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Minori, gli abusi non sono meno gravi se commessi on line - Intervento di Antonello Soro, 28 aprile 2015

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Minori, gli abusi non sono meno gravi se commessi on line
Intervento di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Il Messaggero, 28 aprile 2015)

Gli abusi (perfino sessuali) non sono meno gravi se commessi on-line. Si potrebbe così riassumere il senso della sentenza con cui la Cassazione ha confermato una condanna per molestie sessuali praticate via web ai danni di una minore, dimostrando i rischi cui conduce un uso distorto della rete.

I minori ne sono le "vittime" elettive, perché non hanno gli strumenti per capire fino a che punto e con quali rischi esporre la propria vita, anche intima, agli altri, per evitare che i propri dati siano usati «contro di loro». La rete, paradossalmente, è il luogo in cui la fragilità dei minori emerge con maggior forza, in quello iato tra illusione di autonomia e introiezione di regole, esperienza della libertà ed esercizio di responsabilità.

Soprattutto, la rete è lo spazio dove oggi lasciamo, sbagliando, i minori più soli: quei bambini che nelle nostre città, sempre più giganti, accompagniamo passo passo fino a 12 anni, già molto prima hanno "navigato" in totale autonomia (e solitudine).

Fronteggiando, disarmati, quei rischi da cui invece off-line li proteggiamo anche troppo, deresponsabilizzandoli. I minori, insomma, proprio nel loro eco-sistema digitale sono sempre più vulnerabili e disarmati. La solitudine cui consegniamo i nostri figli sul web non è la stessa cui consegnavamo i bambini di fronte alla tv. Lì bastava selezionare i programmi; in rete non c´è filtro che tenga e, soprattutto, c´è un´interazione da cui proteggere i bambini.

Non solo grooming, non solo adescamento in attività pericolose e illecite (dalla droga al terrorismo): la rete è anche il luogo in cui, nell´illusione dell´anonimato, minori violano altri minori. Dalla violenza carnale-agita off-line e poi esibita on-line, amplificandone così la potenza lesiva-all´hate speech; dalla "servitù volontaria" cui si espone la ragazzina che si vende in rete, al cyberbullismo, nell´ampiezza delle sue accezioni.

E proprio questo è, forse, l´aspetto più tragico dell´uso violento della rete, in cui cioè l´autore e la vittima partecipano della stessa fragilità e della stessa inconsapevolezza del "risvolto" reale e concretissimo di ogni nostra azione nel digitale.

Ed è l´espressione forse più paradigmatica dell´ambivalenza del digitale e dei suoi pericolosi fraintendimenti. Il "bullo" si illude, infatti, di potersi celare dietro l´anonimato o comunque sottovaluta la portata di quello che fa, non comprendendo come un click possa portare con sé la distruzione di una vita (e purtroppo è accaduto e accade anche troppo spesso).

Pubblicare un insulto anche gravissimo in rete, o (come nel caso Google-Vivi Down) la ripresa di un´indegna violenza contro un bambino malato è molto più facile, perché non si deve fare i conti con l´idea della "sanzione sociale" (prima ancora che giuridica), con lo stigma cui invece esporrebbe quella condotta se commessa off-line, sotto gli occhi di tutti. Non ci vuole ardore (sia pur dei più biechi), il "passaggio all´azione" è molto più facile.

Purtroppo però le conseguenze sono ancora più devastanti, perché quella violenza resta lì tendenzialmente per sempre, alla portata di chiunque a qualsiasi latitudine; non ha fine, non dà mai tregua alla sua vittima perché è onnipresente. La Cassazione lo ha ribadito chiaramente, affermando che il virtuale è quanto mai reale e che dietro un "profilo" c´è una persona in carne e ossa, con le sue fragilità e il suo diritto a non essere violata.

Nello stesso senso l´Onu ha istituito un Relatore speciale per la privacy, affermando che «on-line, i diritti devono godere della stessa tutela che hanno off-line». È l´obiettivo che il Garante persegue ogni giorno, per far sì che la straordinaria "capacità generativa" della rete sia utilizzata non per violare, ma per promuovere i diritti di tutti. Dei minori in primo luogo.