuto conto del fatto che lo stesso ricorrente riferisce dell´esistenza di indagini in corso "su fatti di obiettiva gravità", manifestando tuttavia la propria disponibilità ad "aggiornare le notizie, in relazione agli sviluppi successivi delle indagini, a richiesta dell´interessato e previa documentazione che li attesti e ad introdurre le necessarie precisazioni, ove il ricorrente dovesse fornire l´inoppugnabile prova della estraneità delle neoplasie diagnosticate alle indagini certamente in corso sulla vicenda";

VISTA la nota del 3 dicembre 2014 con cui il ricorrente, nel replicare alle eccezioni sollevate da controparte, ha precisato le proprie richieste chiedendo, in particolare, la cancellazione di propri dati personali contenuti negli articoli indicati nel ricorso o, in alternativa, la rettifica della qualifica professionale al medesimo erroneamente attribuita negli articoli del XX e del XX, nonché la rettifica, l´aggiornamento o la deindicizzazione dei dati contenuti negli articoli pubblicati il XX con contestuale attestazione che tali operazioni sono state portate a conoscenza di coloro ai quali i dati sono stati diffusi; il ricorrente, nel prendere atto della disponibilità manifestata da RCS S.p.A. riguardo alla richiesta di aggiornamento della qualifica professionale rivestita dal medesimo all´interno della casa di cura XX, ha contestato quanto affermato in ordine al contenuto degli articoli del XX, ribadendo che "la notizia pubblicata è falsa e comunque non fornita correttamente poiché non risultano pendenti procedimenti penali al di fuori di quello relativo ad una presunta truffa ai danni delle assicurazioni per operazioni di chirurgia estetica aperto presso la Procura della Repubblica di Roma a seguito della presentazione nel febbraio 2013 di un esposto da parte di una ex dipendente della Casa di Cura XX" e rilevando che  "il fatto che – sempre nell´ambito di un unico procedimento penale (…) – il pubblico ministero (…) abbia affidato una consulenza al medico legale sui vetrini non può legittimare il giornalista a comunicare al pubblico che gli indagati, tra i quali il prof. XY, "avrebbero diagnosticato tumori a persone sane convincendole a curarsi per intascare i rimborsi delle assicurazioni sanitarie"", notizia che travalicherebbe i limiti della correttezza, pertinenza ed essenzialità, ledendo peraltro la dignità dell´interessato;

VISTA la nota del 15 dicembre 2014 con cui la società resistente, nel confermare di aver provveduto a rettificare, "all´interno dell´articolo intitolato "XX" (…), il dato riguardante il ricorrente, inserendo, in modo visibile, nel testo al posto dell´inciso "XY, direttore sanitario di XX" quello "XY, legale rappresentante di XX", ha rilevato, con riguardo all´articolo intitolato "XX". La clinica: insensato, verifiche anche in Usa", che il ricorrente stesso, pur eccependo la falsità del contenuto del predetto articolo, ha tuttavia dato atto nell´ultima memoria dell´esistenza di "un altro e diverso profilo delle medesime indagini, citando l´esistenza di una consulenza, voluta dal P.M., sui c.d. "vetrini", strumenti normalmente e tipicamente utilizzati per esaminare campioni di tessuto al fine di verificare le caratteristiche delle cellule prelevate che nulla hanno (…) a che vedere con gli interventi di chirurgia estetica"; il titolare del trattamento ha inoltre rilevato che "il ricorrente (…) offre la prova dell´attualità dell´argomento", escludendo dunque che "l´articolo in parola debba essere oscurato o deindicizzato, avendo ad oggetto fatti di una certa gravità, ancora sub iudice e dell´ambito delle indagini, esteso a profili istologici che in qualche modo avallano quanto sostenuto dal giornalista e, comunque, danno prova della non esclusività delle indagini sul tema inizialmente indicato", manifestando comunque la propria disponibilità ad aggiornare o rettificare l´articolo qualora l´interessato fornisca la "prova di quanto affermato, ovvero che la consulenza disposta dal P.M. abbia effettivamente un oggetto diverso da quanto sopra descritto o sia limitata ai meri profili riguardanti gli interventi estetici";

VISTA la nota del 9 gennaio 2015 con cui il ricorrente, nel richiamare quanto già in precedenza dedotto, ha rappresentato di non poter fornire la prova invocata dal titolare del trattamento tenuto conto del fatto che "la consulenza tecnica disposta dal PM è coperta dal segreto istruttorio" e che il compito di verificare "se la notizia pubblicata rispetti i canoni di legge" compete all´editore; il ricorrente ha ribadito che "il giornalista, partendo da un fatto certamente vero (la disposta CTU da parte del PM), ma tuttavia coperto dal segreto istruttorio, ha letteralmente inventato una notizia e cioè che la Procura della Repubblica avrebbe aperto una nuova indagine (…) nei confronti di alcuni medici di XX, tra i quali il ricorrente, indagine che avrebbe addirittura ad oggetto presunte false diagnosi di tumore", precisando che "l´esame di un vetrino altro non è che l´esame di un tessuto" e che "esaminare un tessuto non significa necessariamente verificare la presenza o meno di un tumore"; l´interessato ha dunque concluso rilevando che l´interesse pubblico alla diffusione della notizia "va individuato nel venire a conoscenza di una disposta CTU nell´ambito di una precisa vicenda giudiziaria che fino a prova contraria (…) è una e una soltanto, vale a dire quella delle presunte false diagnosi relativamente ad interventi di chirurgia estetica, nessuna indagine su presunte false diagnosi di tumore sussiste a carico del ricorrente né sussistono elementi che possano consentire la pubblicazione di notizie di tale pretesa ed inesistente indagine";

VISTA la nota del 23 gennaio 2015 con cui il titolare del trattamento, nel contestare le affermazioni contenute nella memoria di controparte, ha ribadito la correttezza della condotta tenuta in nome "dell´interesse pubblico che materie quali quella dell´attività sanitaria e dell´amministrazione della giustizia recano insito in sé"  e del diritto/dovere di informare "l´opinione pubblica su fatti, dei quali l´autorità giudiziaria si occupa nello svolgimento di indagini, (…) obiettivamente gravi, fornendo tutte le notizie delle quali" è in possesso; la resistente ha inoltre rilevato che negli articoli citati, nei quali risultano peraltro dichiarazioni rese dal ricorrente che non contraddicono quanto riportato dal giornalista, si da comunque atto del fatto che "la clinica smentisce in radice ogni addebito", eccependo inoltre che l´interessato "non ha strumenti né dati per sostenere che la notizia diffusa dal "Corriere della Sera" sia falsa e non ha, perciò, alcun titolo per chiederne la rimozione o l´oscuramento" dal momento che, come lui stesso sostiene, le indagini sono coperte da segreto istruttorio;

VISTA la nota del 30 gennaio 2015 con cui il ricorrente, nel precisare che le dichiarazioni rese in relazione a fatti narrati nell´articolo si riferivano "alla disposta CTU e non certamente all´infamante accusa – inventata dal giornalista – della presunta esistenza di un´indagine avente ad oggetto presunte false diagnosi di tumore" e che "non esiste un´indagine presso la Procura della Repubblica di Roma avente ad oggetto una pretesa accusa nei suoi confronti di pretese false diagnosi di tumori", ha ribadito le proprie richieste eccependo la illiceità della condotta tenuta da RCS S.p.A. con la pubblicazione degli articoli citati nel ricorso;

VISTA la nota del 4 febbraio 2015 con cui RCS S.p.A., nel ribadire nuovamente la propria posizione in merito alle richieste avanzate dal ricorrente, ha altresì contestato l´irritualità della condotta tenuta dall´interessato consistente nell´avvenuta allegazione, unitamente all´ultima memoria depositata dal medesimo, di sms dal contenuto privato che sarebbero stati scambiati tra il ricorrente e la giornalista autrice di uno degli articoli oggetto del ricorso al fine di provare "che la testata ricerchi il titolo ad effetto allo scopo di vendere meglio il prodotto giornalistico";

VISTA la nota del 5 febbraio 2015 con cui il titolare del trattamento ha dichiarato che avrebbe provveduto a rettificare, anche all´interno dell´articolo del XX dal titolo "XX", la qualifica professionale erroneamente attribuita al ricorrente sostituendo la dicitura di direttore sanitario con quella di legale rappresentante della Casa di cura; vista la nota del 9 febbraio 2015 con cui RCS S.p.A. ha confermato di aver eseguito la predetta rettifica;

RILEVATO che, al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero e con essa anche l´esercizio della libera ricerca storica e del diritto allo studio e all´informazione, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per tali finalità, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 ss. e art. 102 comma 2 lett. a) del Codice, nonché art. 1 comma 1 e art. 3 comma 1, Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici, pubblicato in G.U. n. 80 del 5 aprile 2001);

RILEVATO che il trattamento dei dati personali del ricorrente cui fa riferimento l´odierno ricorso, a suo tempo effettuato in modo lecito per finalità giornalistiche, nel rispetto del principio dell´essenzialità dell´informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, rientra ora, attraverso la riproposizione dei medesimi dati nell´articolo pubblicato quale parte integrante dell´archivio storico del quotidiano reso disponibile on-line sul sito Internet dell´editore resistente, tra i trattamenti effettuati al fine di concretizzare e favorire la libera manifestazione del pensiero e, in particolare, la libertà di ricerca, cronaca e critica storica; rilevato che, alla luce di ciò, l´attuale trattamento può essere effettuato senza il consenso dell´interessato (cfr. artt. 136 ss. del Codice), è compatibile con i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati e può essere effettuato in termini generali anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire tali diversi scopi (cfr. art. 99 del Codice);

RILEVATO che il trattamento di dati personali relativi al ricorrente effettuato mediante la riproposizione on-line, sul sito Internet dell´editore resistente, degli articoli che li contengono quali parti integranti dell´archivio storico del quotidiano, non risulta illecito, essendo riferito a notizie relative a fatti di interesse pubblico e ciò, tanto al tempo della sua pubblicazione, quanto attualmente per chi opera una ricerca relativa alle vicende narrate che, con particolare riguardo agli articoli pubblicati in data XX, risultano tuttora in corso di svolgimento; rilevato altresì che la valutazione di competenza dell´Autorità riguarda profili connessi con il rispetto del principio di essenzialità, pertinenza e non eccedenza dei dati personali trattati, senza tuttavia estendersi a profili riguardanti la fondatezza degli addebiti contestati, valutazione che compete all´autorità giudiziaria ordinaria preposta allo svolgimento delle indagini e del successivo, eventuale, processo o a quella cui dovesse eventualmente rivolgersi il soggetto che si ritenga diffamato da quanto riportato negli articoli pubblicati a mezzo stampa;

RITENUTO pertanto, con riguardo alla richiesta di cancellazione e/o deindicizzazione degli articoli citati nel ricorso, di dover dichiarare il ricorso infondato;

RILEVATO tuttavia, con riguardo all´articolo "XX" del XX, nonché all´articolo "XX" del XX, che il titolare del trattamento ha provveduto, aderendo alle richieste del ricorrente, a rettificare i dati del medesimo in esso contenuti dando atto della corretta qualifica professionale  rivestita dallo stesso all´interno di XX;

RITENUTO pertanto, sotto tale profilo, di dover dichiarare, ai sensi dell´art. 149 comma 2 del Codice, non luogo a provvedere sul ricorso, avendo il titolare del trattamento fornito un riscontro sufficiente sia pure solo dopo la presentazione del ricorso;

VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell´ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; valutato congruo determinare, su questa base, l´ammontare delle spese e dei diritti inerenti all´odierno ricorso nella misura  di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, e ritenuto di porli a carico di RCS S.p.A. nella misura di euro 150, compensandone la residua parte per giusti motivi;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Licia Califano;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

1) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso in ordine alla richiesta di rettifica del dato riguardante la qualifica professionale rivestita dal ricorrente nell´ambito della Casa di cura in cui svolge la sua attività;

2) dichiara il ricorso infondato in ordine ai restanti profili;

3) determina nella misura forfettaria di euro 500 l´ammontare delle spese e dei diritti del procedimento, che vengono posti, nella misura di 150 euro, a carico di RCS S.p.A., la quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente; compensa tra le parti la residua porzione delle spese.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 12 febbraio 2015

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Califano

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia